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Il Partenone incompatibile

Giuliano Ferrara
Leggere lo scacchista americano Rogoff e il ministro tedesco Schäuble, trovarli normali e nemmeno troppo distanti, concluderne che il governo socialista di Atene, motociclista e barricadero, non c’entra niente con l’euro.

Ieri campeggiavano le notizie eurogrexit. Exit sì e no. Può avvenire un incidente. Finisce con il controllo dei capitali e una doppia virtuale moneta. Bisogna che l’uno o l’altro dia un ultimatum all’interlocutore. A Dresda c’è il G7 sotto presidenza tedesca con tutti i banchieri che contano da Draghi alla Lagarde, gli americani vogliono un compromesso accelerato e alla Frauenkirche non si potrà parlare di solo Nepal o di sola Ucraina o magari del casino mondiale alla Fifa a Zurigo con Putin che strepita. Tsipras e Varoufakis assediati da una minoranza di casseur siryziani reagiscono alle pressioni “asfissianti” dell’eurogruppo sull’Iva e il salario minimo preannunciando un accordo imminente che la Troika smentisce. Intanto la Zeit della Linke borghese di Amburgo licenziava il testo di una conversazione tra l’economista Kenneth Rogoff e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, e chi abbia una visione realista e ordinata del mondo, forse un filino filistea, poteva respirare. Rogoff, lo sapete, è un eccellente scacchista professionale, molto dotato, e un economista di levatura che ha previsto in tempo e solitario la deriva finanziaria deregolamentata ma è un nemico storico della filiera Joseph Stiglitz (ora il Nobel è con Hillary Clinton, auguri, speriamo gli vada meglio di come gli andò col marito Bill), Thomas Piketty eccetera, quelli delle diseguaglianze e del rigetto dell’austerità e della globalizzazione fallita.

 

Schäuble e Rogoff in tutto questo bailamme sembravano due persone normali, magari in disaccordo sulle politiche espansive, che il tedesco rivendica d’aver promosso e l’americano vorrebbe più coraggiose, anche da parte della Bce che dovrebbe puntare a un’inflazione del 4 per cento o 6 per cento (!), ma in accordo su una questione di sostanza: gli indebitati, da sempre, cercano o nel Fondo monetario o negli stati opulenti e capifila di sistemi intergovernativi o nelle banche o nel destino cinico e baro il capro espiatorio della situazione incresciosa in cui si trovano, tra quattrini che non ci sono, lavoro che si dissolve, ricchezza sociale che si sperpera, tasse che nessuno paga, improduttività dilagante, e contorno di crisi umanitaria (che poi sarebbe la nuova versione ideologica della crisi economico-sociale). Perché dico normali? Perché andavano alla sostanza della faccenda: non si può volere tutto, l’euro i mercati aperti e l’autarchia, i prestiti dei capitalisti senza le riforme capitalistiche, non si può avere una popolazione di impiegati superiore alla media europea, un salario minimo superiore, la pretesa di ricominciare ad assumere con l’acqua del deficit alla gola, il rifiuto di serie privatizzazioni, pensioni fuori controllo, e il tutto con le casse svuotate da decenni di bugie, di clientelismo fattosi sistema, di tasse in esenzione per i comparti decisivi dell’economia, non si può volere sovranità per i propri elettori e sudditanza per gli elettori degli altri. Il debito greco è già stato in parte condonato tre anni fa, dice Schäuble, e in parte ristrutturato, il servizio sul debito pesa meno per i greci che per i tedeschi, e alla fine gli economisti possono dire quello che vogliono, perché parlano di soldi che non sono i loro, ma chi governa ha altri problemi. E non è, come pensa anche il tecnocrate Mario Monti, una sopravvalutazione della filosofia morale come Ersatz, come sostituto del pensiero economico, è proprio una contraddizione che non consente la conclusione. La conclusione dell’accordo, che magari ci sarà magari no, ma comunque si appresti a essere, se ci sia, sarà ancora un accordo parziale e non risolutivo, l’allungamento della saga extend and pretend.

 

[**Video_box_2**]Gli americani fanno finta di niente, e non vogliono altre grane, e in tanti hanno paura delle conseguenze e del contagio, ma questa che si gioca tra i mercati i governi e i capitali circolanti è una guerra dei mondi: la scacchiera dell’harvardiano Rogoff, la sedia a rotelle del luterano Schäuble, la motocicletta e il casco del nomade Varoufakis, le allegre forzature di Alexis Tsipras e del suo portavoce Sakellaridis, i pallori di Dresda risorta e il colorito primaverile di Atene con il suo governo social-antagonista, con i suoi esperimenti di blackmailing governance a spese degli altri, con il registratore che origlia i vertici al posto del registro della partita doppia, e il vecchio Schäuble che dice sconsolato: non sono spaventato da certi metodi, ho trattato anche con i ministri di Honecker all’epoca della riunificazione, uno deve parlare con gli altri per come sono e non per come vorrebbe che fossero.

 

Gli antagonisti del Partenone sono i veri impresentabili, in tutta questa faccenda di podemos, di possibili, di antipolitici, di sparafucile a sinistra e a destra e per ogni dove. Bisognerà tirare somme politiche, alla fine: è compatibile con l’Europa un governo socialista e populista, barricadero e social-nazionalista? Si può allungare il brodo, gli stati possono delegare ai tecnici i concordati e le ristrutturazioni del debito, ma alla fine: è compatibile? La risposta è probabilmente un lungo, tortuoso e pericoloso: no.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.