di cosa parlare stasera a cena
E adesso si riparte coi vaccini
Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
Si riparte coi vaccini e tra un po’ sarà superato anche questo incidente di comunicazione, di reputazione, di credibilità, con contorno di procure e guarnizione di complottismo. Il governo non ha scelto la strada della risposta massiccia e contraria all’ondata di dubbi e paure. Ha deciso (almeno riteniamo che lo abbia deciso) di rassicurare minimizzando e, come gli riesce benissimo, tacendo. Può essere un metodo efficace. Perché nel discorso pubblico sui vaccini e le loro efficacia e sicurezza si scontava, purtroppo, un eccesso di oratoria già precedente alla pandemia. L’incrinatura della fiducia era partita chissà come (è più facile ritrovare il pipistrello zero di Wuhan che il propalatore delle prime falsità verosimili su un vaccino) e si era poi diffusa nel movimento no-vax, trovando sponde in parlamento e tra i contestatori del Parlamento (cosa che era il movimento 5 stelle prima di entrare nelle istituzioni). Il contrattacco fu confuso e balbettante. Chi ha ragione è sempre preso in contropiede da accuse palesemente assurde e non riesce a organizzare i pensieri per rispondere. Tutta la parte seria del mondo scientifico semplicemente non sapeva come prendere i no-vax e aveva tentato di non replicare, forte della sua reputazione e della scelta di non confondere argomenti fondati su ricerca ed esperienza con illazioni e tesi malignamente costruite per confondere. Ma la vicenda dei vaccini aveva preso una tale rilevanza da attirare l’attenzione del grande gioco mediatico, soprattutto televisivo. I circuiti online non sarebbero bastati a farne un tema di discussione pubblica, ma si sarebbero fermati nelle rispettive bolle. La ribalta informativa nazionale poi ha bisogno di contrapposizioni nette per tenere su l’attenzione. E così si è creato un altro pezzo di problema. Perché a contrapporsi ai no-vax sono arrivati i vaccinisti assertivi e perfino un po’ aggressivi. Il risultato è stato che l’unica fetta di popolazione aperta al dibattito, pronta ad ascoltare, ma non certa per una o per l’altra tesi è stata travolta non tanto dalla suadente litania dei no-vax quanto dal catalogo di certezze dei vaccinisti. Sappiamo benissimo che questi ultimi avevano ragione, ma puntare, per farsi anche dare ragione, sulla colpevolizzazione dell’ignoranza di chi ha, forse, semplicemente paura, non è stata una strategia efficiente. E in queste condizioni siamo arrivati ad attraversare i primi mesi della pandemia attendendo con trepidazione i vaccini. Quei mesi potevano essere l’occasione per celebrare la pace vaccinale, il disarmo ideologico. Sarebbe servita una mossa da parte dei vaccinisti, della scienza, della medicina, per cominciare a includere la paura, a rispettarla, perfino per fare due passi nell’irrazionalità cercando di indebolirla. Invece siamo arrivati all’inevitabile momento della comunicazione sugli effetti indesiderati (che ci sono sempre, per qualsiasi farmaco) con ancora i cascami della precedente contrapposizione e senza, come dire, antidoti all’emotività. La frase più fastidiosa che esista al mondo è “ci si poteva pensare prima” quindi evitiamola oggi a cena. Ma guardiamo alla strategia del governo, quella di tirare diritto e in silenzio, con più comprensione. Perché, a frittata fatta, forse è l’unica possibile.
Sul punto, in ogni caso, si è espressa l'Ema: "Il vaccino AstraZeneca non può essere associato all'incremento di trombosi", ha spiegato il direttore esecutivo dell'Agenzia Emma Cooke in conferenza stampa. E anche l’autorità britannica, alla quale non manca una certa capacità di semplificazione delle questioni più complesse, dice che non ci sono prove sull’induzione di trombosi da parte del vaccino AstraZeneca.
Le tre "cose" principali
Fatto #1
L’intero paese rappresentato a Bergamo da Mario Draghi nel dolore e nel ricordo del momento più buio della pandemia.
