François Hollande (foto LaPresse)

Il trucco di Hollande

David Carretta
Con gli agricoltori che bloccano i confini, la proposta francese di unione politica europea non regge. Parigi si illude che l’onnipresenza dello stato risolva l’assenza di riforme e di integrazione dell’Ue.

Bruxelles. Agricoltori che bloccano le frontiere di Germania e Spagna, allevatori che paralizzano il paese per ottenere prezzi più alti e un governo pronto a violare le regole europee pur di accontentare una delle lobby più potenti del paese: la risposta di François Hollande alle proteste del mondo agricolo dell’ultima settimana in Francia dimostra che la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha qualche ragione a guardare con prudenza alla proposta del presidente francese di un “governo economico” dell’unione monetaria. A prima vista, latte, trattori e bovini non dovrebbero avere nulla a che fare con gli affari economici, fiscali e monetari della zona euro, e ancor meno con il dibattito che si sta aprendo sulla necessità di dare una “governance” all’unione monetaria. In fondo, la Politica agricola comune (Pac) gode da sempre di uno status privilegiato tra le politiche europee: fu la prima politica realmente comunitaria, è ancora quella che consuma la maggior parte del bilancio dell’Unione europea, e con l’ultima riforma si è lasciata più libertà ai governi nazionali nella difesa dei loro agricoltori. Ma a ben guardare, la politica agricola della Francia rappresenta l’ennesimo paradigma di un paese che rivendica un’eccezione culturale sovranista e anti mercato, ogni volta che gli interessi politici nazionali lo richiedono. Se non è in grado oggi di rimettere in riga qualche migliaio di agricoltori che non tollerano la competitività altrui, la Francia di domani non avrà la volontà politica di rispettare la politica economica e fiscale imposta da un governo democraticamente legittimato di un’eventuale unione politica dell’euro.

 

“Siamo al loro fianco”, ha detto ieri il presidente Hollande, mentre gli agricoltori sbarravano strade e autostrade al confine con Spagna e Germania, bloccando i camion che trasportavano frutta, verdura e carne. La scorsa settimana, il governo di Parigi aveva annunciato un piano da 600 milioni di euro di sostegno al settore. Il ministro dell’Agricoltura, Stéphane Le Foll, aveva avviato una serie di trattative con grande distribuzione, trasformatori e macelli per arrivare a un aumento concordato dei prezzi. Ma per gli agricoltori non è sufficiente. Produttori di latte e allevatori minacciano blocchi per tutta l’estate per combattere le “distorsioni alla concorrenza” che favoriscono i competitor dei paesi vicini, ha annunciato uno dei sindacati. La Spagna ha protestato per l’aggressione subita da almeno tre camion la scorsa settimana. La federazione tedesca dell’industria del latte Miv ha scritto alla Commissione europea per denunciare come “inaccettabili” alcuni aiuti del governo francese che potrebbero violare la legislazione dell’Ue. Ma Hollande continua a coltivare l’illusione che l’onnipotenza dello stato francese possa risolvere con qualche trattativa intergovernativa a Bruxelles e un po’ di sussidi pubblici i mali più profondi del suo settore agricolo.

 

[**Video_box_2**]L’agricoltura in Francia è una fotografia in piccolo dei più ampi problemi economici di cui soffre un paese incapace di riformarsi e restare competitivo. Mentre gli spagnoli puntavano sulle serre per invadere i mercati europei di pomodori e pesche, e i tedeschi tagliavano il costo del lavoro dei macelli per fronteggiare la concorrenza dei tagliatori di carne dell’est europeo, i francesi sono rimasti sostanzialmente immobili, cullandosi nei sussidi della Pac europea e rinviando la ristrutturazione del settore con interventi mirati volti a calmare la lobby agricola. Anche l’ultima serie di misure è un palliativo: prezzi concordati attraverso un sistema che si fonda sul cartello dei produttori e la moral suasion dei grandi distributori; invito alle mense pubbliche a comprare prodotti agricoli con il marchio “origine France”; 10 milioni per promuovere le esportazioni di carne francese; 100 milioni di contributi sociali in meno e 500 milioni di aiuti per ristrutturare i debiti degli agricoltori con le banche. Il risultato della mancata riforma dell’agricoltura è nei numeri: lo scorso anno la Germania ha superato la Francia in termini di esportazioni alimentari, diventando il terzo attore mondiale.

 

L’evoluzione macro dell’economia francese non è diversa. Di anno in anno, Parigi ha rinviato i tagli necessari a riportare il deficit sotto il 3 per cento, mentre le grandi riforme incontravano l’opposizione dei sindacati (mercato del lavoro e pensioni con i precedenti governi di destra) o del Parlamento (la modesta loi Macron sotto Hollande). Agli occhi della Germania, tra radicamento della cultura sovranista che nella V Repubblica fa dello stato e del suo presidente il monarca assoluto, e ostilità culturale a una zona euro fondata su un sistema capitalista in cui i paesi competono tra loro senza le distorsioni dei tassi di cambio, l’unione politica proposta da Hollande è solo un’ipocrisia retorica o un pericoloso trabocchetto.

 

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