Sigarette e non solo. Quando lo Stato che dà "spinte gentili" esagera
Oggi, come ogni lunedì, è andata in onda Oikonomia, la mia rubrica settimanale su Radio Radicale. Qui l'audio della rubrica, e di seguito il testo.
Il ministero della Salute italiano ha fatto sapere che entro la fine dell’anno saranno introdotte in Italia alcune misure per recepire la direttiva europea sul tabacco. Misure che daranno luogo a un giro di vite su vendite e pubblicità di sigarette, per esempio imponendo la pubblicazione di immagini choc, oltre alle già presenti avvertenze del tipo “Il fumo uccide”, che dovranno occupare il 65 per cento della superficie del pacchetto stesso; oppure la eliminazione dei pacchetti da 10 sigarette, considerati economicamente troppo alla portata dei fumatori più giovani.
Misure simili, nella teoria economica contemporanea, sono chiamate “spinte gentili”, o “nudge”. Così per esempio le ha ribattezzate Cass R. Sunstein che dal 2009 al 2012 ha ricoperto il ruolo di “zar della regolazione” dall’Amministrazione Obama, dirigendo l’Oira (Office of information and regulatory affairs). “Le spinte gentili – secondo Sunstein - costituiscono un approccio che non costringe nessuno a fare alcunché e salvaguarda la libertà di scelta di ognuno, ma che ha il potenziale di rendere la gente più sana, più ricca e più felice”. Le foto scioccanti sui pacchetti di sigarette sono soltanto un esempio di “spinta gentile”; ci sono poi l’obbligo per le case automobilistiche di rivelare i consumi delle nuove auto; oppure una campagna di sensibilizzazione contro l’uso degli sms quando si è alla guida. “Spinte gentili – sempre secondo il giurista dell’Università di Chicago - sono quegli approcci che influenzano le decisioni pur salvaguardando la libertà di scelta”. La “gentilezza” è il tratto distintivo rispetto alla minaccia di una condanna penale, inflitta a chi non si allaccia le cinture di sicurezza in auto; come pure non rientrano nella categoria della “spinta gentile” un aumento delle tasse sulle sigarette, perché modifica gli incentivi economici, o una multa.
Sunstein, nei suoi scritti, ricostruisce la nascita di questo approccio, oscillando tra storia politica e teoria economica. L’Oira, cioè l’Office of Information and Regulatory affairs della Casa Bianca, venne creato nel 1980 con l’intenzione di ridurre la documentazione cartacea necessaria: nessuna agenzia federale era autorizzata a chiedere ai cittadini americani di fornire informazioni o compilare moduli, a meno che l’Oira non avesse concesso il nullaosta.
Nel 1981 Ronald Reagan stabilì pure che “nessuna iniziativa di regolazione dovesse essere intrapresa a meno che i benefici sociali che ne potevano derivare non avessero superato i costi potenziali”, e la responsabilità di applicare questa direttiva fu affidata all’Oira. Oggi l’Oira si vanta di considerare costi e benefici sia quando vaglia nuove regole proposte dai vari dipartimenti dell’Amministrazione su questioni come la qualità dell’aria e delle acque, la sicurezza alimentare, la stabilità finanziaria, la sicurezza nazionale, l’assistenza sanitaria, l’energia, sia pure quando assolve al suo nuovo compito che Obama le ha assegnato che è quello di analizzare retrospettivamente le regolamentazioni più datate e, nel caso, eliminarle.
Per assolvere a questo suo compito, scrive Sunstein, negli ultimi anni si è sempre più spesso fatto riferimento all’“economia behaviorista che si propone di studiare il modo in cui la gente concretamente agisce e non quello in cui, secondo la teoria economica standard, dovrebbe agire”. Una scelta che è piaciuta anche al premier conservatore inglese, David Cameron, che nel suo Ufficio di gabinetto ha creato una cosiddetta “Nudge unit”, con il compito di dedicarsi all’accurata analisi empirica e alle spinte gentili. Sul sito web ufficiale di questa unità c’è scritto che il suo “lavoro si fonda sulle idee tratte dal crescente corpus di ricerche accademiche nei campi dell’economia e della psicologia comportamentali, che dimostrano come in molti casi mutamenti anche piccoli nel modo in cui le decisioni sono inquadrate possono fare una grande differenza”.
L’inquadramento delle decisioni è un aspetto fondamentale di questa teoria. “Le spinte gentili buone – per Sunstein - migliorano l’architettura della scelta”, dove per architettura della scelta si intende l’ambiente sociale in cui prendiamo le nostre decisioni. Per esempio, una libreria ha una sua “architettura della scelta”, che determina quali sono i libri che vediamo per primi e quelli che invece fatichiamo a trovare. L’autorità pubblica, secondo questo approccio, può contribuire nelle società contemporanee a modificare l’architettura della scelta per renderla più utile e semplice invece che dannosa o complessa. C’è questa volontà dietro l’impegno a fornire informazioni chiare sulle diete sane, o sui piani di assicurazione sanitaria; o anche dietro la pubblicazione di foto raccapriccianti sui pacchetti di sigarette. Perfino Sunstein però ammette che quando si va al di là della mera divulgazione dei fatti, e si cerca di spaventare i cittadini per catturare la loro attenzione, il confine tra “spinte gentili” e “paternalismo” vero e proprio viene oltrepassato. Il che non impedisce allo studioso americano di trovare argomentazioni favorevoli a un po’ di paternalismo, partendo proprio da considerazioni sul benessere e sull’autonomia dell’individuo.
[**Video_box_2**]Ma gli eccessi di questo approccio sono diventati evidenti negli Stati Uniti al momento del dispiegamento pratico delle “spinte gentili”. La scorsa settimana per esempio la Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha dovuto rinviare di un anno la pubblicazione di regole sui ristoranti e l’alimentazione sana. Queste regole richiederebbero alle società con oltre 20 sedi nel paese di riscrivere i menu per includervi informazioni sull’apporto calorico di ogni singola pietanza. La gestazione di tali norme è iniziata nell’ormai lontano aprile 2011, scontrandosi con complicazioni pratiche di non poco conto, come quelle sollevate dalla catena di pizzerie Domino’s che ha dimostrato di offrire 34 milioni di combinazioni di pizza, tra misure e condimenti diversi, e quindi di non poter rispettare alla lettera le eventuali disposizioni. Altri dubbi sono sorti sulla necessità di pubblicare le calorie anche sui volantini pubblicitari e sull’impossibilità di rispettare la legge nei supermercati che preparano panini e piatti già pronti di frutta e insalata, senza utilizzare ogni volta le stesse identiche dosi; sarebbero passibili anche loro di ispezioni e multe? Il tutto mentre gli studi sulle conseguenze di una maggiore trasparenza sulle calorie dei cibi in vendita non concordano sugli effetti positivi per la dieta dei cittadini. Quello della Fda è un episodio che aiuta a percepire il rischio, a questo punto non più soltanto teorico e filosofico, di governi che possono tentare di fare tutto in nome del benessere di tutti, finendo invece per fare male tante cose.