Ecco lo slalom obbligato di Renzi per evitare (già da oggi) nuovi balzelli
Roma. Matteo Renzi, parlando al Messaggero nella domenica di Pasqua, ha già definito l’obiettivo minimo per il Consiglio dei ministri di oggi, nel corso del quale sarà esaminato il Documento di economia e finanza (Def) per l’anno in corso. Poter uscire da Palazzo Chigi con l’annuncio che le clausole di salvaguardia – circa 12 miliardi di euro di tasse in più pronte a scattare dal 1° gennaio 2016, così almeno è scritto nella legge di stabilità del 2014 – saranno disinnescate; detto altrimenti, le tasse non salgono. L’obiettivo massimo, invece, è quello per ora affidato ai soli retroscena – “cercheremo di abbassare le tasse” – e difficilmente si potrà precisare nero su bianco già oggi: bisognerà tenere conto infatti dell’andamento della crescita nei prossimi mesi, del costo del debito pubblico e del risparmio generato dai bassi rendimenti sui titoli, della “buona flessibilità” da spuntare in Europa. Così Yoram Gutgeld, primus inter pares tra i consiglieri economici di Palazzo Chigi, mette le mani avanti: intanto oggi si indicano i capitoli di spesa da cui è possibile risparmiare circa 10 miliardi di euro, poi “le cifre nel dettaglio saranno definite con la legge di stabilità a settembre”. Def e Programma nazionale di riforma (Pnr), nel frattempo, saranno vidimati in Europa. Il Documento di economia e finanza (Def) sarà visionato oggi e passerà subito dopo all’esame del Parlamento. E’ possibile invece che Renzi voglia qualche giorno in più per precisare, assieme ai ministeri interessati, ampiezza e tempistica delle riforme previste dal Pnr per Bruxelles.
Gutgeld intanto, intervistato dal Corriere della Sera, ha invitato a “non pensare con la logica dei tagli, cioè di far cassa, ma di migliorare l’efficienza”. E’ il tentativo di inserire la revisione della spesa pubblica, che finora ha stentato a decollare, nello storytelling renziano; da qui a settembre Palazzo Chigi si cimenterà nell’operazione, pur sapendo che nel nostro paese il rigore fiscale gode di pessima stampa. Ma se tale approccio retorico plausibilmente si sposa bene con l’accelerazione dei costi standard nella sanità o con la (lenta) opera di disboscamento delle partecipate, a partire da quelle del trasporto pubblico, il tutto si complicherà in altri settori.
Sulle pensioni, per esempio, il governo ha già fatto capire di non voler andare allo scontro con nessuno. Tito Boeri, neo presidente dell’Inps nominato da Renzi, è favorevolissimo a qualche forma di ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni erogate. Si tratterebbe di intervenire soltanto sulle pensioni oggi percepite e che, in virtù di precedenti regimi legislativi più generosi, si discostano dai contributi versati nell’arco della vita lavorativa. Secondo una proposta elaborata tempo fa sul sito specialistico Lavoce.info, Boeri ritiene che in questo modo si possano incassare fino a 4 miliardi di euro in un anno. Perfino nel Pd renziano c’è chi chiede invece di fare chiarezza e ribadire adesso, pure con una nota ufficiale, che le pensioni non si toccano in maniera retroattiva. Altrimenti si rischia di incidere negativamente sulla fiducia delle famiglie e dei consumatori.
[**Video_box_2**]Altro dossier difficile da incastonare nell’ottimistica narrazione renziana è quello dei tagli alle agevolazioni fiscali. Dino Pesole, sul Sole 24 Ore, ha stimato risparmi attesi di 1,5 miliardi di euro nella revisione di sconti, deduzioni, detrazioni ed esenzioni. Eliminare doppioni inutili o sgravi senza senso può essere ragionevole, ma equivale pur sempre a un incremento della pressione fiscale.
Infine il presidente del Consiglio, ancora una volta, dovrà resistere al partito dei sindaci che ieri già tornava all’assalto – per il momento a suon di dichiarazioni – di fronte all’ipotesi di ulteriori economie da applicare agli enti locali. Quel che è certo è che per ora, nel mandato di Roberto Perotti e Yoram Gutgeld, c’è uno slalom obbligato tra quei tanti “diritti acquisiti” che è meglio non toccare.
Uno slalom lungo fino a settembre. Con la supervisione del ministro Pier Carlo Padoan che domani, non appena fosse assicurato il superamento del primo paletto chiamato Def, dovrebbe partire per Singapore per rianimare la diplomazia economica italiana.
tra debito e crescita