Perché la Grexit è inevitabile ma forse non irreversibile
E’ evidente a tutti che la crisi greca rappresenta uno snodo cruciale della storia europea. La sua soluzione richiederà l’assunzione di grandi responsabilità da parte di chi è chiamato a decidere, ritengo tuttavia che il dramma si sia già consumato e che la Grexit sia la sola soluzione compatibile con la sopravvivenza dell’euro e forse della stessa Ue, quantomeno nelle sue forme attuali.
Il punto di partenza non può che essere il riconoscimento del fatto che il debito greco è insostenibile e non potrà mai essere non solo pagato ma neppure temporaneamente sostenuto dal paese.
I rimedi possibili a tale situazione sono due: a) larga parte del debito viene assorbito da un organo speciale dell’area euro che lo sostituisce con emissioni di titoli propri (Eurobond) e che rinegozia con la Grecia il debito, sostenendo e collettivizzando ingenti perdite; b) la Grecia fa semplicemente default sul suo debito, eventualmente rinegoziandone i termini con i creditori (pubblici e privati).
La prima soluzione presenta il serio limite di scaricare sui bilanci pubblici una quota significativa delle perdite che ciò comporta, mettendo in larga misura al riparo gli investitori privati, in primo luogo le tanto vituperate banche, che incautamente hanno prestato alla Grecia. Per questo e per altri motivi essa difficilmente potrebbe essere accettata da larga parte degli stati che dovrebbero accollarsi l’onere del default, ciò tanto più in quanto verosimilmente altri paesi dell’Ue fortemente indebitati, a cominciare dal nostro, chiederebbero che anche a loro fosse offerta una simile prospettiva.
La seconda soluzione non presenta seri problemi se accompagnata dall’abbandono dell’euro da parte della Grecia; essa sarebbe notevolmente facilitata dal fatto che il debito greco verrebbe ridenominato in dracme e che la svalutazione della dracma realizzerebbe già di per sé e immediatamente una netta riduzione del peso reale dello stesso.
Il rischio di contagio di questa soluzione sarebbe sensibilmente limitato essendo accompagnato dall’uscita di Atene dall’euro. Se invece il default fosse combinato con la permanenza nell’euro i mercati percepirebbero il segnale che si può fare default senza pagare il prezzo dell’uscita e attribuirebbero immediatamente un premio di rischio assai elevato ai paesi con un alto debito e che potrebbero essere allettati da una simile prospettiva: ciò spingerebbe immediatamente al rialzo i tassi sul debito pubblico di quei paesi, producendo una situazione non sostenibile e rendendo molto realistica anche per essi la prospettiva del default. A quel punto l’euro si sarebbe ridotto a un’area di generale insolvenza e irresponsabilità politica.
Certamente i mercati vedrebbero nell’uscita della Grecia dall’euro un evento che potrebbe ripetersi anche per altri paesi e sarebbero indotti a gravare i tassi del loro debito pubblico del premio corrispondente al rischio di tale evenienza. Al tempo stesso, i mercati e tutte le parti interessate, a cominciare dai governi, prenderebbero però nota del carattere drammatico di tale prospettiva e delle motivazioni che i paesi debitori avrebbero ad evitarla e i paesi creditori a consentire loro di farlo.
La volontà di evitare tale prospettiva è stata già chiaramente manifestata da tutti i paesi potenzialmente interessati, molti dei quali hanno già pagato una parte significativa del prezzo che ciò comporta (e che la Grecia ha clamorosamente rifiutato di pagare); essa potrebbe, e dovrebbe, tuttavia essere solennemente ribadita, quantomeno attraverso una forte manifestazione comune di volontà.
[**Video_box_2**]In sostanza mi sembra innegabile che il caso greco è ormai al di là di qualsiasi possibilità di soluzione concertata che sia insieme condivisa e sostenibile.
Nel nuovo contesto post-Grexit la solidarietà europea potrà manifestarsi su due versanti: quello di un risanamento graduale e pilotato delle finanze dei paesi debitori (al riguardo circolano alcune interessanti proposte di soluzione, in particolare quella di un gruppo di economisti tra i quali figurano il tedesco Feld e l’italiana Reichlin); quella di un sostegno economico alla Grecia dracmizzata, che giustifichi il permanere del suo legame con l’Europa e non escluda la possibilità di un futuro ritorno nella stessa moneta unica.