Ms. Finanze a Kiev
Martedì sono terminate le consultazioni esplorative con i creditori che il ministro delle Finanze ucraino, Natalie Jaresko, ha avviato da una settimana a Washington, San Francisco, New York e Londra in seguito al nuovo programma di stabilizzazione che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha approvato nei giorni scorsi. Esaminiamone da vicino attori e strategie per inferire la dinamica della crisi ucraina nei prossimi mesi, cominciando proprio dal neoministro.
Americana nata a Chicago da genitori ucraini, dopo i suoi studi alla Kennedy School di Harvard, la Jaresko entra in diplomazia e negli anni 90 viene assegnata a Kiev come ministro per gli Affari economici presso l’ambasciata americana. Al suo rientro nella madrepatria diviene membro di spicco della comunità imprenditoriale di origine ucraina negli Stati Uniti. Nella decade successiva si trasferisce nuovamente a Kiev per fondare e gestire una società finanziaria volta a valorizzare opportunità di investimento nell’ancor fragile economia ucraina. In tale società, coopta giovani ambiziosi e preparati della società civile che ha ora chiamato con se nelle posizioni apicali del ministero. La sua squadra di vice ministri, tutti di freschissima nomina, include professionisti che si sono formati negli Stati Uniti e provengono dai vertici del settore privato e delle organizzazioni multilaterali, a loro agio nel negoziare in ucraino, in russo o in inglese. Anche questa è un’altra rivoluzione rispetto al ruolo apicale tipicamente riservato ai burocrati ministeriali di lungo corso che traevano nell’asservimento alle oligarchie corrotte e filorusse del paese la fonte di legittimazione per le proprie carriere.
La rivoluzione di Piazza Maidan del febbraio 2014 porta infatti la società civile alla ribalta, con la fine del regime di Viktor Yanukovych, nuove elezioni e un mandato popolare al nuovo governo riformista e filoeuropeo di Arseniy Yatsenyuk. Ma a differenza di altre esperienze analoghe, il mandato non si esaurisce nel momento elettorale. La caratteristica del governo Yatsenyuk è proprio quella di galvanizzare l’impeto riformista della società civile per trarne continua legittimazione nell’obiettivo di arginare progressivamente l’oligarchia corrotta che ha compresso lo slancio riformista del paese sin dall’indipendenza nel 1991. In questi mesi, a Kiev, è un germogliare di gruppi di lavoro misti o “multi-stakeholder” che includono membri dell’amministrazione, del Parlamento e della società civile per sostenere e monitorare il progresso delle giovani autorità democratiche.
E’ in questo contesto che la Jaresko sta lavorando alla quadratura del cerchio. Negli ultimi 6 mesi, la nuova amministrazione ha messo a segno alcuni importanti successi, muovendosi con scaltrezza nel complesso reticolo di interessi geopolitici divergenti delle maggiori potenze mondiali, seguendo una strategia articolata in due tempi. Il primo tempo comincia a ottobre quando il governo Yatsenyuk manda a Washington un squadra di emissari con il compito di negoziare un nuovo programma di assistenza a condizioni più vantaggiose e per un importo ancora maggiore di quello approvato nell’aprile scorso per ben 17 miliardi di dollari. Dei 40 miliardi complessivi che il Fmi stima necessari per stabilizzare l’economia di Kiev nei prossimi 4 anni, il nuovo programma prevede uno stanziamento di 17,5 miliardi di dollari che si vanno a sommare agli esborsi di circa 5 miliardi erogati nei mesi precedenti sotto il precedente programma, per un totale di oltre 22 miliardi a carico dell’organizzazione internazionale. Il nuovo programma dovrebbe catalizzare 7 miliardi addizionali di fondi tra Unione europea, Stati Uniti e altri accordi bilaterali e multilaterali. I restanti 15 verrebbero finanziati da una ristrutturazione del debito sovrano ucraino per la quale le prime consultazioni sono state, appunto, avviate.
[**Video_box_2**]Comincia ora il secondo tempo. Come nel primo, ogni mossa di Kiev ha una precisa valenza tattica. In primo luogo, ottenendo che fosse il Fmi a identificare l’entità della ristrutturazione, Kiev si presenta ai creditori come un debitore cooperativo che cerca di seguire in buona fede lo spirito e la lettera di un accordo multilaterale approvato a Washington in cui siedono i rappresentanti delle maggiori potenze, inclusi i paesi creditori. In secondo luogo, la tempistica. I negoziati con i creditori, tra cui la Russia, sono stati avviati a ridosso della primavera, subito dopo l’approvazione del nuovo programma. Proprio con la nuova stagione, vari analisti occidentali e ucraini ritengono probabile l’intensificazione dell’offensiva russa, profittando della situazione di stress in cui si trovano le forze armate ucraine.
Non si può dimenticare uno scenario di possibili incursioni russe di varia intensità sul fianco sud e sudorientale del paese con l’obiettivo di stressare le già sfiancate truppe ucraine e, soprattutto, destabilizzare l’esperimento riformista in corso nel paese. In questo contesto, si inseriscono le trattative per rinegoziare il debito con Mosca. Kiev ha già mostrato di saper integrare con efficacia gli aspetti finanziari con quelli strategici relativi alla propria difesa. Proprio di recente, non ha esitato a interrompere l’erogazione di pagamenti e servizi nei territori occupati, a cui è tenuta dagli accordi di Misk, quando i separatisti ne violavano i termini, costringendoli a rispettare la tregua. Non è un caso, forse, che i negoziati sul debito si dovrebbero concludere entro l’autunno cosi’ da scoraggiare, almeno nelle intenzioni di Kiev, ulteriori incursioni russe in primavera e in estate.