All'origine del vero peccato (e del vero vizio) della Grecia
Roma. Davvero la lezione dalla vicenda greca, comunque vada a finire, è che bisogna fare un passo avanti verso un’ulteriore cessione di sovranità, un‘unione fiscale e politica, con un proprio bilancio capace di assorbire gli choc, con un politico e non un tecnocrate al governo dell’economia, come dice Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli affari europei? (la Repubblica 12 giugno)
Quello che la Grecia insegna è che i vincoli del trattato di Maastricht, essenzialmente il divieto degli aiuti di stato e del finanziamento del deficit, non bastano a portare il paese su un sentiero di crescita ordinata. Nel caso greco si sono succeduti governi che o hanno ingannato o si propongono di ingannare il loro Paese e l’Europa: le carte si possono falsificare, i ricchi possono non pagare le imposte e i poveri andare in pensione presto; e se va male, basta pulire la lavagna e ripartire con un programma castro-chavista.
Che cosa sarebbe cambiato se la "ever closer union", oltre che garantire le quattro libertà, oltre che monetary union e banking union, fosse stata anche una fiscal union? Che i bilanci greci erano falsi, Eurostat aveva tutti i mezzi per scoprirlo. Fosse per i soldi, i miliardi per evitare il default sarebbero già pronti. Quello che manca alla Grecia è recepire nei comportamenti ciò che chiede il trattato come è oggi: quindi far pagare le imposte anche agli amici, non fare della Pubblica Amministrazione il bancomat dei posti di lavoro, distinguere previdenza da assistenza. Ma per farlo manca il capitale sociale. A che cosa serve un “vero potere di bilancio della zona euro anche per assorbire gli choc” quando il capitale di cui c’è bisogno è sociale e non monetario? Quando lo choc non è da assorbire ma da provocare?
Quel capitale, non lo può fornire l’Unione: non è tra i suoi compiti, non è previsto in nessuna norma del Trattato, non lo sarebbe neppure se diventasse uno stato federale. L’Ue può mandare la Troika. C’è un generale consenso che quel programma fosse eccessivamente pesante; anche se, pare, ha comunque prodotto un certo miglioramento nei conti pubblici: ma non ha prodotto capitale sociale. Lo avrebbe prodotto un programma gestito da “un forte esecutivo controllato dal Parlamento europeo”? Nella migliore delle ipotesi finirebbe con una versione del nostro Mezzogiorno, molto in peggio, sia perché meno ricco e infrastrutturato, sia perché senza 150 anni di storia unitaria alle spalle. Nessuno, se non i cittadini greci possono sottoscrivere l’aumento di capitale sociale di cui ha bisogno la Grecia.
La Grecia è proprio la dimostrazione del perché non si debba andare verso l’ulteriore cessione di sovranità che Gozi caldeggia. Già i separatisti in Scozia, in Catalogna e, sottotraccia, in Veneto, non accettano che certe decisioni vengano prese dalla maggioranza che si forma nei Parlamenti nazionali: figurarsi per decisioni che riguardano un intero paese e vengono prese nell’europarlamento. Allontanare i centri decisionali deresponsabilizza, mutualizzare le politiche economiche elargisce illusioni, mentre si creano tensioni che nessun Trattato riuscirà a contenere. E che si andranno ad aggiungere ai populismi che crescono nei paesi europei, diversi tra loro ma tutti con l’euro nel mirino.
[**Video_box_2**]Nella sua intervista al Corriere il premier greco Alexis Tsipras ha insinuato che, in caso di Grexit, pure l’Italia correrebbe rischi, e ha istituito paragoni tra le situazioni italiana e greca. Aldilà del ricattuccio, variante ellenica alla teoria dei giochi, cui ha risposto seccamente il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, non è che quello del capitale umano non sia “il” problema nella patria del familismo amorale, delle corruzioni ramificate, delle inadempienze sistematiche. Non consuma capitale sociale una scuola che rifiuta il merito come elemento di valutazione, sia per sé sia per gli allievi? Non consuma capitale sociale l’irriformabile Pubblica Amministrazione? Una "closer union" non serve a stimolarne la crescita: in un paese renitente si può mandare la Troika che guardi a vista gli atti di governo, e non è servito. Ma noi siamo “contributori netti” della cultura politica europea, noi siamo entrati nell’euro con governanti europeisti della caratura di Amato, Ciampi, Prodi, Monti, Letta; noi, senza bisogno di stimoli, siamo tra i primi a ratificare, recepire, emanare.
Cambierebbe qualcosa con un governo – Dio ce ne scampi – “politico non tecnocratico dell’euro”, con una “cooperazione rafforzata”? Per irritante che sia il paragone di Tsipras, questa è la lezione della Grecia: anche noi abbiamo un deficit di capitale sociale, e anche a noi nessuno lo può dare. Per colmarlo non c’è altro che attuare riforme che disboschino la rete di collusioni e connivenze dove lo si consuma. Non ci illuda, non si illuda il sottosegretario Gozi: l’aumento di capitale sociale non sarebbe certo una fiscal o una political union a sottoscriverlo per noi.