Consumo, ergo sum

Alberto Brambilla
Se la recessione ha certamente cambiato il panorama economico, ha anche profondamente modificato le scelte di tanti consumatori italiani. Non sempre nella direzione di marcia un po’ pauperista e molto catastrofista spesso descritta da talk show e telegiornali vari.

Roma. Se la recessione ha certamente cambiato il panorama economico, ha anche profondamente modificato le scelte di tanti consumatori italiani. Non sempre nella direzione di marcia un po’ pauperista e molto catastrofista spesso descritta da talk show e telegiornali vari. Oltre ad avere imparato spesso a vivere usando prodotti meno costosi, gli italiani sempre di più sanno anche come cercarne di nuovi confrontando offerte, prezzi e rivenditori in maniera attenta e autonoma. Dal punto di vista dei distributori e dei produttori, al problema di recuperare rapidamente fatturato se ne aggiunge un altro di carattere strategico, da affrontare prossimamente: come si comporteranno i consumatori una volta che l’economia ripartirà?


Migliora l’indice di fiducia, dalla stabilizzazione alla ripresa


Due studi separati condotti dalla società di consulenza Nielsen sulla grande distribuzione, supermercati e ipermercati, che sono anche tra i suoi clienti, forniscono indizi circa la mutazione (in corso) del consumatore italiano. Il Foglio li ha letti in anteprima e ne anticipa in questa pagina alcuni contenuti. Dall’indagine “Global New Product Innovation”, condotta su 30 mila persone in 60 paesi, in uscita oggi, emerge che oltre la metà degli italiani (57 per cento) è propensa all’acquisto di nuovi prodotti in misura maggiore della media europea (44 per cento), ovvero dichiara di avere acquistato nell’ultima spesa al supermercato almeno un prodotto mai usato prima. L’acquisto di prodotti nuovi non è eccessivamente pregiudicato dalla congiuntura negativa (che trattiene dall’acquisto il 29 per cento del campione, contro il 38 della media europea) e, al netto della convenienza rilevata rispetto a un prodotto acquistato in precedenza, c’è la disponibilità a pagare un prezzo più alto (28 per cento, contro il 10 della media Ue) soprattutto se il bene ha caratteristiche innovative ed è adatto a tutta la famiglia (aspetto meno importante in paesi come Francia e Germania).


Attenzione alla Basilicata. Effetto Melfi-Marchionne, e non solo


La televisione resta il canale informativo principe, ma i social network sono in crescita nella misura in cui fungono da potente mezzo per diffondere il “passaparola” soprattutto tra le generazioni nate dagli anni 80 ai primi Duemila. Alla luce di queste tendenze, le aziende non possono restare immobili e dovranno mobilitare tutti i rami dell’impresa (produzione, distribuzione, marketing) per adattarsi esplorando i possibili punti di contatto con i clienti: “L’innovazione di prodotto non è più un’opzione che l’azienda può decidere o meno di adottare. Data la crescente competitività sugli scaffali e l’atteggiamento degli italiani sempre più orientato verso la novità, ogni azienda è chiamata a mettere in cantiere nuove linee di prodotto e individuare le tipologie più desiderate”, dice l’ad di Nielsen Italia Giovanni Fantasia, il quale ritiene “indispensabile” capire le ragioni di un consumatore diventato selettivo al punto da imporsi come artefice ultimo del successo commerciale di un bene prima che sia esposto in vendita.


Dal 2010 è aumentato un bene a disposizione di noi consumatori, l’informazione


[**Video_box_2**]Se insomma gli italiani negli anni di crisi hanno rivisto le principali voci di spesa, hanno imparato a ridurre gli sprechi, a dedicare tempo ed energie proprie per fare acquisti convenienti, e hanno dimostrato minore affezione ai marchi a fronte dell’appeal in crescita di beni con caratteristiche evocative, in questo caso alimentari, considerati salutari o naturali ora acquistano con qualche sicurezza e pretesa in più. Ciò emerge da un’ulteriore analisi riservata, di recente offerta da Nielsen ai suoi clienti in Italia. La tendenza della fiducia dei consumatori, come emerge dalle slide che riproduciamo qui sotto, è passata da una fase di stabilizzazione a una di ripresa nei primi tre mesi di quest’anno; anche se la solidità del fenomeno è ancora da verificare. Gli operatori della grande distribuzione, per la prima volta dal 2011, tra gennaio e aprile hanno registrato un saldo positivo dei volumi venduti; l’inizio di un recupero. Nelle regioni del centro-sud, inoltre, Nielsen fa emergere un’altra tendenza significativa e finora sottovalutata: compiendo un confronto tra il 2014 e il 2013, emerge che lì dove si riduce la disoccupazione (Marche, Molise, Basilicata, Sicilia) i consumi di beni di largo consumo in ipermercati e supermercati hanno già registrato un sussulto. Come non se ne vedevano da tempo.


Ecco alcuni segni “più” di cui finora non avevate sentito parlare


Altro che decrescita felice, irrompe la sharing economy (ma come la misuriamo?)


  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.