Caro Varoufakis, ti scrivo. Ex ministri italiani lo vogliono in campo per l'euro
Caro Yanis, caro Dominique,
C’è un luogo della storia che è stato ed è origine e radice dell’europa: la Grecia. Partiamo dunque da qui.
Atene, 28 aprile 1955. La conferenza di Albert Camus su “Il futuro dell’europa”. Qui si concorda sul fatto che le caratteristiche strutturali della civiltà europea sono essenzialmente due: la dignità della persona; lo spirito critico. A quell’altezza di tempo (1955) si discuteva con preoccupazione sulla “dignità” della persona in europa.
Non si dubitava invece dello “spirito critico” europeo, della ragione razionalista, cartesiana ed illuminista, agente e motore di progresso continuo dell’Europa, tanto nel dominio tecnico-scientifico, quanto nel dominio politico, sociale, economico.
Oggi, più di mezzo secolo dopo, possiamo dubitare dell’opposto: non della dignità della persona, ormai ampiamente affermata in Europa, pur se sfidata oggi dai problemi drammaticamente generati dall’immigrazione; piuttosto della forza della ragione europea, non più matrice di uno schema di progresso continuo.
Perché tutto questo? Cosa ci è successo?
Non una oscura maledizione che in forma imperscrutabile si è abbattuta sull’europa. Non una mano ostile che ha seminato il sale sui nostri campi. E, allora, cosa?
Come i dinosauri si sono estinti per l’impatto sulla terra degli asteroidi, così in appena un quarto di secolo sull’Europa-dinosauro c’è stato l’impatto di quattro fenomeni, ciascuno da solo rivoluzionario, tutti insieme in sequenza capaci di causarne l’esplosione o l’implosione o la paralisi: l’allargamento, la globalizzazione, l’euro, la crisi.
Non solo. Nel processo politico di unione a un certo punto abbiamo imboccato la via sbagliata. Non abbiamo unificato ciò che doveva e poteva essere unificato (ad esempio, la difesa). Abbiamo invece unificato ciò che non era necessario unificare (ad esempio, la dimensione degli ortaggi).
E’ per tutto questo che oggi in Europa non serve affatto “più unione”, come retoricamente si postula, ma piuttosto proporre, discutere e disegnare nuovi “articoli di confederazione”.
Caro Yanis, caro Dominique, conveniamo con voi sul fatto che la vita e la civiltà non si riducano nel calcolo dei tassi di interesse; sul fatto che oggi in Europa non si devono cambiare i programmi tecnici, ma le visioni politiche, e la storia insegna che per raggiungere lo scopo occorre cambiare cosa c’è dentro le teste o, “de minimis”, che almeno si ammettano gli errori compiuti; sul fatto che si deve evitare la piazza della protesta, ma piuttosto cominciare a percorrere insieme una strada nuova, indipendente dai paesi e dalle fedi politiche di origine.
Paolo Savona, Professore emerito di Politica economica; Giulio Tremonti, Senatore della Repubblica Italiana