Di cosa parlare stasera a cena
La parola finale sulla manovra economica e il draghismo senza Draghi
Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
Oggi 17 dicembre, cioè tardi per le esigenze di un pieno dibattito parlamentare, ma non tardissimo rispetto a quanto avvenuto in passato e con altri governi, si è messa la parola politica finale sulla manovra economica. Non perché non siano possibili ancora cambiamenti, magari non enormi. Non intenderemmo mai, in una newsletter da aperitivo, sminuire il ruolo del parlamento. C’è, però, che quando la maggioranza chiude il classico maxiemendamento con cui sistemare le modifiche al bilancio dello stato allora le cose, politicamente, sono al loro posto. Potrebbe essere una data memorabile quella di oggi, perché con la definizione della manovra si chiude una parte dell’esperienza del governo di Mario Draghi. Certo, ci sono mille altri impegni, dalla prosecuzione dei piani anti pandemia, e si è detto fino alla noia che la prosecuzione dello stato di emergenza potrebbe avere un significato anche strettamente politico, all’attuazione della delega fiscale, dalla necessità di dare ancora più sostanza all’intesa con la Francia per la riscrittura delle regole di bilancio europee, al confronto, sempre europeo, sulle questioni legate alle migrazioni. Tutto molto importante, ma, assieme alla gestione progressiva del Pnrr, tutto anche ben avviato e impostato.
Mario Draghi, questioni quirinalizie a parte, non è a Palazzo Chigi come si sta in quei contratti di affitto di tre anni più due. Non ne ha intenzione né avrebbe senso che lo facesse. Tocca ai leader di partito riprendere in mano il gioco. E la data di oggi prende proprio quel significato. Eleggere Draghi al Quirinale è un modo intelligente per consentire a ciascun schieramento di continuare senza traumi il lavoro politico e quella che una volta si chiamava la ricerca del consenso. Il Foglio lo consiglia vivamente, ma ovviamente sta a loro decidere. E, magari, anche indicare un modo per mandare avanti non tanto la legislatura quanto un governo che si troverebbe con tutti quegli importanti impegni citati davanti. La manovra, per quanto sia stata oggetto di un piccolo assedio (o forse proprio grazie ad esso), ha mostrato che anche in un governo di super mega ampia coalizione è possibile, anche perché guidati in modo sicuro e con serietà istituzionale, dare a ciascuno lo spazio per realizzare operazioni politiche o, detto in modo corrente, per piantare qualche bandierina. Lo stesso può avvenire nella trattativa con l’Europa, a fianco della Francia (lì pure devono rinnovare il presidente e, a occhio, c’è più pathos), lasciando a spegnersi sulla faccetta ghignante di Giorgia Meloni le battute sui procacciatori d’affari e sui Rocco Casalino dell’Eliseo. E può ancora avvenire, per quanto sembri strano, sulla delega fiscale. L’impressione, in questo caso, è che nessun partito italiano abbia, da solo, la capacità di riformare il fisco in modo organico e anche equilibrato oltre che efficiente. Incredibilmente la dialettica tra sinistra molto redistributiva e destra antitasse in modo vagamente confusionario ha prodotto una prima modifica dell’Irpef, quella in manovra, che non è da buttar via. Lo stesso metodo, con un po’ di pazienza, potrebbe funzionare anche per la riforma generale da realizzare con delega, anche perché la tecnologia, senza che nessuna ci faccia troppo caso, sta aiutando. E tra estensione della fattura elettronica e uso dei cassetti informatici fiscale e amministrativo i cittadini stanno cominciando a migliorare il loro rapporto col fisco, come testimonia il calo dell’evasione. Si tratta, insomma, soltanto (per modo di dire) di trovare il modo di far continuare il draghismo senza Draghi, o meglio con Draghi al Quirinale, fino alle elezioni del 2023. Non è automatico ma non è impossibile. Servirebbero 3 o 4 leader di partito, diciamo in ordine alfabetico Berlusconi, Conte, Letta, Salvini, con un po’ di buona volontà e anche di sana astuzia politica. Si può fare.
Le tre cose principali
Fatto #1
Intanto si va verso una maggiore diffusione delle zone gialle. Il Veneto fa per sé e si mette tra le regioni ingiallite, il Lazio potrebbe ingiallire a fine anno. E in Danimarca, regno dell’indifferenza alla pandemia, le cose vanno peggio
Fatto #2
I nostri vicini tunisini e il loro nuovo presidente destinato a durare qualche anno, ma senza che i problemi nazionali, compresi quelli che riguardano anche noi, vengano davvero risolti
Fatto #3
Cosa non fai a Capodanno? Qui le feste in piazza, quasi tutte cancellate, in Austria, se non sei immunizzato, neanche una cena con parenti
Oggi in pillole
- La proposta di Vladimir Putin per regolare i rapporti con Usa e Ue
- Il fallimento di Evergrande, società immobiliare cinese, è una perdita economica per la Cina ma soprattutto un micidiale danno reputazionale
- Il compleanno del Papa
- Si diceva prima, sono giorni in cui conta più la capacità di cooperare che quella di distinguersi. Vale anche per l’avvio del Pnrr
- Domani ci sarà l’iniziativa pubblica della Cisl con cui rimarcare le ragioni di confronto con il governo e con il parlamento con l’obiettivo di sostenere la ripresa economica, il contrasto alla pandemia, la crescita salariale e il miglioramento delle condizioni di lavoro. È la mobilitazione autonoma, decisa dopo le differenti scelte di Cgil e Uil. Oggi, intanto, i progressi nella trattativa per i metalmeccanici
- La serenità di Massimiliano Allegri
- I ragni australiani sono notoriamente da tenere a distanza
- La cometa in arrivo, e sono proprio i suoi giorni, e un Lorenzo Jovanotti scintillante