Basta toni apocalittici sul “consumo di suolo”. Merkel docet
Si può parlare di “consumo di suolo” senza cadere nelle trappole degli indignati e dei decrescisti in servizio permanente effettivo? A giudicare dal volume “Atlante del consumo di suolo per un progetto di città metropolitana”, curato da Paola Bonora per l’editore Baskerville, sì, si può. Partendo dalle considerazioni sulla mancanza di una definizione condivisa della questione e sull’impossibilità di confrontare i dati in circolazione calcolati con metodologie diverse contenute nel capitolo introduttivo e dal contributo di Silvia Zamboni dedicato alla ricostruzione della politica tedesca in materia di consumo di suolo. Da questo saggio si apprende che in Germania la questione è stata affrontata a partire dalla definizione da parte dell’attuale cancelliera tedesca Angela Merkel – in qualità di ministro dell’Ambiente, ruolo ricoperto dal 1994 al 1998 – dell’obiettivo, da raggiungere nel 2020, di non consumare più di 30 ettari al giorno. L’obiettivo posto, e confermato nel 2002 dal governo successivo, è dunque quello di ridurre di circa un quarto la quantità giornaliera di suolo consumato, in venti anni, dato che nel 2000 la Germania utilizzava circa 129 ettari al giorno.
Una volta fissato l’obiettivo di lungo termine, in quel paese si è aperto il confronto sui modi per raggiungerlo. In Italia, invece, il dibattito sembra concentrarsi rispetto all’approvazione della legge con la quale definire la procedura, piuttosto articolata, grazie alla quale definire l’obiettivo da raggiungere, per giunta riferito a un arco temporale solo quinquennale, e alla ripartizione dello stesso obiettivo in quote regionali. Quanto agli strumenti, la legge italiana in discussione, un po’ salomonicamente, si limita ad affermare che “la pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica si adegua alle norme di cui alla presente legge” (art. 1 comma 3), e ad affidare alle regioni (ciascuna a suo modo?) la fissazione di criteri e modalità operative per la pianificazione comunale. Quello che invece ricostruisce la Zamboni è il confronto sulle proposte operative, a partire da quelle contenute nel rapporto predisposto nel 2009 dalla commissione per la tutela del suolo dell’Ufficio federale tedesco per l’ambiente e nel Rapporto 2012 sullo stato di attuazione della strategia per la sostenibilità. In questi documenti si è discusso delle norme necessarie per sfruttare al meglio le aree edificabili aumentando i valori massimi di densità edilizia, ovvero semplificando le procedure per superare gli stessi valori (una sorta di Piano Casa permanente). In Germania si è studiato, con appositi progetti di ricerca, l’istituzione di un mercato nazionale per il commercio – tra i comuni – dei cosiddetti certificati di superficie (autorizzazioni edilizie), per sperimentare il quale è stato avviato anche un progetto pilota.
[**Video_box_2**]Nel saggio sono descritte poi alcune delle modifiche del Codice dell’edilizia adottate in questi anni che riguardano gli interventi sulle aree interne agli agglomerati urbani e le procedure autorizzative aggravate per la realizzazione di interventi edilizi sui suoli non utilizzati. Il disegno di legge italiano in discussione alla Camera, invece, non si preoccupa di tutto ciò, e rispetto agli spazi liberi all’interno delle aree urbanizzate propone addirittura di favorirne “la destinazione agricola”. La Zamboni torna sulle parti del Rapporto del 2012 nelle quali si rilevava come negli anni dal 2003 al 2006 il consumo di suolo crescesse con un ritmo di 113 ettari al giorno, e nel triennio successivo (2007-2010) scendesse in media a 87 ettari al giorno, con un picco minimo di 77 ettari nel 2010. Ma per l’Ufficio federale per l’ambiente i risultati positivi sono dovuti in buona parte alla crisi del settore delle costruzioni; per raggiungere i 30 ettari al giorno, occorreranno ulteriori strumenti per contenere l’uso di suolo non utilizzato e in particolare di quello, che presenta un tasso di crescita più elevato, connesso alla realizzazione delle infrastrutture per mobilità e trasporto. La ricostruzione dell’esperienza tedesca offre una lezione di metodo. Mostra come aggredire problemi complessi richieda una definizione appropriata del fenomeno da affrontare e dei fattori connessi, l’indicazione di obiettivi da raggiungere entro un tempo congruo, la sperimentazione di strumenti operativi e forme di regolazione possibili, e infine la misurazione e la valutazione dei risultati raggiunti.