di cosa parlare stasera a cena
L'insediamento di Trump e l'ultima lezione di Biden
Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
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Joe Biden in difesa delle ragioni di fondo dello stato di diritto e della democrazia in America. È una lezione per tutto il mondo sull’esercizio del potere, con un presidente in carica, ancora per qualche ora, costretto a usare gli strumenti più duri, cioè non soggetti ad altri giudizi o ad altre giurisdizioni, per evitare la vendetta di chi, invece, si prepara a usare lo stato con prepotenza. Vendetta ai danni di persone di straordinaria probità e portatori di enormi benefici per la comunità come Anthony Fauci.
La lezione è per tutto il mondo perché mostra come il metodo trumpiano sia orientato a distruggere la democrazia in uno dei suoi aspetti essenziali anche se raramente utilizzati per caratterizzare uno stato che è democratico e distinguerlo da uno che non lo è. Il progetto trumpiano, in parte realizzato, comporta l’eliminazione della possibilità per tutti, indistintamente, di accedere alle cariche pubbliche e ai massimi posti alla guida degli organi politici e dell’amministrazione. Noi non ci facciamo neanche caso, ma l’estrazione sociale dei leader democratici nella nostra storia italiana repubblicana è la dimostrazione di come la contendibilità del potere, con una gara aperta a tutti, sia stata vitale per dare forza e radicamento al nostro sistema di vita sociale e alla nostra appartenenza nazionale.
Abbiamo avuto leader di ogni provenienza, ricchi e poveri, più o meno studiosi, sindacalisti, imprenditori, magistrati, avvocati, professori, soprattutto, e per fortuna, politici puri, e sì, certo, anche miliardari e grandi editori, come Silvio Berlusconi. L’apertura della carriera politica è la vera essenza di un sistema democratico e liberale ed è anche una delle cose che più danno fastidio agli autoritari di ogni epoca (ed è la ragione che infastidisce gli odiatori del Zelensky “attore comico”) e facilmente si trasforma in uno degli assi del populismo e cioè nella liquidazione delle vittorie elettorali quando non gradite e non omogenee con l’eliminazione della contendibilità politica democratica, come nella precedente vittoria di Biden, per far spazio solo ai membri di quella oligarchia di ricchi e potenti che circonda Trump.
In questo schema Giorgia Meloni è un’eccezione di speciale interesse. Trumpiana per simpatia personale, per la condivisione delle medesime antipatie verso quella specie di caricatura della sinistra rappresentata dalle applicazioni moralistiche e livellatrici di alcune ragioni di minoranza e per la logica della politica internazionale, Meloni è però antitrumpiana nella sua essenza di leader arrivata dalla classica carriera di partito, come politica pura approdata al potere con la selezione democratica e cioè non soggetta a esami, a prove di competenza, ad astrattezze tecniche, ma immersa nel meccanismo della rappresentatività popolare. La sua è stata la salita lungo una scala che Trump e i trumpiani semplicemente vorrebbero smontare, con il rinforzo del classico riflesso antipolitico di grandi imprenditori come Elon Musk. Qui un’invettiva contro i liberali troppo morbidi e facili da travolgere con l’energia trumpiana.
Il fascino dei riti di successione nelle democrazie dovrebbe far riflettere, specialmente oggi. Lo stilista americano che raddrizza tutte le linee e che squadra ancora di più la già squadrata Melania.
Le tre "cose" principali
Fatto#1
Donald Trump parte con gli annunciatissimi ordini presidenziali. Anche giocando carte facili nel breve periodo, come la forte spinta alla ricerca e all’uso di petrolio e gas per produrre energia e carte ideologiche come la rimozione di tutte le normative a favore di diversità e inclusione. Elon Musk dovrebbe tagliare più regolazione che posti di lavoro e la questione cinese (Anthony Scaramucci, come molti suoi ex consiglieri, è un critico spietato di Trump).
Fatto#2
Nel loro piccolo i popolari europei trumpeggiano su energia, industria e transizione, questioni sostanziali in cui un’attitudine meno dogmatica può essere molto utile, ma non trumpeggiano (e in questo sono meloniani) sulle regole di fondo della democrazia liberale, e vedrete come questo crinale crescerà di importanza.
Fatto #3
La Corte costituzionale non aspetta più il Parlamento e stasera dovrebbe eleggere il suo presidente anche se non tutti i giudici sono stati nominati, quindi con un organico non pieno.
Oggi in pillole
- News italo-libiche di un certo peso da Nello Scavo
- La scuola e la difficile inclusione dei maleducati (un altro po’ di trumpismo depurato dal disprezzo per la democrazia)
- Le canzoni di Sanremo
- Anche Lewis Hamilton, come Melania Trump, si veste dritto e simmetrico che più dritto e simmetrico non si può