DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Tutti "i partiti" d'accordo: Draghi resti a Palazzo Chigi

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

È passata in uso l’espressione “i partiti” per indicare l’insieme della rappresentanza politica organizzata. O meglio, questa espressione già esisteva, ma stava a indicare niente più che, appunto, l’insieme dei partiti. Era una pura definizione metodologica per rappresentare, in un altro modo, i componenti del parlamento raggruppati non per appartenenza o schieramento, ma proprio come corpo complessivo. Il corollario dell’averne fatto un mazzetto unico era il populistico “sono tutti uguali” o anche peggio. La partitocrazia è espressione inventata negli anni Cinquanta, per polemizzare contro l’assetto che stava prendendo la democrazia italiana e per promuovere varie forme di presidenzialismo o comunque di rafforzamento del potere esecutivo. Nulla se ne fece, anche perché i promotori non erano proprio esenti da qualche tentazione che andava oltre, e verso destra, la polemica contro una politica diventata troppo partitica. Poi ci fu il recupero pannelliano e radicale dell’espressione, con qualche lascito abbastanza confusionario, dentro e fuori dal Palazzo, un po’ di guazzabuglio a volte iperdemocratico altre volte protopopulista. Scusate la lunga premessa e arriviamo all’oggi, a stasera a cena, perché l’espressione andante adesso è, come si diceva, “i partiti”, ed è una cosa innovativa, perché serve a sintetizzare l’indistinto magma della maggioranza e delle opposizioni, legate comunque alla maggioranza per la potenziale o praticata appartenenza a cartelli elettorali comuni con gruppi che ne fanno parte ed esprimono ministri. Insomma, un tutto abbastanza indistinto e, insieme, formato da diversi schieramenti. Allora per comodità ha preso piede chiamare quel tutto, abitato da 50 e più sfumature di draghismo, “i partiti”. Da un sistema complessivo che viene definito con il minimo comune denominatore ci si può aspettare solo che sia un sistema molto parsimonioso di idee, di innovazione, di impegno. “I partiti”, coerentemente con queste attese, funzionano, come sistema di legittimazione politica del governo, minimizzando i consumi di energia, cioè attestandosi nella condizione che comporta il minore consumo di consenso, capacità programmatica, rappresentanza. È una regola generale della fisica a volere che i sistemi si attestino sul minore consumo energetico, e vale anche per la politica. In queste condizioni e in questi giorni la conseguenza di questa tendenza naturale al minore consumo di energia corrisponde esattamente alla richiesta di andare avanti, si direbbe per inerzia, con Draghi a Palazzo Chigi. Perché c’è lui a fare da scudo e a prendere responsabilità politiche e impegni su riforme e amministrazione, ma, esaurita la buona condotta in Consiglio dei ministri, dopo ci si può sfogare, fare proposte di bandiera, anche molto fantasiose e certamente inapplicabili, corteggiare parti di elettorato. E tutto si fa senza rischiare nulla, senza mettere davvero in gioco né la credibilità né i gruppi dirigenti. Anche la convergenza delle ultime ore sulla permanenza di Draghi alla guida del governo sembra funzionale al desiderio di andare avanti ancora un annetto col più basso consumo possibile di energia politica, come free rider della credibilità tecnicistica e politica di cui gode Draghi, lasciandogli responsabilità da assumere e colpi da parare.

 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

La corsa è cominciata ieri alla Festa dell’ottimismo, organizzata dal Foglio, con la successione sempre più rapida di interventi di ministri e leader politici a favore della continuità di governo, con Mario Draghi ovviamente fisso a Palazzo Chigi. C’è ancora emergenza sanitaria (e chissene se l’ultima variante è tosta davvero oppure no) ed economica, non si può cambiare guida del governo, hanno detto in tanti e oggi lo avrete letto e sentito in giro. Per il centrodestra arriva l’aggiunta di due pezzi forti. C’è un’intervista di Silvio Berlusconi in cui si sposa in pieno la linea della continuità draghiana al governo, e c’è Matteo Salvini schierato anche lui per la continuità di governo fino al 2023. Le implicazioni sono note: significa che bisogna trovare qualcun altro per il Quirinale. E, forse, significa che la continuità riguarda anche la maggioranza, ma per essere certi che non ci sia la voglia di sfilarsi, magari a qualche mese dal voto, bisogna aspettare e vedere. Mentre anche la scelta per il Quirinale, quando verrà sancita dal voto, e, come sempre, da sorprese e rovesciamenti, potrà lasciare qualche ferita e la voglia di vendicarsi rapidamente facendo saltare il governo. Che poi Salvini segna un cambio di linea, essendo già sostenitore del Draghi, invece, quirinalizio, come fa notare Claudio Cerasa.

 

Fatto #2

Sì, comunque, forse il timore per Omicron (variante, così chiamata amichevolmente) era eccessivo, ma poi chissà. Anthony Fauci, per dire, consiglia al presidente Joe Biden uno stato di allerta avanzato, di fronte alla diffusione della nuova variante.

 

Fatto #3

A Bologna, per dirne una, fino al 9 gennaio, dentro il perimetro dei viali, la mascherina è obbligatoria anche all’aperto. La richiesta viene da tutti i sindaci e oggi è stata formalizzata al governo, mentre le amministrazioni comunali, come per l’esempio bolognese, si portavano avanti fissando regole locali.

 

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