Fatto #2
Lo dicevamo ieri e lo ripetiamo oggi, il governo non deve farsi impantanare nel confronto tra diverse posizioni nella maggioranza. E Draghi deve decidere con più autonomia (oppure non fidandosi troppo di quello che gli propongono) sulle nomine, per evitare poi che l’unica soluzione, come nella vicenda di Alberto Gerli, siano le provvidenziali, quanto indotte, dimissioni. Spicca in queste ore il momento di difficoltà sulla vicenda delle cartelle esattoriali da cancellare. Certamente sarebbe un condono, seppure in parte sostenuto dalla stessa agenzia delle entrate, dalla quale più volte sono venuti inviti a ridurre la montagna di contenzioso, spesso inesigibile e però fonte di appesantimenti per il lavoro di riscossione e di perdite di tempo. Ma per fare un condono, o per negarlo, non possono essere i partiti (che siano a favore o contro) a prendere le decisioni. Vorrebbero, certo. Soprattutto vorrebbero intestarsi chi la generosità fiscale chi il rigore, a seconda dei vari tipi di elettorato, ma questo è un metodo perdente. Un governo di alto profilo e in più tecnico, come quello di Draghi, è invece il candidato naturale a prendere, in totale autonomia, la decisione pro o contro il condono. E quando si dice governo si intendono in questo caso due persone, Draghi e Daniele Franco. Due persone che di solito fanno quello che dica una di loro e cioè Draghi. Magari dopo aver consultato l’autorevole direttore dell’agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini. Tutto questo per dire che solo Draghi potrebbe far arrivare ai contribuenti italiani un messaggio chiaro sugli attuali e futuri obblighi tributari, senza che si crei né il sospetto di un’operazione demagogica a caccia di voti e senza eccessivi danni alla credibilità del fisco. Anche perché, se non assume le responsabilità necessarie il presidente del consiglio, finisce che lo fanno altri, e c’è Matteo Salvini che non vede l’ora.
Fatto #3
Ecco la nuova segreteria del Pd, dopo l’indicazione dei due vicesegretari Giuseppe Provenzano e Irene Tinagli. Qui ci piace abbastanza, assieme a una linea politica che potrebbe rivelarsi efficace.
Oggi in pillole
- Il documento che dovrebbe consentire di girare per l’Europa.
- Anche da una concorrente politica e della stessa regione il riconoscimento dell’errore colpevole commesso con l’espulsione di Edoardo Rixi dal governo e dalla prima linea della politica per accuse poi rivelatisi infondate. A pesare fu anche l’ondata di indagini tutte molto simili tra loro in ciascuna regione sulle spese dei consiglieri. Quando l’attività della magistratura si ispira a targhette replicabili un po’ ovunque, nel caso di Rixi fu una delle tante inchieste per “spese pazze”, bisogna preoccuparsi e, per chi fa informazione, mettere subito sotto controllo la tendenza a passare subito alla condanna mediatica. Non è andata così, Rixi è stato colpito mediaticamente e poi assolto in tribunale. Un decorso ben noto in Italia ma al quale bisogna continuare a ribellarsi. Intanto è solo di ieri la clamorosa assoluzione (ne siamo felici) dei vertici Eni e Shell nell’inchiesta, trascinata da una gigantesca campagna colpevolizzante, sulle (inesistenti) tangenti al governo nigeriano. Oggi ne parlava molto il Foglio e per discuterne a cena c’è certamente molto
- Bisogna andarci piano e molto per gradi nel ritorno alle condizioni per pandemia anche per le garanzie bancarie e le condizioni straordinarie del credito concesse con la crisi sanitaria.
- I 10 paesi con più straricchi.
- Il governo finlandese e le tante donne che lo compongono oggetto di squallide offese online.
- Bisogna restare a casa, o immediati dintorni, ma anche in Spagna sono dispiaciuti per questi giorni pre-primaverili, con la bella festa di San Giuseppe (anche festa del papà), infreddoliti e ventosi.