L'Europa pilatesca sugli Ogm tra scaricabarile con gli stati e incertezze per gli investitori
La nuova proposta della Commissione europea riporta a livello dei singoli stati il potere autorizzativo sugli Ogm entro i propri confini. Seguendo lo stesso indirizzo preso per la coltivazione, anche per gli alimenti e i mangimi i governi nazionali avranno la facoltà di limitare o proibire gli Ogm che hanno superato l’iter autorizzativo europeo. "La Commissione europea ha dato ascolto alle preoccupazioni di tanti cittadini europei, riflesse nelle posizioni espresse dai loro governi nazionali", ha dichiarato il Commissario europeo alla salute e sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, presentando la proposta sulla base dell’indirizzo politico con cui la Commissione Juncker si era presentata al Parlamento europeo. La proposta è un compromesso che cerca di risolvere la tensione tra la libertà di uso di prodotti alimentari biotech e il fronte no-Ogm, mantenendo da un lato il sistema europeo di autorizzazione degli Ogm su base scientifica e dall’altro lasciando la libertà di vietarne l’uso per quei paesi contrari ai prodotti transgenici per motivazioni che non hanno a che fare con i rischi per la salute e l’ambiente. I cittadini europei continueranno ad avere in commercio Ogm sicuri, garantiti dalle valutazioni scientifiche dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ma i paesi che vorranno proibirli per altri motivi saranno liberi di farlo.
La strada proposta sembra più pilatesca che salomonica. Per far valere la clausola di opt-out, cioè la rinuncia all’autorizzazione di un determinato alimento o mangime Ogm, gli stati dovranno fornire alla Commissione e agli altri stati membri motivazioni legittime, che non possono confliggere sul piano scientifico con la valutazione dell’Efsa e che dovranno rispettare sia la normativa comunitaria (libera circolazione delle merci e non discriminazione), sia gli accordi internazionali con i paesi extraeuropei, come ad esempio quelli stipulati nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Come questo sia possibile, cioè come si possa giustificare una barriera commerciale sui prodotti agricoli sulla base di motivi che non riguardano la sicurezza alimentare e ambientale, non è ancora molto chiaro. Le critiche arrivano da tutte le parti. Sono scontenti gli ambientalisti e gli integralisti no-Ogm che volevano una stretta a livello europeo a partire già dalle 17 domande pendenti sui prodotti geneticamente modificati che hanno già superato le valutazioni scientifiche e attendono l’autorizzazione finale, protestano gli agricoltori e le imprese agro-alimentari europee e internazionali che così vedono aumentare il grado di incertezza in quello che dovrebbe essere il mercato comune europeo.
[**Video_box_2**]Attualmente gli alimenti e i mangimi Ogm autorizzati in Europa sono 58 e hanno un ruolo rilevante nel settore agro-alimentare: il 90 per cento di soia di cui l’Europa ha bisogno, che rappresenta oltre il 60 per cento del fabbisogno di proteine vegetali per bestiame e allevamenti, è geneticamente modificata e proviene da paesi extraeuropei. Non a caso nei giorni scorsi gli ambasciatori presso l’Unione europea di Stati Uniti, Canada, Argentina e Brasile hanno espresso alla Commissione le loro “gravi preoccupazioni sul potenziale esito di una tale revisione” e chiesto che qualsiasi riforma sia “pienamente coerente” con gli obblighi europei presi nell’ambito del Wto. Le critiche sono arrivate anche dagli operatori europei, preoccupati che la nuova normativa, che ora passerà al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue, porti a una disintegrazione del mercato comune, con i conseguenti enormi problemi logistici e burocratici per chi avrà a che fare con normative diverse per i 28 paesi membri. “Siamo particolarmente delusi – ha dischiarato al Wall Street Journal Mella Frewen, direttrice generale di FoodDrinkEurope, la confederazione che rappresenta l’industria alimentare europea – perché la proposta scuote le fondamenta dell’unione doganale e del mercato unico”.