Non solo tassisti incarogniti. Ecco perché per Uber le cose si fanno difficili a Bruxelles
Dentro Uber ammettono che i servizi di trasporto sono esclusi dalla direttiva servizi che riconosce la libertà di stabilimento in tutta l'Ue. Ma Uber “non è una società di trasporti”, aveva spiegato al Foglio lo scorso dicembre Marc MacGann, responsabile per le relazioni istituzioni di Uber a livello europeo: “Siamo una società di tecnologia che fornisce un software e intermedia domanda e offerta tra autisti e persone che vogliono muoversi in una città. Uber dovrebbe essere regolata come una società di tecnologia”. Del resto, è sulla base di questo principio che Uber ha avviato i suoi ricorsi davanti alla Commissione. Nel primo reclamo contro la Francia, presentato il 20 novembre 2014, Uber aveva contestato la “Loi Thévenoud” perché non erano state rispettate le formalità di una direttiva del 1998 che impone di informare la Commissione quando una norma o una regolamentazione tecnica può costituire un ostacolo alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi. Nel secondo ricorso, incentrato sulla sostanza della “Loi Thévenoud”, Uber ha contestato la violazione della libertà di prestazione dei servizi (articolo 56 del Trattato Ue) e di stabilimento (articolo 49), ma anche le direttive “commercio elettronico” e “servizi” che, secondo la multinazionale americana, le consentono di operare in tutto il territorio europeo. Le stesse argomentazioni potrebbero essere state usate in un nuovo reclamo di Uber alla Commissione contro la Germania, dopo che la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato inammissibile un ricorso su una sentenza di un tribunale di Amburgo che aveva vietato l'App perché gli autisti non hanno licenze.
[**Video_box_2**]Mentre la Commissione non riesce a decidersi se Uber è un Taxi oppure una App, dei giudici a Parigi hanno concesso sei mesi di respiro alla multinazionale americana, che potrà continuare a offrire i servizi della sua App malgrado le restrizioni della “Loi Thévenoud”. La Corte d'Appello di Parigi oggi ha dato ragione a Uber sospendendo fino a settembre la sua decisione su una richiesta di interdizione di UberPop presentata da tre società di trasporto con conducenti e diverse associazioni di taxi. La Corte vuole aspettare che il Consiglio costituzionale francese si pronunci sulla costituzionalità della “Loi Thévenoud”, contestata da Uber perché vieta ai clienti di visualizzare in anticipo la disponibilità di vetture e impone tariffe forfettarie anziché prezzi sulla base della distanza percorsa e del tempo trascorso. Nel frattempo – secondo indiscrezioni della stampa tedesca – per aggirare i divieti in Germania, Uber sarebbe intenzionata a lanciare un nuovo servizio, comprando direttamente le licenze per i suoi autisti.