Perché Renzi dovrà scegliere tra le pensioni alla Boeri o alla Damiano
Roma. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, è stato coperto di critiche trasversali da politici, sindacati e media dopo aver rivelato le linee guida della sua proposta di riforma del sistema pensionistico mercoledì alla presentazione della relazione annuale dell’ente previdenziale più grande d’Europa.
I critici sostengono che abbia oltrepassato il suo ruolo di alto dirigente pubblico suggerendo articolate proposte al governo che sconfinano in consigli di politica economica per una revisione sostanziale del welfare. Boeri, docente di Economia alla Bocconi in aspettativa, ex editorialista di Repubblica, rivendica il diritto a concorrere nel dare un contributo di idee in vista della riforma previdenziale che sarà incardinata nella prossima legge di stabilità.
Prima della presentazione del rapporto, Boeri aveva incontrato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e il presidente del consiglio, Matteo Renzi, che l’ha nominato a febbraio, alimentando speculazioni circa una sicura copertura politica all’iniziativa che però porta a una sovrapposizione di competenze col ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti. Poletti ha detto che le proposte del presidente Inps saranno valutate insieme a quelle delle parti sociali e del Parlamento; non sono dunque così rivoluzionarie.
Boeri ha enunciato alcuni interventi all’insegna della “equità fra diverse generazioni e all’interno di ciascuna generazione” che non stravolgerebbero i vincoli di bilancio. Il primo è un sussidio minimo garantito per gli over 55 disoccupati, senza pensione né reddito. I media di destra, come Libero, si chiedono a proposito perché le casse sofferenti dell’Inps dovrebbero servire per produrre assistenzialismo e maliziosamente paventano una deriva greca, da “socialismo reale”, dell’Italia. Il secondo è un prelievo sulle pensioni più alte (sopra i 3.000 euro lordi) a favore di quelle più basse, ma resta da capire l’effetto concreto del trasferimento. Per non parlare del rischio di incostituzionalità alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che a maggio ha cassato il mancato adeguamento all’inflazione per le pensioni tre volte superiori ai minimi. Lamberto Dini, ex presidente del Consiglio e artefice della riforma pensionistica del 1995, sorpreso dalla “voglia di fare politica” di Boeri, ne ha invocato le dimissioni: “Boeri fa demagogia perché sostiene di tassare le pensioni più alte come se questi non avessero pagato i contributi a norma di legge: è demagogia e direi anche incostituzionale. Mi auguro che Renzi lo sostituisca”, ha detto. Il terzo suggerimento chiave riguarda la possibilità per un lavoratore di anticipare l’uscita dalla vita lavorativa prima dell’età pensionabile accettando una decurtazione dell’assegno mensile, prendendo meno a seconda degli anni di anticipo. La prospettiva ha allarmato i sindacati confederali che difendono in primis gli interessi dei pensionati; la maggioranza dei loro iscritti. E ha creato un conflitto con Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro per il Pd, e Pier Paolo Baretta, sottosegretario dell’Economia, che sono favorevoli a un’uscita flessibile ma propongono una penalizzazione inferiore.
[**Video_box_2**]Giuliano Cazzola, già dirigente del ministero del Lavoro, sostiene che Boeri ha intrapreso “una discutibile operazione di trasparenza ma non ha ancora portato a compimento una riforma interna dell’Inps” che ha un costo elevato (circa 4 miliardi l’anno) sebbene sia nella condizione di farlo: “Non penso che con le sue proposte abbia interesse a fare il Varoufakis della previdenza, andando allo sbaraglio. C’è chi sostiene che fosse Boeri la prima scelta di Renzi per il ministero del Lavoro. Ma il modo con cui il premier ha ‘licenziato’ una personalità come Tiziano Treu per far posto a Boeri è significativo. Quand’era presidente Antonio Mastrapasqua, ogni giorno qualcuno rivendicava una direzione collegiale all’Inps. Oggi non più. Anche il Dg (Massimo Cioffi) è persona di fiducia di Boeri. Nessuno si preoccupa più che all’Inps vi sia un uomo solo al comando, come si diceva di Mastrapasqua”.