Hollande come Bush, Occidente diviso e il futuro di Facebook. Di cosa parlare stasera a cena

Marco Alfieri
In esclusiva per noi Marco Alfieri seleziona e propone letture, spunti e idee per sapere quello che succede nel mondo.
    Frase del giorno

     


    “Non sopporto Putin ma quando al G-20 dice che è impossibile fare un patto comune contro Isis perché l’Occidente è troppo diviso, ha purtroppo ragione lui…”

     

    Oscar Giannino


     

     

    Parigi dopo Parigi

     

    “La Francia è in guerra” e intensificherà i bombardamenti sulla Siria. Il presidente Francois Hollande interviene davanti al Parlamento dopo gli attentati di venerdì e annuncia lo stato di emergenza per tre mesi. “Per far fronte alla minaccia dei terroristi dobbiamo cambiare la nostra Costituzione”, aggiunge in stile George Bush dopo l’11 settembre. In particolare Hollande chiede una modifica all’articolo 16 per attribuire maggiori poteri al presidente della Repubblica in caso di “grave e immediata minaccia alla Nazione” e all’articolo 36, secondo cui lo stato di assedio non può protrarsi per oltre 12 giorni.

     

    La polizia francese ha condotto oltre 160 blitz, sequestrato armi e arrestato 23 persone. Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. identificato il capo dell’organizzazione che ha realizzato gli attacchi di Parigi: si tratta del belga Abdelhamid Abaaoud. La procura belga ha inoltre incriminato due persone fermate nel fine settimana con l’accusa di terrorismo. Sempre in Belgio prosegue la ricerca di Salah Abdeslam, uno degli attentatori di Parigi.

     

    Ah, la mente e il mandante dell’attacco a Parigi, appunto Abaaoud, era su tutti i giornali già a gennaio per un attentato fallito in Belgio.

     

    Preso in Belgio anche l’artificiere del massacro. Il bombarolo è Mohamed Amri, 27 anni. È accusato di aver fabbricato le cinture esplosive usate dai terroristi. E poi il profilo della cellula jihadista che ha colpito Parigi nella ricostruzione del Guardian.

     

    A proposito. E’ la quinta volta in 18 mesi che il Belgio e suoi residenti si trovano in mezzo (o collegati) a grandi fatti di terrorismo (ne parliamo anche dopo della polveriera belga).

     

     

    Il mondo dopo Parigi

     

    Non avendo elaborato un piano in Siria, ora ci troviamo costretti a gestire tutto quel che ne è derivato, come la crisi migratoria…

     

    E adesso? Quale guerra si può fare per distruggere davvero l’Isis? Maurizio Molinari mette in fila una serie di opzioni aperte.

     

    Certo, al G-20 in Turchia si è deciso pochino, al di là del protocollo. Il presidente russo Putin ha detto candidamente che con i paesi occidentali è impossibile mettersi d’accordo, troppe teste diverse. Obama a sua volta esclude l’invio di truppe di terra in Siria.

     

    In un nuovo video sul Web l’Isis minaccia attacchi contro chi seguirà la Francia nei bombardamenti. E “ora tocca agli Stati Uniti d’America”.

     

    Sulla débâcle dei servizi di intelligence francesi circolano varie teorie. Tra le ipotesi più plausibili è che i servizi sono sottodimensionati, quindi occorre investire nel “security state”. Non a caso la Gran Bretagna ha deciso di reclutare la bellezza di 1.900 esperti di intelligence per combattere (e prevenire) il terrorismo. Basterà? Difficile, molto difficile.

     

    E’ molto difficile. Ma Angela Merkel giustamente invita a non confondere la lotta al terrorismo con l’emergenza migranti (che scappano esattamente da scenari tipi Parigi).

     

    L’esercito egiziano ha ucciso 24 jihadisti in Sinai. Le forze di sicurezza hanno condotto un’operazione nel centro della penisola egiziana, a 70 chilometri dal luogo in cui il 31 ottobre è precipitato l’aereo di linea russo che il gruppo Stato islamico sostiene di avere abbattuto. Al termine del raid in un covo jihadista, sono stati arrestati otto miliziani (via Internazionale). 

     

     

    Conosci il nemico

     

    Morti, feriti, attentati. La timeline interattiva del Washington Post, giorno dopo giorno, su un anno di scorribande Isis. Guardate per esempio in Africa come si è già espansa la furia islamista.

     

    Politico Magazine si chiede, giustamente, come abbiamo fatto a sottostimare Isis in questi anni.

     

    Sicuramente non ha aiutato il negare la dimensione religiosa dei jihadisti. Ancora oggi in molti compiono questo errore. Scrive Gianni riotta: “Isis è un movimento politico, culturale, militare che usa terrorismo e guerra, radicandosi nell’interpretazione radicale dell’islam. Non comprendere, o offuscare per cautela, questo dato non ci permette di fare passi avanti contro i terroristi: Isis è un esercito politico islamista, la religione non solo c’entra ma è cruciale nell’analisi…”

     

    “Dobbiamo dire la verità”, ammette Hocine Drouiche, vicepresidente della conferenza degli imam di Francia. Non si potranno fare passi avanti nel dialogo e nella convivenza se i musulmani europei non si mettono in testa che l’estremismo è un fenomeno evidente all’interno della loro stessa comunità.

