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Di cosa parlare a cena stasera

La destra italiana e i nuovi equilibri europei

Giuseppe De Filippi

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Due parole a cena sul modo (nuovo) di stare in Europa da parte della varia composizione politica della maggioranza di governo italiana. La nuova commissione, la Ursula von der Leyen 2, segna un cambiamento. Qui più volte abbiamo osservato come le tecniche e le astuzie della politica, cui la presidente rieletta ha dovuto far ricorso, abbiano avuto l’effetto di trasformare l’anodina istituzione bruxellese in qualcosa di simile a un vero governo, inevitabilmente federalista e perciò meno legato agli ordini che arrivano dalle capitali europee, e la prova è nel trattamento barbino riservato nientemeno che a Parigi e a Emmanuel Macron nella composizione della commissione.

Questo cambiamento si è accompagnato all’attivismo italiano, visto nell’impegno notevole di Giorgia Meloni nelle trattative con cui ottenere un ruolo di rilievo per Raffaele Fitto. Si partiva dal voto contrario a von der Leyen presidente, mossa che ha lasciato però a entrambe le mani libere, perché la politica tedesca poteva trattare per la sua maggioranza senza l’imbarazzo del sostegno da parte delle nuove componenti di destra mentre la premier italiana poteva rafforzare il ruolo della compagine dei conservatori stando lontana dal centro dell’attenzione. Il risultato è una specie di nuovo equilibrio europeo se non di nuova maggioranza. Con Fitto nella posizione strategica per gestire l’operazione nel medio termine. Tutto questo però comporta anche un cambiamento di fondo nella politica europea della destra italiana. Certo, resta sempre qualche fronda di nostalgici delle battaglie per l’italexit, resta un drappello di no-euro e qualche altro buffone, ma stanno finendo ai margini, mentre gli altri si allineano, anche inconsapevolmente, alla linea impostata da Meloni, per partecipare alle decisioni europee modificandole dall’interno e stabilendo una presenza politica che ha la fondata ambizione di durare. Significa rinunciare anche ai tic lessicali, come i riferimenti sprezzanti ai “burocrati di Bruxelles”, e non perché non sia esistita ed esista tuttora una cappa burocratica in grado di allontanare i cittadini europei dal loro organo di governo comune e di strozzare la capacità di iniziativa politica europea, ma perché ora la destra italiana è pienamente coinvolta nel progetto di rafforzamento della commissione, il cui maggiore successo sarebbero proprio la politicizzazione del governo europeo e il ridimensionamento o il reindirizzamento dell’apparato burocratico comunitario


Le tre "cose" principali

 

Fatto #1 
A proposito di burocrazie e di mancanza di iniziativa politica e amministrativa, qui da noi la vicenda delle alluvioni ripetute a un anno di distanza è uno schiaffone per tutti. Mentre stenta a diffondersi il metodo della prevenzione assicurativa


Fatto #2
Nella Francia (male) italianizzata arriva il governo del paziente ma deciso Michel Barnier, un capolavoro di equilibrismo tra centro e destra sotto lo sguardo di Emmanuel Macron. 


Fatto #3
Le automobili non si vendono, quelle elettriche meno che mai. La transizione fatta d’imperio fa chiudere fabbriche. I sindacati chiedono una mobilitazione per il settore e in Germania il ministro dell’Economia va negli stabilimenti Volkswagen per gestire un dramma nazionale.

 

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