La parabola della legge renziana sugli ecoreati
Roma. Forse perché un po’ sovrastata dalla riforma della scuola, dalla vicenda pensioni e dalla lite europea sugli immigrati, la nuova legge sui reati ambientali, approvata definitivamente dal Senato martedì 19, non pare aver ricevuto una ribalta mediatica adeguata. Così il suo artefice, il ministro dell’Ambiente e della tutela del mare e del territorio Gian Luca Galletti, sponsorizza con interviste quella che definisce “una svolta storica”. Dove la storicità risiederebbe intanto nel fatto che “introdurre reati ambientali nel codice penale è di per sé un cambiamento senza precedenti”. Di pari portata, per Galletti, sono “le certezze attese da anni su attività illegali come l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento di controllo”. Egualmente storico – pur con alcuni distinguo, come vedremo – sarebbe il sì arrivato dai grillini ed il plauso di movimenti come Legambiente, o della “società civile” come Libera. Tutto un giubilare. Benché il premier Matteo Renzi, pur tuittando a festa, non abbia confezionato un hashtag apposito (tipo #labuonascuola, per intenderci), ma abbia riutilizzato l’evergreen #lavoltabuona. Ad ogni modo Galletti, cattolico ed ex presidente dei deputati Udc, che nel 2009 si era candidato alla presidenza dell’Emilia-Romagna ottenendo il 4,2 per cento di voti ma dichiarandosi favorevole alla realizzazione di una centrale nucleare “purché sicura e conveniente”, è insomma un ministro soddisfatto. E magari fiducioso in una riconferma (hai visto mai). Oltre a mettere d’accordo la maggioranza con i grillini (ma non tutti), con gli ambientalisti (ma non tutti) e con i movimenti antimafia (ma non tutti), Galletti poco tempo fa aveva indicato tra le scadenze importanti dell’anno, oltre alla conferenza sul clima di Parigi “la prossima enciclica del Papa proprio sull’ambiente”. Indispensabile dunque arrivare prima del Pontefice. Già, ma a quale prezzo? Alcuni esperti vogliono salvare almeno la forma: l’Italia ha finalmente una legislazione ambientale. Il che fa ulteriormente esultare il ministro: “Con questa non ci sarebbe stata l’assoluzione per il caso Eternit, o altri scempi”.
E tuttavia a molti, e non solo al mondo imprenditoriale, la legge è apparsa parecchio sbilanciata a favore della magistratura, alla quale viene delegata quasi interamente la sua applicazione attraverso, appunto, l’inserimento nel codice penale dell’intero blocco dei “delitti contro l'ambiente”, insomma una penalizzazione a tutto spiano. E anche affidata alla discrezionalità dei giudici: l’inquinamento ambientale, dice la nuova legge, è un’alterazione “abusiva” dell’ambiente. Ma chi stabilisce che cos’è abusivo? Risposta: i magistrati, che dovranno ricorrere ad apposite perizie. Si prevede dunque un gran lavoro di periti, magari di professionisti degli arbitrati, con conseguente lievitare delle fatture. E per inciso: il magistrato potrà contestare il suo perito o giocoforza si affiderà ai suoi calcoli in toto vedendosi quindi superato? E siccome la competenza ambientale è trasversale tra stato e regioni, è facile intuire anche un notevole attivismo dei Tar, quegli organismi che tutti (a parole) vorrebbero ridimensionare.
