Foto di Jean-Francois Badias, AP Photo, via LaPresse 

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Le obiezioni scontate e necessarie al nuovo piano europeo sull'elettrico

Giuseppe De Filippi

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Ci sono moltissime obiezioni da fare al piano europeo per il passaggio brutale nel 2035 all’elettrificazione del trasporto pubblico e privato. E probabilmente ora ci sarà un enorme da fare per bravi e corretti lobbisti, capaci di far ragionare i decisori e suonare tutti gli strumenti possibili nella partitura delle deroghe, dei rinvii, delle eccezioni. Ma il guaio è fatto. Colpisce il diffusissimo tono tardivo delle critiche al voto del Parlamento europeo, un gigantesco esprit de l’escalier, che sembra mostrare come si sia persa, se mai c’è stata, una vera capacità di mobilitazione su scala europea riguardo a questioni concrete, valutabili, definibili, le single issues della politica americana.

Senza quel tipo di pressione sui decisori politici, roba che viene dalla società e si incanala in rappresentanze non strettamente partitiche, una democrazia è molto impoverita e la democrazia europea mostra tremendamente questa mancanza. Mentre su scala nazionale (guardate ad esempio alle mobilitazioni francesi di questi giorni sulle pensioni) la capacità di mobilitazione sociale esiste ed è una componente vitale del funzionamento democratico, in Ue non ci si riesce. E non è solo dovuto alla distanza delle istituzioni europee dalla vita quotidiana di tutti, distanza fisica e distanza nella percezione delle opportunità di partecipazione.

C’è anche, buttiamola lì come tesi a cena, una specie di vendetta delle istituzioni più comunitarie, quindi Commissione e Parlamento, per la mancata delega ricevuta e per il mandato federale non pieno. Questa insoddisfazione si risolve per compensazione, nel far calare ordini prescrittivi dall’alto, ammantandoli ovviamente di scientificità. Istituzioni non federaliste si rifanno del mancato afflato popolare scrivendo piani, buttandosi in un’ardita programmazione e arrivando perfino a vincolare scelte tecnologiche, cosa che non si sono mai sognati, nei paesi democratici, neanche i Parlamenti e i governi più fortemente delegati dal consenso, dall’opinione pubblica, dal sistema di regole costituzionali. Un punto colto bene da Chicco Testa.

I problemi realizzativi verranno fuori a breve. La domanda di mobilità in Ue e il relativo mercato si sono strutturati in un centinaio di anni e sostituire la complessa organizzazione cui hanno dato vita è semplicemente impossibile. Mentre è già avviato, ma ora viene messo in crisi, un cammino graduale verso la riduzione delle emissioni e la maggiore efficienza di tutti i motori, impostato per tappe e con la capacità di autoregolarsi del mercato. Punto ben illustrato da Marco Cantamessa.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Accanto a tutto ciò l’Ue fa anche tante cose ottime. Tra cui la decisione di oggi con cui si aumenta la pressione sulla Russia con sanzioni e restrizioni varie nei rapporti commerciali. È una controprova alla tesi precedente, perché nelle relazioni commerciali internazionali il mandato europeo è forte e pieno. E allora le istituzioni federaliste, ben allineate ai compiti ricevuti, si muovono su solide basi di consenso e, soprattutto, si impegnano direttamente e per questioni immediate e di drammatica urgenza, anziché fissare obiettivi a medio termine (come per i motori) lasciando ai paesi la fatica di sbrigarsela un domani con la realtà

Fatto #2

Più munizioni e più impegno dell’industria militare europea e occidentale nello sforzo per il sostegno dell’Ucraina (la decisione di oggi spiega anche le ragioni del tentativo russo di aumentare la pressione sulle opinioni pubbliche occidentali attraverso notizie sulle armi nucleari tattiche e sulla preparazione di offensive)

Fatto #3

In Italia siamo balneari e non rivoluzionari (Giuliano Ferrara), ma ugualmente non troviamo pace

 

Oggi in pillole