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Di cosa parlare a cena stasera

Il sentiero stretto di Meloni a Washington

Giuseppe De Filippi

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Stasera parlerete di Giorgia Meloni a Washington, ma la possibilità di dire cose positive si fa sempre più stretta. Non per la buona volontà della premier, che non manca, e neppure per la fondatezza della sua scelta di tentare un dialogo, per quanto difficile. Il problema è nell’interlocutore e negli sbagli terribili in cui si è cacciato. Ormai a Trump è sfuggita la possibilità di mettere ordine nelle partite in cui si è impegnato, dopo promesse super impegnative, dall’Ucraina a Gaza, dai rapporti con la Cina al commercio internazionale, dalle critiche alla Federal Reserve alle relazioni con i suoi vicini, dagli scontri con le corti giudiziarie alle questioni istituzionali. Troppi match e tutti confusamente perdenti. Trump si è già affidato alla propaganda per influenzare il dibattito pubblico americano, arrivando a sovvertire l’evidenza dei numeri. Sta agli americani, ovviamente, il compito di metterlo di fronte ai suoi errori. In questa temperie cosa volete che vada a dirgli Giorgia Meloni (con tutta la buona volontà) o come volete che le posizioni meloniane emergano con chiarezza e non deturpate dai comunicatori trumpiani?

Ecco, appunto. Ma Claudio Cerasa punta sulla leadership come elemento che confonde il trumpismo

A margine osserviamo quanto scrive Thierry Breton. Già figura di spicco della politica europea, è fuori da tutto ormai dopo le sue dimissioni durante il mandato della precedente commissione, quando litigò pubblicamente con Ursula von der Leyen. Ma questo scontro tra i due non gli impedisce di criticare in modo deciso l’inaccettabile comportamento con cui il presidente americano Donald Trump si rifiuta di trattare direttamente con von der Leyen per impostare la trattativa sul commercio. 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1
Ancora terrorismo russo sull’Ucraina. A margine, Giuliano Ferrara che dà respiro a una tesi sostenuta nelle nostre chiacchiere a cena e cioè sulla ragionevolezza (per non dire determinazione storica) di un ruolo forte della Germania riarmata nell’equilibrio militare euro-russo. 

Fatto #2 
Nella generale confusione trumpiana almeno la Bce riesce a mantenere il programma di riduzione dei tassi, con il riconoscimento della stabilizzazione dei prezzi in Ue.

Fatto #3
La documentazione c’era tutta ed è comunque questione notissima: si tratta di adeguare l’età di uscita dal lavoro alla aspettativa di vita per fare in modo che ci sia equilibrio tra le disponibilità dell’Inps e le erogazioni. Molto semplice e, tutto sommato, una buona notizia, determinata dall’aumento dell’aspettativa di vita. I meccanismi automatici di adeguamento sono previsti dalla legge e i rappresentanti dell’Inps all’audizione parlamentare non hanno potuto fare altro che ricordare il loro obbligo del rispetto della legge. Ogni decisione autonoma e contraria all’adeguamento automatico, quindi a chiedere tre mesi in più per raggiungere l’età pensionabile, comporterebbe la certezza di incorrere in un danno erariale di cui sarebbero chiamati a rispondere proprio i vertici dell’Inps. L’aspetto comico della vicenda è che ad ascoltare tutto questo e con il ruolo di presidente della commissione incaricata del controllo sugli enti previdenziali c’era il leghista Alberto Bagnai, inventore romantico di politiche economiche senza euro, senza Europa, senza vincoli. Di fronte alla logica stringente dell’Inps prima ha sospeso un po’ i lavori e poi l’ha buttata nella solita caciara antieuropea.

 

Oggi in pillole

 

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