DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Il criterio per l'elezione del Presidente della Repubblica

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Enrico Letta, come sempre tra tatticismo e candore, dice una cosa importante sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica quando osserva che mai al Quirinale è salito un leader proveniente dalla guida di un partito o di una forza politica organizzata. È la storia della Presidenza della Repubblica a indicare questa prassi e la stessa Costituzione, nella definizione un po’ incompleta sia del ruolo sia del modo di elezione del presidente, pende a favore della figura, come si dice, istituzionale, di garanzia, lontana dallo scontro politico quotidiano. Sergio Mattarella è stato il risultato perfetto di questi criteri. Governava Matteo Renzi e già aveva il suo da fare per compensare le anomalie del suo governo e della sua maggioranza, creata con mosse coraggiose ma mettendosi contro anche a parti rilevanti del suo stesso partito. Certo non poteva permettersi strappi anche sul Quirinale e scelse aderendo nel modo più canonico possibile alla prassi della figura che abbiamo descritto prima. E nel genio storico e costituzionale italiano ci deve essere davvero qualcosa di buono perché poi di Mattarella l’opinione pubblica italiana se ne è davvero innamorata, vedendoci esattamente il garante delle istituzioni, delle regole e anche dell’operatività, se così si può dire, delle camere e del governo. Grazie a questo prestigio e al rispetto convinto del paese Mattarella ha potuto sovraintendere, nelle forme costituzionalmente corrette, alla nascita, alla vita, alla sostituzione di governi che avevano a che fare con il Parlamento più pazzoide visto nella storia repubblicana. Insomma, quei criteri funzionano anche oltre quanto ci saremmo aspettati. E c’è una logica nell’invocarli da parte di Letta. Solo che ora si tratta di rinnovare un po’ il campo dei quirinabili, perché si capisce bene che Mattarella è stato, con ogni probabilità, l’ultimo esponente di una classe politica che aveva origini nella cosiddetta Prima Repubblica. L’Italia bipolare, per quanto e per come lo sia stata, cioè l’Italia post 1994, non ha più potuto produrre figure quirinabili secondo il vecchio criterio, perché anche i ruoli istituzionali sono stati consumati dal gioco delle contrapposizioni. Prima o poi questa questione andrà affrontata, ma più probabilmente sarà la logica delle cose a creare un passato bipolare condiviso, qualcosa che tiene insieme le forze che si sono lacerate negli scontri tra berlusconiani e prodiani, per dirla all’ingrosso. Ma ancora non è aria. Ora, insomma, non sarebbe facile cavarsela come se la cavò Renzi, ma il punto di partenza dev’essere simile a quello con cui l’allora segretario del Pd si trovò a dover affrontare l’elezione del presidente. Non ci sono scelte della destra o della sinistra o del centro che tengano, né ci sono pallini o primazie. Bisogna andare dritti dove porta la nota prassi e non ci si sbaglia. Figura di garanzia, non leader di partito, capace di avere rispetto e prestigio tali da imporre ai governi di esistere e di governare (il problema in Italia non è la smania di potere, ma la fuga dalle responsabilità e, di conseguenza, la preferenza per governi deboli o intenti ad altro). Si va dritti e senza altre scorciatoie al nome di Mario Draghi, come il Foglio dice da giorni.

 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

A proposito, ecco Mario Draghi su vaccini, compreso l’avvio di alcune forme di obbligo, green pass e certificati e controlli per viaggiare, stato di emergenza e, ovviamente, rapporti con l’Europa. Ah, la linea di buon accordo con la Francia non sembra scalfita dalle volgarità da osteria di Giorgia Meloni.


Fatto #2

I problemi con i contagi Covid dei bambini.

 

Fatto #3

Nella maggioranza è rimasto in piedi un simulacro di scontro sulla questione delle cartelle esattoriali. Il tentativo di frenata del Pd ha offerto un assist a Matteo Salvini per tentare di intestarsi scelte che interessano molte persone.

 

 

Oggi in pillole

  • L’Ue non eccepisce sulle restrizioni italiane ai viaggi, ma chiede di non esagerare.
  • Il tabellone da tenere d’occhio per vedere come va avanti nei vari paesi interessati il piano di ripresa.
  • Domani lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil e di cui, probabilmente, ci saremo già dimenticati verso il pomeriggio di dopodomani. Non per disinteresse verso la mobilitazione e lo sforzo di chi la compie, ma perché l’agenda di politica economica e sociale è già fissata, col tavolo previdenziale del 20 agosto, e perché il cammino della legge di Bilancio (al cui interno ci sono le misure fiscali contestate perché favorevoli in massima misura ai redditi medi anziché a quelli bassi) è avviato ed è difficilissimo cambiarlo. La Cgil esorta gli studenti a occupare le scuole e perché non approfittare proprio dello sciopero di domani (che non riguarda la scuola, già portatasi avanti il 10 dicembre, ma già che ci sono…). Che poi un po’ di ragioni le avrebbero pure, contro un decreto fiscale che ha ulteriormente alzato le pensioni nette in essere, proprio quelle cui loro dovranno contribuire appena entreranno nella vita lavorativa.
  • Le case termicamente inefficienti si potranno ancora comprare e vendere, non c’è nessun divieto europeo. Però ci dovrebbero essere orientamenti di buon senso da parte delle persone, perché l’inefficienza resta tale anche se non sanzionata dall’Europa o dall’Italia. E almeno per le caldaie, con calma, andrà comunque fatto qualcosa.
  • Concertone al Circo Massimo a Roma annullato per sicurezza anti-Covid. Ultimo paradosso, si spera, cioè ultima chiusura o cancellazione fatta per tenere aperto e per andare avanti. A Napoli restrizioni anche più capillari, con una specie di ordinanza anti-brindisi per strada, a meno di brindare con acqua, ma la scaramanzia incombe.
  • Giusto, e ora restituire dignità anche al proverbiale due di coppe.
  • La missione di Parker Solar Probe il più vicino possibile al Sole. ecco perché non si squaglia, per ora.