DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Tutti contro tutti nella corsa verso il Campidoglio

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Non c’è mai nulla di lineare, anche nel senso politico di questo termine, nei 5 stelle e nei rapporti con loro. Con un minimo di freddezza in più, a un giorno intero dalle notizie di ieri, si può anche tentare di pensare con i loro schemi e dare un’interpretazione leggermente diversa da quella corrente sulle candidature di Roberto Gualtieri e Virginia Raggi in competizione tra loro ma già alleati al governo. Certo, senza la loro abituale distorsione delle coordinate della realtà politica, il cammino più breve per andare da un’intesa nazionale a un accordo locale sarebbe stato quello di dividere le candidature e sostenere un solo nome comune al Campidoglio e subito dopo, ma sempre dentro allo stesso accordo, un altro nome comune alla Regione Lazio. Nel sistema di riferimento dei 5 stelle, però, le cose non seguono quella traiettoria. Perché ci sono fattori di rilievo che sfuggono se non si vive dentro a quelle coordinate, ad esempio la necessità di difendere certe vecchie affermazioni, a loro modo storiche, come quella di Raggi, e poi la capacità di attrazione di personaggi legati a questo o quel sottogruppo e il ruolo, invece, di Giuseppe Conte, capo che non è proprio capo ma che forse così lo diventa. Allora si arriva a questa strana divisione del lavoro, in cui, salvando davvero una quantità spropositata di capre e di cavoli e, ricordiamo per completezza filologica, di lupi, si tenta di traghettare l’accordo al secondo turno e magari anche alla vittoria finale per il comune di Roma e poi a continuare, in un modo o nell’altro, e sempre oberati di capre, cavoli e lupi, fino, addirittura, a un qualche schema usabile nelle elezioni politiche. Si prova, eh, mica è detto che funzioni. Però l’idea è dare riconoscimento, senza umiliarla, alla vicenda politica di Raggi (che poi ci sarebbe pure la storia del terzo mandato, pensate un po’), lasciando agli elettori, se vorranno, il compito di darle il posto giusto nella storia contemporanea. Nello stesso tempo si tiene la regione, parlando dal punto di vista del Pd, e si dà spazio su Roma al candidato che, ricordiamolo, per una parte del partito romano era già la prima scelta. Al buio, senza sondaggi specifici, si sarebbe qui pronti a immaginare che il ballottaggio sarà tra Gualtieri e il candidato di destra. Quest’ultimo, sempre ragionando nel semi-buio sondaggistico, parte favorito, anche perché una parte notevole dell’elettorato romano che premiò Raggi oltre le aspettative non era certamente infervorato per il grillismo o per le visioni di Gianroberto Casaleggio, ma semplicemente voleva esprimere un voto di destra nel modo in cui allora era possibile. E adesso avrà la possibilità di votare uno di destra a tutti gli effetti e non perderà l’occasione. Per Gualtieri, invece, giocherà un risveglio della coscienza di schieramento degli elettori del Pd, perché sarà completamente e finalmente superata l’espiazione politica delle micidiali divisioni interne e rappresentata dalla scelta/non scelta di proporre la candidatura di Ignazio Marino. Quello fu il momento in cui si riconoscevano in pubblico colpe anche eccessive e seguiva autoflagellazione. Ma, per la sua composizione sociale e anche per i rapporti, non necessariamente clientelari, con l’amministrazione, l’elettorato di Roma può essere recuperato nella misura storica che premiò sindaci come Francesco Rutelli e Walter Veltroni, al campo della sinistra. Un ruolo attivo per Nicola Zingaretti in campagna elettorale, anche per mettere a frutto i buoni risultati della gestione sanitaria (possibile anche perché il Lazio poco prima della pandemia, e con i sacrifici affrontati dalla giunta regionale, era uscito dal commissariamento della sanità).

 

 

Le tre ''cose'' principali

 

Fatto #1
Perché poi, appunto, vedete i 5 stelle con chi (cioè con loro stessi) hanno a che fare?

 

Fatto #2
Si riapre ancora più velocemente del previsto. Il viceministro Pierpaolo Sileri vede anche la possibilità di togliere l’obbligo di mascherina anche all’aperto quando saranno superati i 30 milioni di vaccinazioni. E anche il Pd da tempo propone un criterio legato al numero di punture, con Francesco Boccia che già qualche settimana indicava nel completamento delle vaccinazioni per gli over 60 il momento giusto per la piena riapertura. L’obiettivo si avvicina e, con esso, la riapertura. Incidentalmente si può notare che i criteri numerici, rigidi ma non eccessivamente punitivi, sono i migliori per tentare di depoliticizzare la questione delle riaperture e per evitare il ricorso eccessivo all’opportunismo politico. A proposito, l’Ue, nella campagna vaccinale, a parte qualche giorno di minimo impaccio, sta facendo benissimo. Ma è anche chiaro che i numeri qui visibili mostrano anche che si corre finché si ha a che fare con la parte di popolazione desiderosa di essere vaccinata, dopo, invece, si comincia ad arrivare agli scettici, ai free-rider (che vogliono i benefici del gregge ma non vogliono vaccinarsi), ai contrari, e il ritmo di vaccinazione rallenta.

 

Fatto #3
Hamas, da un po’ di tempo in crisi di consenso, per quanto il consenso o il dissenso siano esprimibili, tenta di recuperare spazio politico e margine di azione scatenando nuovi scontri con gli israeliani nella città di Gerusalemme e approfittando della ricorrenza di oggi.

 

 

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