     

    Isis, Isil, Is, Daesh, Sic. Perché lo Stato islamico ha tutti questi nomi? Lo spiega bene l’Economist e non è affatto banale…

     

    Un po’ di pagine di riviste e magazine del Jihad. Cosa legge (e come si forma) un soldato dell’Isis.

     

     

    Mappa del giorno

     


    I paesi in cui la minaccia dell’Isis è ormai balzata in testa alle preoccupazioni della gente (spoiler: stanno crescendo)…

     


     

     

    Parigi val bene un dibattito

     

    Dopo il lutto e la condanna della barbarie, ricordiamoci che il vero protagonista del conflitto che stiamo vivendo non è l’Occidente ma il mondo islamico. Le nostre priorità: rimanere in Medio Oriente e spegnere la guerra di Siria”, scrive Mario Giro su Limes.

     

    Che significato dare al concetto di multiculturalismo dopo tragedie come Parigi? E siamo forse vicini ad uno scontro di civiltà? Domande enormi e attualissime, sollevate da Economist e Financial Times.

     

    I musulmani delle nostre città adesso ci dicano con chi stanno. Perfetto Bernard-Henri Lévy sul Corriere.

     

    Gira che ti rigira finchè Arabia Saudita e Iran non troveranno un onesto compromesso, sarà difficile se non impossibile stabilizzare la polveriera mediorientale.

     

     

    Di Isis e altre storie

     

    Musicisti, studenti, turisti. Quelle vite spezzate in una notte di follia. I corpi nella camera mortuaria lungo la Senna.

     

    Trovarsi a Parigi nel fine settimana più tragico: sogni premonitori, decisioni casuali, la parola "Kalashnikov" improvvisamente non più esotica, delle nozze da celebrare. La vita che continua.

     

    Un docuweb di al Jazeera riassume le tappe salienti, gli errori politici e d’intelligence che hanno contribuito all’escalation della situazione (via Prismo Mag).

     

    Il viaggio di un giovane jihadista dal Belgio alla Siria e le peripezie del padre per riportarlo a casa.

     

    Dieci anni dopo l’esplosione delle banlieue parigine si è fatto quasi nulla. Il New Yorker ad agosto c’è tornato, producendo un meraviglioso reportage.

     

    Poi c’è il tema caldissimo del Belgio, appunto. Oggi Le Monde ha pubblicato un buon reportage dalle strade di Bruxelles da cui sono partiti alcuni attentatori di Parigi (articolo tradotto in italiano da Internazionale) ma, davvero, è tutto tranne che una notizia.

     

    David Carretta nel 2010 scrisse sul Foglio perché il piccolo paese europeo stava diventando la centrale del jihadismo nostrano. Qualche stralcio profetico:

    “I politici nazionali non osano rimettere in discussione un sistema sociale che incentiva marginalità e disoccupazione con sussidi vari”… “I quartieri di Bruxelles a forte presenza musulmana hanno il 40% di disoccupazione e un senza lavoro riceve 800-1.300 euro di sussidi”… “Un capofamiglia disoccupato, con moglie e cinque figli a carico, a Anderlecht o Molenbeek può riceve dallo stato belga più di 2.300 euro”… “Un lavoro regolare è meno redditizio. Poco importa se i figli degli immigrati diventeranno degli emarginati che domani potrebbero mettere a fuoco i loro quartieri”… “L’integrazione è evocata come necessità fondamentale, ma alla fine prevalgono il comunitarismo e la ghetizzazione”… Conclusione: “lasciata nelle mani della classe dirigente belga, Bruxelles rischia di esplodere, trasformandosi in una grande banlieue di Parigi…” Chiaro, no?

     

     

    Il mondo oltre Parigi

     

    Dedicato a sovranisti e keynesiani: il Giappone è ripiombato in recessione. Ergo: senza le riforme il sostegno alla domanda non basta…#abenomics

     

    I grandi dell’auto di Detroit (Fca, GM, Ford) stanno pensando di spostare sempre più produzioni di auto di piccola cilindrata in Messico. L’impatto non sarà banale.

     

    Negli Usa, ma non solo. L’Atlantic racconta la rinascita dell’attivismo studentesco e l’impatto che può avere in un a società sempre connessa.

     

    In due mesi, i numerosissimi incendi che stanno devastando l’Indonesia hanno rilasciato più emissioni di CO2 di quante ne rilasci in un anno un paese come la Germania.

     

    Un bel foto reportage di Alessandro Rota su cosa vuole dire essere incinte e partorire in Sud Sudan (via Il Post).

     

    Nella testa di Zuckerberg. Fast Company racconta il futuro a 360 gradi di Facebook, da qui ai prossimi anni.

     

    Per la cronaca, 5mila anni fa il Sahara era un posto abitato da tantissime persone, animali e una vegetazione lussurreggiante…

     

    L’antigalattico Raúl si ritira, a 5 anni dall'addio al Madrid, a 9 da quello alla Nazionale. Un grandissimo attaccante normale.