John Nash (foto LaPresse)

Se dietro la moneta elettronica ci fosse la “beautiful mind” di John Nash?

Luciano Capone
Esiste una moneta ideale? O meglio, che caratteristiche dovrebbe avere una moneta ideale? Se lo chiedeva e provava a dare una risposta John Nash, il matematico e premio Nobel per l’Economia scomparso pochi giorni fa insieme alla moglie in un incidente stradale.

Milano. Esiste una moneta ideale? O meglio, che caratteristiche dovrebbe avere una moneta ideale? Se lo chiedeva e provava a dare una risposta John Nash, il matematico e premio Nobel per l’Economia scomparso pochi giorni fa insieme alla moglie in un incidente stradale. Nash è noto al grande pubblico per il film “A beautiful mind” con Russell Crowe, che racconta la sua lunghissima lotta contro la schizofrenia, e tra gli addetti ai lavori per il suo contributo alla “teoria dei giochi”, fatto di poche decine di pagine pubblicate negli anni 50 che hanno avuto un impatto rivoluzionario sulla teoria economica. Più recentemente il matematico aveva iniziato a occuparsi del mezzo di interazione economica per eccellenza in un articolo pubblicato nel 2002, dal titolo “Ideal money”, e in una serie di discorsi tenuti in giro per il mondo.

 

In un gioco cooperativo qual è quello degli scambi economici, il ruolo principale della moneta è di permettere trasferimenti di utilità, quindi assolve a questo compito in maniera tanto più efficiente quanto più mantiene un valore costante. In questo senso la “cattiva moneta” differisce dalla “buona moneta” perché tende a svalutarsi influenzando in maniera negativa gli investimenti e i comportamenti economici rivolti al lungo termine. Insomma, Nash ce l’ha con il pensiero keynesiano e lo dice chiaramente. I keynesiani sono favorevoli all’esistenza di istituzioni pubbliche manipolatrici come “la Banca centrale e il Tesoro che cercano continuamente di raggiungere gli obiettivi di ‘benessere economico’ con poco riguardo per la reputazione della moneta nel lungo termine”. D’altronde, ricorda Nash, per Keynes “nel lungo termine siamo tutti morti”.

 

Senza usare molti giri di parole, il Nobel dice che in questo i discepoli dell’economista britannico sono come i comunisti. I keynesiani promettono benessere economico attraverso buoni manager che sappiano usare le leve del Tesoro e della Banca centrale, un po’ come i bolscevichi promettevano di fornire qualcosa di meglio della “democrazia borghese”. “Ma alla fine la ‘dittatura del proletariato’ è sembrata diventare piuttosto una dittatura di regime. Ci può essere un’analogia con i keynesiani che, mentre hanno affermato di operare per alti e nobili obiettivi di benessere generale”, non hanno fatto altro che “rendere per i governi più facile ‘stampare soldi’”.

 

La mancanza di trasparenza delle politiche monetarie keynesiane è stata superata dalla scelta delle Banche centrali di adottare una politica di “inflazione programmata”, un metodo migliore ma comunque discrezionale e diverso dall’ideale “inflazione zero”: “Razionalmente la moneta dovrebbe avere la funzione di uno standard di misura, come il metro, il watt, l’ora”. La “moneta ideale” secondo Nash dovrebbe essere quindi sottratta al potere discrezionale delle Banche centrali e legata a uno specifico indice dei prezzi di commodity scambiate a livello internazionale, una specie di gold standard aggiornato.

 

[**Video_box_2**]Il matematico, che diceva di ispirarsi agli scritti del Nobel Friedrich von Hayek, riconosceva come quello fosse un sistema politicamente impossibile da realizzare e quindi proponeva un second best, una “moneta asintoticamente ideale”. Le monete con “inflazione programmata” sono un notevole passo avanti, “ora c’è l’euro e la vecchia tradizione inflazionistica dell’Italia appartiene alla storia”, ma per migliorare ulteriormente la qualità della moneta è necessario che ci sia maggiore concorrenza tra valute e quindi maggiore possibilità di scegliere quella più stabile. In questo modo l’opinione pubblica attraverso il mercato può fare “pressione per una moneta di buona qualità”. La riflessione di Nash sulla “moneta ideale” è tutta rivolta a limitare la dipendenza “dalle sabbie mobili delle decisioni politiche e dalle azioni arbitrarie di una burocrazia di funzionari”, la stessa che in un certo senso è alla base delle monete digitali “decentralizzate” come Bitcoin, al punto che nei forum di libertari e appassionati c’è chi sostiene che il misterioso Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo che ha inventato il protocollo Bitcoin, sia in realtà proprio John Nash. Si tratta ovviamente di fantascienza, frutto dell’immaginazione, per quanto tutto ciò sia suggestivo. Tra l’altro il valore dei Bitcoin, a causa della rigidità del protocollo, è caratterizzato da una forte volatilità, cosa che Nash indicava come negativa. Ma già c’è chi per cercare di stabilizzare il prezzo dei Bitcoin propone di legare l’offerta monetaria a un “commodity price index”. Proprio come suggeriva la “beautiful mind”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali