Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Di cosa parlare stasera a cena

Il primo passo verso una nuova giustizia

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Stasera si chiude, col secondo voto di fiducia, il primo atto legislativo con cui un governo riesce a modificare in senso garantista la giurisdizione in Italia, riducendo le possibilità di uso eccessivo e non controllato del potere giudiziario. Sappiamo tutti bene che non è la riforma perfetta e che non è sufficiente. In molti (ma non, come dire, in abbastanza) avrebbero voluto di più. Altri avrebbero voluto forse troppo, andando a mischiare desideri generali e condivisibili con obiettivi personali o con battaglie contro la magistratura. Il risultato finale, da sancire col voto di stasera, è, comunque, straordinario perché mostra che è possibile cambiare gli assetti dell’amministrazione della giustizia in Italia e toccare gli equilibri, non virtuosi, che ad essa presiedono. L’importante, e sarebbe bene parlarne a cena, è aver dimostrato che qualcosa si può fare e che non necessariamente si fa una brutta fine (politica o giudiziaria) quando ci si avventura nella riforma della giustizia. E, fatto il primo passo, è probabile che ci si prenda gusto, con successivi interventi che andranno a rendere ancora più incisive le novità appena decise. A cominciare, già nei prossimi giorni, dagli interventi per la giurisdizione civile, dalla quale dipende, ancora più che dal penale, la possibilità di realizzare in concreto gli obiettivi del piano nazionale di ripresa economica.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1 - La questione dei candidati sindaci della destra (o del centrodestra, se preferite) si fa appassionante. Passano i giorni e ci si chiede sempre più come sia stato possibile, per uno schieramento politico in cui si riconosce milioni di elettori, trovare un’offerta di candidati così scarsa. Dai sondaggi potrebbe presto emergere la situazione di grande difficoltà delle candidature di destra a Roma, a Milano, a Napoli. Un incredibile filotto di debolezze programmatiche, confusione nei progetti, tendenza ad atteggiamenti caricaturali. Quanto sembrano lontane altre stagioni, in cui la lotta per la conquista del Campidoglio o di Palazzo Marino apriva fasi politiche in grado di avere effetti sull’intera nazione. Esperimenti di successo come quello tentato e riuscito con Francesco Rutelli o con Letizia Moratti, in fasi diverse e in schieramenti diversi, ma con qualcosa da dire e con l’obiettivo di misurarsi con le difficoltà amministrative e politiche, non di aggirarle. Ora, invece, mentre Roberto Gualtieri e Beppe Sala (e anche, da posizioni più personali, Carlo Calenda), sembrano riprendere quello spirito, mentre, davvero in modo inspiegabile, la destra italiana e gli schieramenti liberali e moderati inseriti nel centrodestra, sembrano ritrarsi, cercare solo di segnare qualche punto simbolico, disinteressandosi, però, della partita. Ecco un assaggio della piccola propaganda su cui punta, ad esempio, il candidato romano Enrico Michetti (le cui gesta avrete forse già scorso nei filmati, politicamente imbarazzanti, diffusi in rete). Qui, ad esempio, si cita un fatto di cronaca come se fosse riferito da qualcuno al bar, senza specificare, senza dare informazioni, ma evidenziandone solo gli aspetti usabili a fini, appunto, propagandistici.

 

Fatto #2 - Simone Biles chiude la sua articolata avventura olimpica di Tokyo con un bronzo e, soprattutto, con un sorriso.

Oggetto di minacce, reiterate, non pensa neppure a tornare in mano agli aguzzini del regime bielorusso, intende continuare a gareggiare, ma, prima di tutto, mette la propria sicurezza. Kristsina Tsimanouskaya, per ora, resta in Polonia (dopo le consigliamo di allontanarsi ulteriormente, perché non si sa mai). Il suo caso, però, potrebbe aprire a una maggiore diaspora dalla Bielorussa. Sarebbe un’occasione per mostrare l’importanza politica dell’Ue e il suo ruolo come garante dei valori democratici e dello stato di diritto.

Escono le nostre nazionali di volley e basket, dopo quarti di finale duri e un po’ psicologicamente difficili.

 

Fatto #3 - Per andare al ristorante al chiuso, pratica che lì è molto più diffusa che da noi, a New York sono prossimi a imporre l’obbligo di certificato vaccinale (non diciamo green pass per non usare l’inglese con chi lo usa fin troppo, cioè con chi parla inglese).

 

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