La mossa populista delle firme 'No Euro' di Grillo, numeri alla mano, è un fallimento totale
“Gli esperti dicono che entrare e uscire dall’euro non è una cosa così tragica”. Con queste parole il redivivo Vito Crimi ha annunciato la consegna al Senato delle 200mila firme raccolte dal Movimento 5 Stelle per un referendum per l’uscita dalla moneta comune europea. L’idea si scontra con l’impossibilita costituzionale di indire referendum su trattati internazionali e per aggirare l’ostacolo i grillini propongono un percorso farraginoso: dopo aver depositato le firme per discutere una legge di iniziativa popolare (sono necessarie 50mila firme), il Parlamento in cui il M5s è solo una minoranza dovrebbe approvare una legge costituzionale con una maggioranza dei due terzi (altrimenti con una maggioranza semplice ci sarebbe anche il passaggio di un referendum confermativo) per indire un referendum consultivo per l’uscita dall’euro. Il tutto dovrebbe essere fatto in tempi rapidissimi affinché la consultazione si svolga tra dicembre 2015 e gennaio 2016. Quindi governo e Parlamento dovrebbero lasciar stare ogni altra riforma per occuparsi del referendum contro l’euro. Una volta indetto il referendum e chiamati i cittadini al voto, nel caso in cui la maggioranza degli elettori si esprimesse a favore dell’uscita dalla moneta unica, non si tornerebbe immediatamente alla Lira, perché trattandosi di un referendum consultivo ci sarebbe bisogno di un altro passaggio dal governo Renzi o dal Parlamento.
Questo ovviamente se nel frattempo lo stato non è andato già in default a causa dell’impennata dello spread o se non è collassato il sistema bancario. Perché un referendum sull’euro ha il piccolo difetto che la sola ipotesi di uscita spingerebbe i cittadini a una corsa agli sportelli (bank run) per evitare le conseguenze della svalutazione sui propri risparmi e la cosa farebbe fallire le banche prima ancora degli exit poll. Prima che l’Italia esca dall’euro sarebbero gli euro a uscire dall’Italia, come ci sta mostrando la crisi della Grecia degli ultimi mesi. È per tutti questi motivi che un partito anti-euro come la Lega, che ha recentemente rilanciato proprio sul Foglio l’uscita dall’Euro come punto cardine per un’alleanza di centrodestra, giudica il referendum grillino una presa in giro.
Anche al M5s è evidente che questo complicatissimo processo referendario è impercorribile e irrealizzabile, ma l’obiettivo dei grillini è tutto politico: mobilitare le masse attorno a una proposta populista irrealizzabile che però promette di guarire ogni male attraverso la stampante magica della “sovranità monetaria”. Ma è proprio su questo terreno che la campagna referendaria del M5s, a differenza del “reddito di cittadinanza” che ha invece conquistato il centro del dibattito politico, è stata un fallimento totale. Quando durante la kermesse al Circo Massimo Beppe Grillo lanciò la raccolta firme fissò un obiettivo ambizioso: “Raccoglieremo un milione di firme in sei mesi, come abbiamo fatto con le 350mila del V-day”. E la raccolta firme pareva andare benissimo: “In un solo weekend – dichiarava il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio - abbiamo raccolte le 50mila firme per depositare il referendum sull’euro. Nei prossimi mesi ne raccoglieremo milioni”. E infatti Grillo aveva addirittura triplicato l’obiettivo: “Porteremo 3 milioni di firme e chissà che non porteremo a casa un risultato storico”. Forte di consenso di massa il M5s avrebbe messo le altre forze politiche e i media con le spalle al muro: “Più firme raccoglieremo più costringeremo televisioni, giornali e partiti a parlare di euro, diceva Grillo. "La Lega ha fatto campagna per uscire dall'euro, voglio vedere se hanno la faccia per dire 'siamo contro'”.
[**Video_box_2**]Le cose non sono andate proprio così. Dopo sei mesi i grillini hanno raccolto solo 200mila firme, 5 volte in meno di quanto indicato inizialmente e 15 volte meno dell’obiettivo finale di 3 milioni. Considerando i risultati delle ultime elezioni europee, in cui il M5s ha raccolto quasi 6 milioni di voti, le 200mila rappresentano circa il 3,5 per cento degli elettori grillini, dato che si riduce ulteriormente se si tiene conto dell’intero bacino di cittadini su posizioni 'No Euro' che supera i confini pentastellati.