di cosa parlare stasera a cena

Le scelte di Draghi e i numeri della pandemia

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Qui ci siamo inebriati col nuovo governo in arrivo e con le sue promesse, fondate, di efficienza e funzionalità. Benissimo, una botta di fiducia ci vuole e fa bene. Ma usiamola, anzi la usi chi ne è investito e ha gli strumenti per realizzare cose, per obiettivi concreti e purtroppo immediati. Perché quasi in coincidenza con l’avvio dell’incubo pandemico l’anno scorso ora i numeri si stanno facendo di nuovo preoccupanti. L’indice R è risalito e ora in sette regioni risulta superiore a 1, quindi tende ad aumentare la popolazione colpita dal virus e potrebbero tornare i provvedimenti restrittivi forti. E forse il presidente incaricato, di cui si loda la capacità di restare silente, dovrà presto cominciare a dire cosa intende fare per affrontare i problemi impellenti e nuovi sul fronte sanitario. Ora è tenuto al silenzio anche perché c’è, ancora per qualche ora, un governo in carica e parlando in due si farebbe solo confusione, ma una strategia anti-Covid va preparata e poi anche comunicata. Anche perché succede che ci sono poteri che vanno comunque avanti, a fronte delle loro responsabilità, come le presidenze regionali e come il comitato tecnico-scientifico, che resta insediato e dotato almeno di un potere consultivo, senza il quale non si potrebbero prendere decisioni, e che in queste ore sta valutando i nuovi e gravi dati sull’andamento dei contagi. Caso interessante quello di alcune regioni, che sono guidate da presidenti geologicamente lontani dalla politica attuale, perché magari eletti addirittura prima dei due governi Conte, e che forse non avranno, verso Mario Draghi, quel senso di disorientamento e, si direbbe, di sottomissione, mostrato dal parlamento. La differenza nelle leggi elettorali e nella stabilità al potere tra regioni e governo sta venendo fuori in modo sempre più forte. E Palazzo Chigi dovrà presto avviare un dialogo con le regioni, in cui, sì, si ascolta ma si dice anche qualcosa. Intanto il governo uscente allunga il periodo delle limitazioni ai movimenti al 25 febbraio. Appuntamento proprio a ora di cena per saperne di più.

    

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Intanto si fa il governo e si ribadisce che le scelte sono tutte di Draghi.

La lista dei ministri è attesa tra stasera e, più probabilmente, domani. Certa la ricerca di un punto di equilibrio tra ministri di provenienza partitica e ministri scelti da Draghi tra tecnici di sua fiducia. Giusto notare come un governo di questo genere non si sia mai visto in Italia e che non regge pienamente neppure il paragone col governo Ciampi. Perciò preparatevi ad accoglierlo con la dovuta attenzione e curiosità.

 

Fatto #2

Matteo Renzi fa (comprensibilmente) il suo mestiere ed è il primo a permettersi di dare un’indicazione a Draghi non neutrale ma, anzi, capace di creare subito una tensione micidiale nella super maggioranza che intende sostenere il governo prossimo al debutto. Fa il guastafeste Renzi e va subito a toccare il ruolo di due nominati dai 5 stelle, anzi proprio da Luigi Di Maio, quando era ministro del Lavoro. Uno è Mimmo Parisi, presidente Anpal, l’altro Pasquale Tridico, presidente Inps. Per il primo le difese politiche sono davvero difficili, anche perché lui stesso non collabora a questo scopo. È spesso nel suo amato Mississippi, assente dal suo ufficio di Roma, non ha risultati di rilievo da mostrare, e gli creerà sempre maggiore imbarazzo la vertenza in arrivo da parte dei navigator, da lui voluti, ora prossimi alla scadenza del loro ingaggio e intenzionati a restare. Pasquale Tridico è meno facilmente criticabile, per quanto non siano mancati svarioni, soprattutto organizzativi, e sconta il malcontento per i ritardi nei pagamenti della cassa integrazione (non è tutta colpa sua né tutta colpa dell’Inps in generale,  ma è lui a finire tra i criticati). Insomma potrebbe finire anche 1 a 1 tra Renzi e Di Maio, con la sostituzione di Parisi, ormai rappresentante di un passato recente ma imbarazzante per gli stessi 5 stelle, e il mantenimento di Tridico, magari fortemente reindirizzato da chi guiderà il suo ministero di riferimento, quello del Lavoro.

E se ci sono due persone da mandare via (lavorativamente parlando) ce ne sono quasi un milione da integrare. Ma sempre, per la pur grandissima maggioranza, non sarà una passeggiata

 

Fatto #3

Se non è molto importante quello che fa personalmente Alessandro Di Battista (comunque già passato alla fase “se il governo Draghi dovesse fare delle cose buone io lo sosterrò”), vale la pena di buttare un occhio ai grillini che non voteranno la fiducia a Draghi. Per due mezze ragioni. La prima è che comunque andranno a presidiare, con tutti i loro limiti, uno spazio politico al quale il movimento 5 stelle, diciamo così, ufficiale, dovrà per forza rinunciare. E mentre i transfughi si troveranno tra Elio Lannutti e Gianluigi Paragone ad annaspare in troppi tra battaglie politiche anti-tutto e anche vecchiotte, perché in Italia è sempre esistita, molto minoritaria, una specie di destra qualunquista e complottista, il restante movimento 5 stelle avrà finalmente un nemico populista e potrà crescere anche attraverso il desiderio di distinguersi e indirizzarsi verso quella via, un po’ laterale ma concreta, che porta all’europeismo e alla politica moderna attraverso l’ambientalismo. L’altra mezza ragione è numerica, perché venendo a mancare un po’ di voti potrebbe succedere sia che si rinsaldi il nocciolo duro tra Pd, 5 stelle e Leu, per sostenere gli impegni comuni, sia che si crei uno squilibrio a favore del centrodestra (con occasionale aiutino meloniano) nelle votazioni parlamentari che faranno da controcanto alla voce principale, quella del governo.

  

Oggi in pillole

  

  • Si avvicina il governo Draghi e lo spread migliora ancora (per la Borsa non può dirsi lo stesso perché in questi giorni è mossa da altre determinanti).
  • Per chi vuole arrivare preparato alle cene in cui si parla di governo e governi.
  • Negli Stati Uniti di Joe Biden quello che qui chiameremmo ministero dell’interno si prepara a organizzare l’accesso al paese da parte di quelli che qui chiameremmo migranti e che sono stati bloccati dal famigerato provvedimento “remain in Mexico” da parte di Donald Trump.
  • Si aggiungono altre immagini e testimonianze contro Trump, molto difficile che esca senza conseguenze dalla procedura di impeachment. Ma oggi tocca alla difesa, per cena se ne saprà di più. E se qui si spaccano i 5 stelle (vabbè non ridete, in Usa si potrebbe spaccare il partito repubblicano).
  • Ancora critiche a Elon Musk, il suo costante desiderio di stupire lo trasforma in un esempio molto pericoloso per chi volesse imitarlo non avendo i suoi mezzi e la sua sicurezza.
  • Giusto, anzi a cena rilanciate e proponete che il cognome ciascuno se lo possa scegliere, anche proprio inventato da zero.
  • E qui c’è il cantante multato in Germania per sfruttamento del lavoro minorile perché ha cantato assieme a suo figlio di 4 anni in una serata (il pezzo era What a wonderful world).