Sos soldi privati
Perché ora il premier va in Borsa a suonare la sveglia ai capitali flosci
Milano. “In Italia sono cambiati i governi. Ma non si sono cambiate le cose”. Almeno finora, lascia intendere Matteo Renzi, debuttando in Piazza Affari, nella sala che fu teatro delle grandi manovre della finanza di casa nostra. Il simbolo di “quel capitalismo di relazione che ha prodotto effetti negativi” cui il premier ha voluto dare un (retorico) colpo di grazia. “Bisogna metter fine a un sistema basato sulle relazioni più che sulla trasparenza – incalza il premier – Il sistema in cui giornali, banche, fondazioni e partiti politici hanno pensato di andare avanti tutti insieme, discutendo tra loro, è morto”. Anche perché “c’è qualcosa che non funziona se cresce il risparmio delle famiglie ma questo non affluisce alle imprese. Una cosa deve essere chiara: tutto ciò che è incentivo a investire è una priorità assoluta”. E’ questo forse il messaggio principale che Renzi ha voluto trasmettere a banchieri e imprenditori, grandi e piccoli, che lo hanno accolto a Palazzo Mezzanotte.
Per l’occasione il premier ha potuto annunciare la prossima intesa con Bruxelles sul sospirato tema della “bad bank”: “Nelle prossime settimane – ha detto – troveranno corso e concretizzazione i passaggi sulle sofferenze bancarie e sugli strumenti tesi a mettere il sistema bancario nelle stesse condizioni degli altri paesi europei”.
O lanciare un altro tema che, promette, “farà molto parlare nei prossimi mesi”: “I fondi pensione che in Italia sono numerosissimi e spesso piccoli, in molti casi hanno un grado di investimento nel nostro paese che è fra i più bassi a livello europeo, e forse a livello mondiale”.
Ma queste novità (“vedrete che le faremo, come è successo per la riforma delle Popolari, di cui già parlavano Ciampi e Draghi nel 1998”) si devono inquadrare in una cornice precisa: aprie, cari imprenditori, le porte delle vostre imprese agli investitori, italiani e stranieri, senza più contare su legami opachi per conservare il potere, magari a scapito della salute delle imprese. Datevi da fare perché “dare tutte le colpe alla politica è comodo ma ingiusto: abbiamo un problema di classe dirigente”. Parole forti, però, come diceva Chesterton, “la democrazia è il governo dei maleducati e l’aristocrazia è il governo degli educati male”: ogni riferimento all’editoriale d’addio dell’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli (“Renzi è un maleducato di talento”) è probabilmente voluto. Ma bando alle frecciate polemiche, l’appello è rivolto “al tessuto di un sistema imprenditoriale forte” che in anni di profonda crisi “ha visto molte aziende riuscire ad affermarsi e arrivare anche alla quotazione in Borsa”. Mica troppe, per la verità, anche se ora la Borsa di Milano ha recuperato terreno, grazie alla spinta assicurata dal Qe di Draghi. Ma la capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è di poco superiore al 30 per cento del pil italiano, contro il 45 per cento della Germania o il 50 per cento della Spagna. Renzi, dunque, ha senz’altro ragione a chiedere un balzo in avanti, favorito pure da fondi pensione più agguerriti. Forse, però, complici le nuove difficoltà create nei conti pubblici dalla Consulta che ha cassato un pezzo di riforma Fornero, Renzi tornerà presto a bussare ai capitalisti privati per un altro dossier: è il caso di accelerare il passo delle privatizzazioni. Dall’atteso 1 per cento del pil del 2013, si è scesi all’obiettivo dello 0,7 nel 2014 e allo 0,3 per l’anno in corso. Privati, fatevi avanti. (u.ber.)