di cosa parlare stasera a cena
La credibilità di Draghi, garanzia per il piano vaccinale
Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
Oltre alla logistica, all’organizzazione, alla messa in atto di normali procedure per aumentare l’efficienza del piano vaccinale (usare un parcheggio, peraltro già usato per i tamponi, è una buona idea ma non passerà alla storia del pensiero), serviva un’altra cosa, serviva credibilità. E Mario Draghi è stato chiamato a rinforzare la credibilità del governo e dell’azione di contrasto alla pandemia nel momento in cui ha vacillato la fiducia nella sicurezza del vaccino che sarà il più utilizzato in Italia. Lasciate stare l’attendibilità dei dubbi e delle paure, e lasciamo tutti stare le polemiche con i giornali e i loro titoli, perché il colpo alla fiducia nei vaccini era arrivato e non c’era astuzia comunicativa che da sola avrebbe potuto contrastarlo. Servivano parole forti e credibili del presidente del Consiglio, alle quali devono seguire atti altrettanto forti e credibili. La risposta c’è stata, con buona oratoria (un tono né tecnicista né facilone), e qualche cosa si è recuperato, ma le crepe nella fiducia necessitano di un’attenzione continua e non può bastare una dichiarazione alla stampa e in diretta Tv, pur se ben fatta. Perché, nello stesso momento, Draghi stava chiedendo ulteriori sacrifici per la vita sociale, economica, per gli affetti, per il lavoro. Allora solo la prospettiva chiara e definita della vaccinazione può rendere tutto questo ancora sopportabile.
Parlare in un centro dove si somministrano i vaccini serviva a questo scopo. Come è stato utile accennare ai primi risultati che cominciano a vedersi. Perché, non ce lo diciamo volentieri ma è così, dal punto di vista epidemiologico siamo come nel marzo scorso. Con la sola, enorme, differenza che ora abbiamo i vaccini. Lo stop alle restrizioni, ha detto Draghi, arriverà solo con la vaccinazione diffusa. Questa è la situazione, pesante, sì, ma ben più tranquillizzante rispetto a un anno fa. Tra l’altro l’andamento generale della pandemia in Italia mostra sì un peggioramento nell’ultima settimana, ma il ritmo di questo peggioramento sta già rallentando rispetto alla settimana precedente. L’obiettivo è vicino ma serve una rinnovata credibilità per l’azione pubblica ed è necessaria una rinnovata fiducia nei vaccini. Forse per la prima volta si è vista a cosa può corrispondere la maggioranza estesissima a sostegno di questo governo in termini di rappresentanza della società e dell’opinione pubblica. Quel senso di unità d’intenti che era stato anche del precedente, durante il primo lockdown, ora sembra recuperato. Durerà quello che durerà e bisogna sperare che sia sufficiente per poter dire che siamo fuori pericolo. Dopo, liberi tutti e si torni pure alle beghe e alle liti di una volta. E però c’è anche la procura di Siracusa in campo. Ecco, per vedere quanto sia difficile recuperare quando si diffonde la paura e quando cominciano a diffondersi anche le notizie false. E poi ci sono i problemi pratici.
Le tre "cose" principali
Fatto #1
Ecco restrizioni e relativi interventi economici di sostegno in arrivo. Ci sarà un nuovo scostamento di bilancio per coprire le nuove uscite. Molte regioni riducono mobilità e socialità. Tutta la didattica è sospesa, nelle regioni rosse chiudono anche i nidi e si corre ai ripari con strumenti che permettano i distacchi dal lavoro. Sono tre settimane, un periodo breve, ma sarà durissima. A diventare rosse dovrebbero essere 9 regioni e le province autonome di Bolzano e Trento. In Consiglio dei ministri si è discusso, con posizioni diverse, ma sostanzialmente su sfumature, come l’autorizzazione di una sola visita al giorno a parenti o conoscenti o di più visite. Niente di travolgente e anche i confini politici sono quelli che immaginate, con la Lega e Forza Italia più aperturisti degli altri. Ma, appunto, tutto aveva un po’ il sapore della pantomima, perché le chiusure ci sono e colpiscono quasi tutti.
Ah, avrete visto tutti il video con l’errore di inglese in cui Luca Zaia inventa la figura del car-giver, intendendolo come uno che dà passaggi a chi ne ha bisogno. Fa ridere, ma il problema, come giustamente si osserva, non è nello scarso inglese e nella toppa maccheronica, ma nel non sapere che esiste, invece, la figura di chi segue direttamente le persone che hanno bisogno di assistenza.
Fatto #2
Enrico Letta, in golf a V nero (almeno così sembra) e davanti a una doppia cartina dell’Italia, con poche frasi e qualche saldatura, dicono leggermente pretesca, tra le punte delle dita, si è detto disponibile per la candidatura alla guida del Pd, garantita dal sostegno già dichiarato di gran parte dei maggiori esponenti del partito. Ha la possibilità di sfruttare un momento di sospensione della lotta politica più becera e può provare a giocarsi una certa consonanza di vedute con Draghi, di cui ora, finalmente, il Pd potrà cominciare a intestarsi con più convinzione parte dell’agenda politica. Ora sono tutti con lui, la posizione di terzietà rispetto alla Ditta (gli eredi del Pci e dell’apparato) e alle varie anime del renzismo e affini, mette Letta nella condizione ideale per tentare di includere, di aprire il partito, di dialogare con la società. Il senso della sua segretaria, d’altra parte, non potrebbe essere altro che questo. Intanto, tra tanti tweet di incoraggiamento, Paolo Gentiloni la butta sull’epica cinematografica. Ecco i percorsi per arrivare alla segreteria del Pd, si parla strettamente di regole. Intanto però Nicola Zingaretti, da non più segretario, prende iniziative politiche anche più interessanti di quelle che prendeva da segretario. L’allargamento della maggioranza alla regione Lazio, cui guarderebbero con qualche interesse anche Iv e Azione, sembra prefigurare una specie di Ursula laziale, intesa come maggioranza, e non è roba da poco.
Fatto #3
Forse servono soprattutto nuove idee, che non arrivano così da sole, ma, come è noto, arrivano cambiando il punto di vista. Allora diamo due possibilità di variare la visuale, e forse si potrebbero attribuire a due campi avversi, anche se non strettamente identificabili come destra e sinistra. Comunque c’è da riflettere per i liberali che la fanno facile e vivono nel mito di Ronald Reagan e per gli statalisti, ugualmente faciloni, che pensano di rifugiarsi nel nazionalismo e nella chiusura. Cominciano da Reagan. Direte: ma Paul Krugman è un liberal e perciò è di parte. Certo, e per questo va letto con interesse. E poi guardiamo agli effetti commerciali del progetto irrealizzabile (senza farsi danni) chiamato Brexit. Direte, ma Alastair Campbell è di parte. Certo, e per questo va letto con interesse.
Oggi in pillole
- Quanto siamo vecchi.
- I posti di lavoro saltati nel 2020.
- E le piccole imprese che hanno avuto problemi.
- In Perù vogliono condannare a trent’anni Keiko Fujimori.
- Matthew McConaughey vuol fare il governatore del Texas e non c’è poi troppo da sorprendersi. Di Reagan, tra l’altro, parlavamo poco fa.
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- Tutti ne parlano, ecco l’opera digitale battuta all’asta per una cifra spaventosa.
- Un mondo di gemelli.
- Per stare a casa, come dovremo ancora fino a pasquetta, i segreti della vinaigrette.