A dare l’impulso per allargare il campo d’azione della giustizia emendando il testo precedente approvato in terza lettura alla Camera – ovvero inserendo quell’aggettivo “abusivo” e il concetto di danno ambientale “irreversibile” – è stato, tra gli altri, al Senato, l’ex magistrato Felice Casson, Pd di tendenza civatiana, oggi candidato sindaco di Venezia. Casson, autore delle inchieste su Gladio, sulla strage di Peteano, sull’elettrosmog, è un beniamino dei cultori del complottismo, e a livello politico ha fatto da ponte con i grillini. Benché poi in dissenso dal gruppo, la portavoce Cinque stelle al Senato, Serenella Fucksia, abbia definito la legge “un’emerita ciofeca, foriera di danni maggiori, numerosi e lunghi contenziosi, sentenze equivoche e difformi rispetto all’attuale legislazione”. Non solo. La Fucksia giudica una balla mediatica dire che finora non esistevano reati penali ambientali: “Anzi, il codice del 1934 per alcuni casi prevedeva l’ergastolo”. Fucksia, in questo caso, dimentica che la legislazione, finora,ha usato norme derivanti da altri contesti come surrogato dei reati ambientali. Una regolamentazione ad hoc era stata invocata dalla Corte costituzionale nel 2008. Mentre se Libera proclama che “eco-giustizia è fatta in quanto ecomafiosi ed ecocriminali non la faranno più franca”, il bioprete Maurizio Patriciello, parroco front-man della campagna mediatica sulla “Terra dei fuochi”, blogger sul “Fatto quotidiano” e beniamino dei talk show alla Travaglio & Santoro, se la prende con i troppi avverbi e aggettivi dei quali è disseminato il provvedimento: “Che vuol dire significativamente? E danno misurabile? E irreversibile? E abusivamente?”. Insomma, se ne è accorto pure il parroco di Parco Verde, che pure probabilmente auspicherebbe un'ulteriore stretta anti-industria.
Il problema è ben più profondo: è palese il contrasto con i fondamenti del diritto. Introdurre reati vaghi nel codice penale, oltre a essere contrario al buon senso, è anche in contrasto col principio costituzionale di tassatività delle norme penali e perciò una legge siffatta è esposta a potenziali ricorsi presso la Corte una volta che cominceranno i processi. Pure il capo dei Verdi Angelo Bonelli, nonché il magistrato ambientalista Gianfranco Amendola sono in dissenso: contraddizioni in seno al popolo? Per fortuna la legge ha perso per strada norme assurde che avrebbero messo l’Italia fuori dalla ricerca e dal mercato mondiale, tipo il divieto della tecnologia Air-gun, cioè i cannoni ad aria compressa usati dalle compagnie petrolifere e da istituti di ricerca per sondare i fondali marini. Ora, un po’ pro-forma, Galletti promette di farsi promotore “di una riflessione a livello europeo” sulla questione Air-gun magari dimenticando che l’ambasciatore inglese Christopher Prentice aveva definito l’idea di perseguire penalmente le compagnie petrolifere “misure assurde ed estreme che rischiano di cancellare dall’Italia investimenti per 10 miliardi”. Infine c’è dell’altro che non convince affatto. Innanzi tutto la mancanza di un’idea contemporanea dell’ambiente come fonte (anche) di ricchezza, di investimento in tecnologie avanzate e di profitto. L’ambiente qui è degradato al solito “bene comune” da tutelare a suon di carcere, magistrati e perizie. Non solo. C’è poi il fatto che non viene per niente eliminato, semmai aggravato, il vero handicap nazionale in materia di regole ambientali, cioè l’affastellarsi di procedure amministrative e sanzioni penali confuse.
[**Video_box_2**]Come ha scritto il sostituto procuratore di Udine Viviana Del Tedesco – il pm che aveva perseguito le aziende che si erano inventate emergenze ambientali inesistenti al fine di ottenere sovvenzioni pubbliche per bonificare la laguna di Grado e Marano – a pagare lo scotto più alto sono gli imprenditori onesti, a causa di una “produzione normativa ipertrofica”, della “confusione che regna sovrana” e del “rinvio ad allegati dove si fa riferimento a soglie astratte di contaminazione”. Quindi, si chiede Del Tedesco, “ma è in colpa colui che non sa nemmeno che cosa deve fare per essere a norma?”. Domande poste dalla pm alle massime istituzioni dello stato nel rapporto 2015 dell’associazione Italiadecide, intitolato “Semplificare è possibile: come le pubbliche amministrazioni potrebbero fare pace con le imprese”. Di tutto questo nella legge non c’è traccia.