Manuale per i deal
Roma. Le regole dell’attrazione tra imprese sono lineari nei paesi anglosassoni – “money is the king”, il denaro è sovrano – ma spesso non valgono in Italia dove veti politici, regolatori e tic culturali prevalgono rispetto a logiche di mercato. Tuttavia, mentre la danza delle compravendite globali riprende slancio (Shell compra Bg nel settore petrolifero, FedEx agguanta Tnt nelle spedizioni), la predisposizione delle imprese italiane a crescere attraverso fusioni e acquisizioni è migliorata rapidamente rispetto alla fase più drammatica della crisi europea. La percentuale di società con base in Italia che contemplano l’eventualità di aggregarsi con altre nel giro di tre anni è quasi raddoppiata tra il 2012 (25 per cento) e il 2014 (41 per cento), secondo i risultati del sondaggio somministrato dal network globale di consulenza Grant Thornton a 5.400 aziende in trentacinque paesi.
“Lo scenario evolverà positivamente perché grazie alla discesa drastica dei tassi d’interesse, dovuta alle operazioni straordinarie della Banca centrale europea, indebitarsi costerà meno e si libereranno risorse per fare acquisizioni”, dice Stefano Salvadeo, ad di Grant Thornton Advisory. Le operazioni riguardanti società italiane annunciate o in corso fino ad aprile arrivano a un valore di 24 miliardi di euro, secondo la banca dati Dealogic. Di questo passo è probabile superare a breve i 39 miliardi complessivi dell’intero 2014. A gonfiare l’ammontare, contribuiscono pesanti manovre asiatiche. Il massiccio take over del consorzio pubblico cinese China National Tire & Rubber su Pirelli da solo vale 7,3 miliardi di euro. La Borsa è in fibrillazione anche per il corteggiamento verso Pininfarina, designer di auto di lusso, del costruttore indiano Mahindra & Mahindra.
[**Video_box_2**]Alcune operazioni recenti sono invece concentrazioni di settore tutte italiane. La cementiera Buzzi Unicem ha offerto 120 milioni per inglobare la rivale Sacci. Altre trovano resistenze esterne rivelatrici di complessi italici deteriori. L’acquisto del settore Libri della periclitante Rizzoli-Corriere della Sera da parte della berlusconiana Mondadori è un work in progress dopo l’insurrezione degli intellò di sinistra. Si tratta di una fusione di entità minore rispetto al nuovo polo librario Messaggerie-Pde/Feltrinelli e sussisterebbe in posizione non dominante (38,6 per cento del mercato) ma potrebbe ridurre la patologica frammentazione dell’editoria, presidiata in Europa da Pearson e Lagardère. Specularmente Ei Towers, del gruppo Mediaset, sta cercando di superare sia i veti governativi sia le possibili obiezioni dei regolatori all’ingresso nel capitale di Rai Way offrendosi per rilevare una quota non maggioritaria (49 per cento) e costituire comunque un operatore forte nel mercato delle torri di trasmissione, come accade in Germania, Francia e Spagna. Prima di parlare di fusioni, spesso si traccheggia a causa dei tic.
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