Mercati e morale
La dottrina Schäuble spiegata a Renzi e Tsipras. Un documento inedito
Roma. “Gli ultimi sette anni sono stati difficili. La scalata davanti a noi rimane impegnativa, ma una caduta nell’abisso è stata scongiurata. Nel lungo periodo, la creatività e l’ingegno, non la spesa pubblica, continueranno a farci procedere su per la roccia che abbiamo di fronte”. Così Alberto Alesina, economista italiano in servizio effettivo permanente negli Stati Uniti, già preside del dipartimento di Economia di Harvard, ha concluso il suo intervento di fronte ai ministri dell’Economia e ai banchieri centrali durante un incontro a porte chiuse del G7 di Dresda che è terminato ieri. Alesina era l’unico italiano di un manipolo di “sette economisti tra i più celebri al mondo” – ha scritto ieri il New York Times – che, secondo il quotidiano americano, hanno tenuto “un corso di master” per i sette ministri dell’Economia dei grandi paesi (incluso l’italiano Pier Carlo Padoan). Assieme ad Alesina c’erano il collega di Harvard Kenneth Rogoff, il premio Nobel Robert J. Shiller, l’ex segretario al Tesoro americano Lawrence Summers, il tedesco Martin Hellwig (dirigente del Max Planck Institute), l’ultra mediatico Nouriel Roubini e Jaime Caruana della Banca dei regolamenti internazionali. Tale innesto di “accademia” nello svolgimento dei lavori è stato voluto proprio dal Bundesfinanzminister, Wolfgang Schäuble, il cui vice ha direttamente contattato i sette economisti. L’obiettivo non era rafforzare il solo punto di vista tedesco sulla crisi, così si spiega la presenza di Summers che avrebbe insistito sulla necessità di maggiore spesa pubblica in infrastrutture, con buona pace del rigorismo fiscale di Berlino. Ma è indubbio che i ragionamenti di Alesina – che secondo il Foglio contenevano non pochi rimandi al caso italiano – siano stati ampiamente condivisi da Schäuble.
Il ministro tedesco Schäuble, nella conferenza stampa di chiusura del G7 che ha tenuto ieri con il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, ha detto che “una crescita sostenibile richiede finanze pubbliche in ordine”. Quando poi ha ammesso il possibile ruolo della “domanda interna” nel sostenere l’economia nei paesi occidentali, ha aggiunto subito dopo l’aggettivo “privata”. Come per prendere le distanze da chi chiede un ruolo per la mano pubblica nel sostenere la domanda. E come per citare lo stesso Alesina. L’economista italiano infatti, il giorno prima, aveva esordito dicendo che è “profondamente sbagliato aumentare la spesa pubblica dimenticandosi dei debiti già contratti”. E “sbagliato” è “aggredire frontalmente il debito elevato incrementando subito le entrate dello stato”. La via di mezzo, quindi, è il sostegno alla “domanda privata, nello specifico i consumi, gli investimenti e le esportazioni”. “Dobbiamo spostare la domanda aggregata dal settore pubblico a quello privato”. Musica per le orecchie di Schäuble. Dopodiché Alesina ha articolato la metafora dell’“arrampicata”, disciplina sportiva di cui è appassionato. “Quando scali una montagna, prima di compiere un movimento difficile, devi seguire questa regola: muovi un arto alla volta. Ti assicuri di avere una salda presa con almeno una mano e un piede, così se il movimento non riesce non cadi nel vuoto”. Nell’Eurozona “ci sono due tipi di scalatori”. Quelli più a rischio, tra cui Italia, Portogallo e Irlanda, hanno un debito pubblico monstre che gli può far perdere l’equilibrio da un momento all’altro. Per Alesina “un vasto corpo di ricerche empiriche” dimostra, specialmente per i paesi con imposte già elevate, che “il moltiplicatore delle tasse è maggiore di quello della spesa. Questo comporta che tagli di tasse stimolano la domanda dei consumatori più del declino della domanda aggregata generato dai tagli di spesa”. “Tagli di spesa e tagli di tasse della stessa misura sono espansivi”. Alesina, in questi anni di dibattito sui meriti o i demeriti dell’austerity fiscale, è sempre stato tra i maggiori sostenitori dei tagli alla spesa; questa volta, di fronte a ministri e banchieri centrali, sembra aver preferito un approccio più prudente. Ammesso (e non concesso, avrebbe aggiunto forse Alesina) che i tagli di spesa riducano la crescita, l’economista italiano continua a consigliarli se abbinati a riduzioni di tasse. Ricordando tra l’altro che, come dimostrano le recenti elezioni inglesi, o quanto avvenuto in Canada e Svezia negli anni 90, “i tagli alla spesa non equivalgono a un suicidio politico per chi li mette in atto”. Dove tagliare, dunque? Alesina generalizza alcune lezioni che, secondo lui, emergono chiaramente dal caso italiano: occorre meno spesa previdenziale (“in Italia stiamo raggiungendo l’assurdo per cui i giovani non trovano occupazione perché le tasse sul lavoro sono molto alte così da poter pagare le pensioni dei genitori”) e meno spesa per università e sanità pubbliche (spingendo i più ricchi a pagare di più). Unico potente assist al governo Renzi: “L’Italia ha recentemente approvato una riforma del mercato del lavoro eccellente”. Dopo di lui il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha ammesso che molti dei suoi interlocutori sono “colpiti dal fatto che le cose sembrano riprendersi nel nostro paese”.
Secondo Alesina, altri paesi-scalatori sono in posizione “molto più sicura”, come la Germania. In questo caso l’economista dunque ha indirettamente criticato le posizioni troppo ortodosse di Berlino: “Il rischio d’inflazione lì è minimo, e uno stimolo nel paese potrebbe contribuire a riequilibrare le partite correnti nell’Eurozona”. Più in generale, però, la carenza d’infrastrutture non figura nella “top five” dei problemi delle economie occidentali, angosciate dalla stagnazione secolare: “I ricchi paesi del G7 sono già vicini alla frontiera tecnologica, crescono grazie all’innovazione”. Da qui l’idea che allo scalatore sia necessaria “più creatività, più ingegno e meno spesa pubblica”. Mentre il ministro tedesco Schäuble ha consigliato meno “ottimismo” al governo greco: “Le notizie positive che riceviamo da Atene non corrispondono pienamente alle notizie che ho sulle trattative”, ha detto prima di affermare che ai negoziati tra Grecia e creditori internazionali sono stati dedicati “pochi minuti” al G7. Minuti sufficienti però a far rimanere ancora ieri col fiato sospeso i mercati mondiali e l’America in particolare.