Tagliare Varoufakis. Ecco i primi effetti dell'austerity di Tsipras
Dopo l’esito inconcludente dell’Eurogruppo informale di Riga lo scorso venerdì, le posizioni di Atene, da un lato, e dell’Eurozona e del Fondo monetario internazionale (Fmi) dall’altro, ne escono pericolosamente irrigidite, alimentando nuovamente previsioni estreme di un’imminente fuoriuscita della Grecia dall’area monetaria europea. Ripercorriamo brevemente la recente dinamica fra il governo di Atene e i suoi creditori per tratteggiare due scenari che potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane escludendo, tuttavia, una fuoriuscita imminente della Grecia dall’area dell’euro. Ma prima, i fatti.
Entrambi le parti si rimproverano di aver violato lo spirito e la lettera dell’accordo raggiunto nella riunione dell’Eurogruppo del 20 febbraio scorso. Atene lo ha interpretato come un accordo-ponte per facilitare la negoziazione di un nuovo programma di aggiustamento entro giugno centrato su politiche di crescita e di coesione sociale in sintonia con la piattaforma elettorale sulla base della quale il nuovo governo di Syriza è stato eletto lo scorso gennaio.
Nell’ambito di questo accordo-ponte, i creditori si sarebbero impegnati a erogare le risorse residue previste dal programma negoziato nel 2012 pari a 7,2 miliardi di euro senza imporre, nella sostanza, ulteriori, significative misure di politica economica a carico del nuovo esecutivo.
Tale lettura è stata implicitamente ribadita nel teso incontro bilaterale avvenuto giorni fa a Washington fra il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, e il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. In tale incontro, Varoufakis avrebbe infatti chiesto un approccio “flessibile” da parte dell’istituzione di Pennsylvania Avenue nell’erogare la sua tranche di 3,6 miliardi di euro.
Dal canto loro, l’Eurozona e il Fmi lamentano che Atene non è riuscita a produrre un piano credibile di riforme da intraprendere con il sostegno esterno dei creditori. Piuttosto, il governo non ha esitato a intraprendere iniziative unilaterali, spesso volte a “invertire” le riforme attuate sino allo scorso anno. Nel concreto, i creditori stigmatizzano i recenti provvedimenti di spesa, la decisione di procedere alla riassunzione di 7.000 dipendenti pubblici – inclusi 3.900 precedentemente posti in mobilità – e l’annuncio del ministro del Lavoro, Panos Skourletis, di innalzare il salario minimo ai livelli pre crisi entro luglio del prossimo anno.
In effetti, a fronte delle regolari enunciazioni riformiste del ministro Varoufakis nei più prestigiosi consessi internazionali, esse non si sono sinora tradotte in un impeto riformista di pari vigore. Infine, vi è l’inesperienza del giovane esecutivo e il profilo “accademico” del ministro delle Finanze, nelle parole del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, intese come “sinonimo” di scarsa esperienza di politica economica e di senso pratico.
Non a caso ieri il governo di Atene ha fatto filtrare i dettagli di un piano che porteranno nelle prossime ore ad “allargare” la squadra dei negoziatori con le controparti internazionali. Secondo il quotidiano ellenico To Vima, “il governo mette Varoufakis in amministrazione controllata”. In realtà poi nel testo, riporta l’agenzia Radiocors, si descrive l’intenzione di “estendere il sostegno” a Varoufakis. Fatto sta che la squadra addetta ai negoziati non sarà più guidata da Nikos Theocharakis, uomo di fiducia del ministro Varoufakis, ma George Chouliarakis, vicino al vice primo ministro Yannis Dragasakis. Inoltre, per la parte più politica dei negoziati, il coordinamento sarà affidato al vice ministro degli Esteri, Euclides Tsakalotos, economista che ha studiato a Oxford (e che non ha disdegnato di farsi fotografare in sella alla stessa moto di Varoufakis, oltre a seguire il ministro in vari consessi internazionali). Siamo al solito promoveatur ut amoveatur? A dirlo sarà soltanto il tempo. Intanto ieri le Borse hanno mostrato subito apprezzamento per l’annunciato rimpasto.
Intanto, a complicare le cose, Atene deve fronteggiare nelle prossime settimane una serie di scadenze nei pagamenti ai creditori. Nel mese di maggio, dovrà restituire al Fmi quasi un miliardo di euro e rimborsare titoli di stato a breve per quasi tre. A giugno, vi è un altro pagamento al Fmi per un altro miliardo e mezzo e ulteriori rimborsi per titoli in scadenza per oltre cinque. Pertanto, senza l’erogazione nei prossimi due mesi dei 7,2 miliardi da parte della Troika, Atene non è in grado di soddisfare tali scadenze.
Come uscirne? Il Commissario europeo per gli Affari economici, Pierre Moscovici, ha convocato i ministri delle Finanze dell’Eurozona il prossimo 12 maggio, ma l’agenda rimane incerta poiché è difficile prevedere l’evoluzione del crescente rapporto conflittuale con le autorità elleniche.
A questo punto, entrambe le parti devono escogitare un’innovazione negoziale per uscire dall’angolo in cui la reciproca intransigenza le ha spinte.
In tal senso è possibile formulare due scenari che ci aiutano a comprendere l’evoluzione a breve della crisi greca. Il primo scenario, con una probabilità superiore al secondo, prevede un accordo per un nuovo programma con i creditori raggiunto al novantesimo minuto in cui le autorità elleniche ottengono alcune concessioni minori, per esempio una lieve riduzione dell’avanzo primario di bilancio.
Il primo ministro ellenico, Alexis Tsipras, ne accetta i termini con riserva e li sottopone a referendum che può vincere con ampio margine, sfruttando la diffusa propensione dei greci a rimanere nell’Eurozona anche a costo di un ulteriore programma di aggiustamento. I creditori forniscono ad Atene un prestito-ponte per far fronte alle scadenze immediate nei pagamenti e il nuovo programma ha inizio a giugno o luglio.
Una variante di questo scenario prevede elezioni piuttosto che il referendum. Tsipras viene confermato nel mandato elettorale ma si libera delle frangie più estremiste del suo movimento radicale, attraendo gli elementi reformisti e dialoganti dei partiti tradizionali – Pasok, Nuova Democrazia e To Potami – in una nuova coalizione con un baricentro meno radicale.
[**Video_box_2**]Il secondo scenario, assai meno probabile del primo, prevede un default tecnico di Atene.
Tale default tecnico consente ai creditori di intervenire con una nuova piattaforma programmatica che prevede una ristrutturazione del debito pubblico e condizioni piu’ amichevoli alla luce dell’emergenza economica, finanziaria e sociale.
In entrambi gli scenari, i creditori chiedono la testa del ministro delle Finanze Varoufakis che non ha mai avuto una forte capacità negoziale in sede europea e che la Germania ha già messo da parte, aprendo un canale di comunicazione diretto con il suo primo ministro. E su questo, se saranno confermate le indiscrezioni di ieri, pare che Tsipras si sia già messo al lavoro.