DI COSA PARLARE STASERA A CENA
Fontana e l'effetto naftalina
Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
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Lorenzo Fontana è presidente della Camera. Il ruolo è importante dal punto di vista istituzionale, ma politicamente molto debole, oltre a non indirizzare alle fortune politiche, come nei casi di Gianfranco Fini, Irene Pivetti, Roberto Fico, Fausto Bertinotti, Laura Boldrini. Vi ha resistito gagliardamente, in tempi recenti, solo Pier Ferdinando Casini, ma anche lui ha scontato un certo effetto naftalina che si subisce dopo aver ricoperto l’alto incarico di Montecitorio. Se la cavò Luciano Violante, ma in condizioni più facili. In ogni caso Fontana è un piccolo caso a sé. Alcune sue prese di posizione in anni recenti, dal sostegno sfegatato per Vladimir Putin, non come capo di uno stato, ma come politico, ideologo e invasore di paesi, all’opposizione violenta contro ogni tentativo di riconoscere i diritti Lgbt, ne farebbero un paria in gran parte dei parlamenti occidentali, uno che proprio non avrebbe possibilità di dialogo né di ottenere ascolto. Ecco qualche prova del suo linguaggio.
Forse esagerano gli altri, ma è più probabile che siamo troppo lassisti noi italiani. Perché qui è interiorizzata e accettata da tutti la prassi per la quale nei ruoli pubblici si possono avere due facce, due mondi di riferimento, due visioni. In una di esse, mitica e non politica, si sparano scemenze, idee violente, vi albergano propositi antidemocratici e contrari allo stato di diritto o anche patetici aneliti rivoluzionari o programmi di trasformazione ideologica della società. Mentre nell’altra, quella usata pubblicamente e nella prassi quotidiana, è tutto attenuato o assente e si lascia spazio all’esercizio di una specie di buon senso, con qualche sottolineatura rabbiosa giusto per tenere qualche legame con la faccia che non si mostra (è il metodo di Matteo Salvini), e all’esercizio di un rispetto formale delle regole democratiche (ma non sempre di quelle liberali).
A noi italiani questo doppio binario non ci dispiace. In fondo ci ha permesso di tenere insieme il paese nel post-fascismo, di salvare le parti più confessionali della presenza politica e quelle provocatorie o goliardiche di alcuni partitini, pure importanti nel contributo alla crescita generale della coscienza sociale, e anche di sopportare un sistema mitico pesantissimo come quello comunista marxista, rappresentato dal Pci e dalle sue altissime (unico caso in Europa) percentuali elettorali, senza impedire all’azione parlamentare dei comunisti di essere ispirata alle regole democratiche e anche a una progettualità socialdemocratica. Insomma, sembra che reggeremo anche al tardocodino putiniano Fontana. Il più in imbarazzo, per l’eccesso di lodi e per la promessa di seguirne fedelmente l’ispirazione, forse è proprio Papa Francesco. L’opposizione non ha gradito e lo rimarca.
Le tre "cose" principali
Fatto #1
Pare che il governo sia fatto. C’è Giancarlo Giorgetti all’economia, ed è un fatto interessante perché torna, dopo un tempo lunghissimo, un politico alla guida di quel centrale ministero, che spicca tra tutti, come una specie di secondo palazzo Chigi. C’è Antonio Tajani agli esteri e vicepresidente del consiglio (forse proprio per compensare il peso del ministero leghista). Probabile Matteo Salvini alle infrastrutture e trasporti, come Adolfo Urso alla difesa e Maria Elisabetta Casellati alla giustizia. Giorgia Meloni twitta con fiducia
Fatto #2
Sindacati guardinghi ma non all’opposizione. Al congresso della Uil si parla di lavoro e di bollette, con toni pragmatici. Pierpaolo Bombardieri attende gli sviluppi della proposta di intervento sull’orario, compresa la possibilità di settimana cortissima. Maurizio Landini chiede di agire rapidamente sulla questione delle bollette, anche usando un fondo in cui far confluire i profitti in eccesso delle imprese dell’energia. Cose non nuovissime, ma che ora impegnano i nuovi ministri. E si continuano a rinnovare contratti, con qualche sforzo per recuperare potere d’acquisto
Fatto #3
Nel Regno Unito, invece, il governo perde pezzi e li ritrova, come una giunta Raggi. Liz Truss ha completato l’opera di cancellazione della sua personale politica economica mettendo fuori dal governo il ministro che la interpretava, Kwasi Kwarteng, e ripescando un conservatore vecchio stile, come Jeremy Hunt. Nel frattempo, ha rimesso al suo posto la tassazione delle aziende come era prima del suo arrivo al governo e ha certificato di non sapere che pesci pigliare. I conservatori si avviano a perdere rovinosamente le elezioni
Oggi in pillole
- Forza coi vaccini
- Joe Biden becca lo sconto e lascia la quesadilla sospesa
- Contro il petrolio a colpi di pomodoro e di mezzo ci va Van Gogh