Vladimir Putin (Ansa)

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Putin insiste sul pagamento del gas in rubli. Ma per il G7 è inaccettabile

Giuseppe De Filippi

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Ancora con la storia dei rubli, Vladimir Putin sta perdendo, dopo quella umana e morale, anche la reputazione personale di abile negoziatore. Perché la sua pretesa sul pagamento con i rubli lo porta o a sbattere contro il blocco degli ordini (e di conseguenza dei suoi introiti essenziali) o a passare non solo per dittatore assassino ma anche per scemo. Il G7 è compatto nella risposta negativa e per Putin, e anche per la sua banca centrale, le cose si mettono maluccio mentre dall’Italia l’Eni aveva detto chiaramente che i contratti, quelli del settore oil and gas poi sono proprio sacri, sì rispettano per come sono scritti e non a fantasia, e nel contratto erano previsti solo pagamenti in dollari o euro.

E la ragione è semplice, perché l’Eni non ha rubli (né intende averne per la verità) e procurarseli ora è impossibile perché i cambi con la Russia sono pressoché impossibili a causa delle sanzioni. D’altra parte, uno non può chiamarsi fuori dalla globalizzazione, anzi schifarla proprio, e poi voler comandare nelle regole che la governano e cioè nei contratti internazionali (vera lex mercatoria dei tempi contemporanei). E crescono progetti alternativi per far arrivare in Ue il gas, in questo caso l’origine è nel Kurdistan, con relativi scontri tra turchi e iraniani, mentre Israele si adopera per favorire l’operazione. 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

La guerra che rallenta e Volodymir Zelenskyy che parla con Mario Draghi. L’arretramento dell’esercito russo è visibile anche dalla riconquista ucraina di città che erano passate sotto il controllo russo nei primi giorni dell’invasione. 

Dal Quirinale intanto qualche indicazione sul ruolo dell’Italia e su come esercitarlo, mentre dall’Ucraina indicano il governo italiano tra quelli da inserire nel gruppo dei garanti di un eventuale accordo. 

Fatto #2 

Le commissioni sulle banche sono tante e non tutte utili, comunque non si capisce che poteri d’inchiesta dovrebbero usare durante un contrasto tra soci, sul quale ben altri fari dovrebbero semmai accendersi (e cioè quelli delle autorità di regolazione del mercato). Luigi Marattin si è scocciato, giustamente, e se ne va.

Il punto insopportabile, come si accennava, è stata la convocazione dell’amministratore delegato delle Assicurazioni Generali (quindi neppure una banca, per la verità) e si vede che in Borsa la sfida per il controllo della compagnia non è proprio snobbata, una ragione in più perché le stravaganti commissioni d’inchiesta dal sapor grillino/gabbista/lannuttiano non combinino pastrocchi, che poi invece di temi seri a proposito di banche, nelle commissioni ordinarie, ce ne sono a volontà.

Fatto #3

In tutto ciò c’è il summit del Negev che sta funzionando, con 6 ministri degli esteri da paesi arabi, da Israele e dagli Stati Uniti, e che diventerà un foro stabile di confronto tra i rispettivi paesi.

 

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