L'inviolabile Mosca
Roma. “Unverletzlich”, cioè inviolabile, incontestabile. Così dovrebbe rimanere “l’ordinamento politico interno” degli stati coinvolti nel futuro “ordine paneuropeo” a guida tedesca. Anche di quegli stati che propriamente democratici non sono, come la Russia; a costo di fare autocritica sull’eccessivo interventismo praticato dagli europei nelle vicende ucraine degli ultimi mesi. E’ questa la tesi dell’ultimo report appena pubblicato dalla Stiftung Wissenschaft und Politik (Swp), cioè l’Istituto tedesco per la Sicurezza e gli Affari internazionali, think tank di Berlino che lavora soprattutto per il Bundestag e il governo federale, dal 2005 diretto dal professore Volker Perthes, presieduto da Hans-Peter Keitel (vicepresidente della Confindustria tedesca, o Bdi), e nel cui board siedono parlamentari bipartisan ed esponenti dei ministeri della Difesa, dell’Economia, degli Esteri e degli Interni.
Lo studio dell’Swp prende atto che l’Europa dal 2014 si confronta con una situazione internazionale “che ha compiuto un salto di qualità”. Per la prima volta ci sono conflitti fra stati che tornano a essere risolti “con mezzi militari”. La conflittualità violenta, sul fronte orientale e sulla sponda sud del Mediterraneo, minaccia tra le altre cose la fornitura di energia del continente. Perciò “è necessario costruire un nuovo ordine paneuropeo che imbrigli le potenzialità di un conflitto, assicuri una maggiore prevedibilità e più fiducia”. La Germania è chiamata a giocare un ruolo da protagonista, per la sua potenza economica e politica, certo, ma anche perché – sottolineano gli autori del rapporto – dal 2016 Berlino ricoprirà la presidenza di turno dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).
[**Video_box_2**]A Wiesbaden, cittadina della Germania centro-occidentale dov’è situato il comando dei circa 30 mila uomini dell’esercito americano in Europa, non devono aver preso bene i “princìpi” suggeriti per il nuovo ordine paneuropeo. Da lì, lo scorso febbraio, il generale Frederick Ben Hodges aveva rilasciato un’allarmata intervista al Wall Street Journal a proposito di espansionismo russo ed eccessiva apatia europea. L’Swp invece ritiene “illusorio” aspettarsi un atteggiamento “cooperativo” di Mosca sulla crisi ucraina, perciò dice che “il primo obiettivo della politica estera tedesca deve essere quello di una pacifica coesistenza e coevoluzione tra gli ideali occidentali sull’ordine politico domestico e quelli russi”. Primo principio da attuare, quello della “incontestabilità dell’ordine politico interno altrui”. Berlino deve trattare Mosca e i suoi paesi limitrofi (Ucraina, Georgia, Bielorussia, eccetera) esattamente come tratta Pechino, senza mettere bocca nei loro affari interni. Passi per promuovere un accordo tra governo ucraino e opposizione, come accadde nel febbraio 2014; però, aggiunge l’Swp, a posteriori si può dire che “non erano compatibili” con un’auspicabile dottrina realista le presenze dei leader europei in piazza con l’opposizione ucraina. Il secondo principio: “Concentrarsi sul ristabilimento e lo sviluppo di assetti statuali efficaci”; stati deboli e inefficienti generano instabilità. Infine, attenersi a un “sobrio pragmatismo nelle relazioni economiche” con i vicini europei. Le forniture energetiche russe sono “fondamentali”, le sanzioni anti Mosca sono accettabili solo nel breve termine, poi sarà necessario “un upgrade delle relazioni commerciali di lungo termine”. Conclusione: “L’autocritica, anche con gli alleati occidentali”, sarebbe auspicabile; “l’Europa dovrà ridimensionare l’ambizione di esportare il proprio modello nel vicinato”, dicono i consiglieri della Merkel.