Proposta per le chiacchiere a cena: più che trasformismo (che è già un’arte politica e prevede, perciò, che si stia nel campo della politica) quello condotto dai 5 stelle è un lento ruminare, certamente opportunistico, di tesi e visioni altrui. Si parte dalla loro tabula rasa anti-politica e via via si impara qualcosa, si copia qualcos’altro, si imitano comportamenti e tecniche di trattativa. Piano piano qualcosa viene inglobato, oppure respinto. Perché quando hanno fatto il loro giro con Matteo Salvini si sono cimentati nell’imitazione del sovranismo e del più becero qualunquismo, che comunque erano lì a portata di mano, come soluzioni facili e come parenti stretti della loro obiezione originario all’idea stessa di confronto politico e di dibattito plurale. Poi le cose un po’ procedono da sole e un po’ ci ha messo Salvini, col suo tentativo di avere l’esclusiva di tutta quella robaccia (il sovranismo è mio, vado al Papeete, faccio le elezioni e caccio questi imitatori grillini). Progetto saltato e, cosa interessante, già lievemente incrinato proprio con il voto per Ursula von der Leyen, che è precedente, anche se di poco, all’agosto che sconvolse i gialloverdi. Lo sviluppo cronologico dei fatti potrebbe far pensare che qualche fremito di distacco dal sovranismo salviniano fosse già presente e comunque il voto al parlamento europeo è stato coraggioso e denso di conseguenze politiche. Da allora i grillini si sono iscritti a un altro corso, quello in “europeismo, nozioni base di socialdemocrazia, cenni di liberalismo” (alcuni ex Pci, non tutti, invece quel corso l’hanno rifiutato, pensando, con un po’ di prosopopea, di sapersela cavare da autodidatti). Tra i 5 stelle ci sono studenti seri e anche qualche asino. Ma non fa niente. Perché le cose un po’ si sono smosse. Non sono trasformisti, sono delle Sabrina, delle Eliza Doolittle, e cercano di imparare. Prendere voti, poi, dopo questa operazione di maieutica sarà un altro discorso e non è questione di oggi.
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