Guardiamo a rovescio la situazione francese. Oggi ne parlava sul Foglio Claudio Cerasa e questo potrebbe essere un corollario, per rendere la conversazione a cena più varia. Lo sguardo a rovescio ci porta a constatare non tanto le anomalie come la sinistra populista nazionalista di Jean-Luc Mélenchon ma la persistenza della famiglia Le Pen. Ma guardateli bene, ma che roba è? La figlia e poi altri nipoti e affini di un capo politico di cui la Francia poteva solo vergognarsi, specialmente il paese che non ha fatto bene i conti con Vichy. Una posizione incrollabile, ma tenuta in vita solo da quella che si mostra come una evidente falla del peculiare sistema elettorale francese. Perché sì il doppio turno normalmente facilita l’aggregazione verso partiti, o meglio, singoli politici, che esprimono governabilità (Francois Mitterrand l’ha dovuta rapidamente imparare al suo primo mandato, correndo a coprirsi verso posizioni più moderate), ma crea anche uno spazio politico, basato proprio sull’impresentabilità, per chi va a occupare il secondo posto. Per spiegarsi meglio: il lepenismo (che perderà anche questa volta) non è una cultura politica di governo ma è una rivendicazione impolitica iperconservatrice, una specie di “fermate il mondo voglio scendere”.
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