Passa per la Borsa una ripresa vitale e duratura dell'Italia. Parla Vegas
Roma. A giugno il tasso di disoccupazione italiano è tornato a salire lievemente, fino al 12,7 per cento. Quello dell’Eurozona è rimasto stabile, all’11,1 per cento, mezzo punto percentuale in meno rispetto a un anno fa. Ma anche in tempi di grandi sconvolgimenti, finanziari, politici e culturali, la sostanziale “stabilità” è soltanto un contentino. Una ripresa economica che sia davvero vitale deve percorrere strade radicalmente nuove che, nel nostro paese, passano obbligatoriamente per un ruolo propulsivo dei mercati finanziari, della Borsa e prim’ancora per una rivoluzione culturale che rivaluti il concetto di rischio. Rischio quanto più informato e consapevole. Non l’azzardo. “Altrimenti un paese come il nostro e tutto il continente europeo che rimane ad oggi il più ricco del pianeta assomiglieranno sempre più a una fortezza che appare imponente dall’esterno ma un po’ spenta al suo interno, progressivamente marginale nello scenario internazionale”.
Così la pensa Giuseppe Vegas, dal 2011 presidente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (Consob). Nella sua conversazione con il Foglio, Vegas ragiona di credito, banche, Europa, auspicabili riforme strutturali e cambiamenti di mentalità nel nostro paese. Ma ovviamente inizia salutando compiaciuto alcuni annunci del governo di queste ore che riguardano la Borsa. Ieri Claudio De Vincenti, sottosegretario a Palazzo Chigi, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto che “la strada maestra” per superare i problemi dimensionali delle imprese italiane è “la quotazione in Borsa”. E che questo non crea “nessun problema” con la forte impronta di centro sinistra dell’esecutivo. Vegas concorda, aggiunge che “la finanza non è un bene in sé, ma come strumento è adatto a creare maggiore benessere, e quindi maggiore occupazione. Come regolatori abbiamo sempre lavorato non per avere belle regole, ma per favorire policy che fossero funzionali a questo obiettivo finale, il benessere dell’economia italiana appunto”. Il presidente della Consob è convinto che spazi di miglioramento ci siano, “sia lavorando sul fine tuning delle norme già approvate, sia rivoluzionando ancora il contesto in cui tutti operiamo”. L’Authority ieri ha apprezzato per esempio il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori. La risoluzione offre una soluzione semplice, rapida ed extragiudiziale alle controversie tra consumatori e imprese, e ora l’obbligo di aderire a questo sistema è imposto a tutti i soggetti nei cui confronti la Consob esercita la propria attività di vigilanza.
Vegas analizza le possibilità della ripresa italiana partendo da due considerazioni. La prima riguarda il canale privilegiato di finanziamento delle imprese in Italia, cioè quello bancario: “Dopo la crisi, c’è stata una crescita esponenziale del numero e del potere di regolatori di stabilità. La Banca centrale europea, il Financial stability board, eccetera. La comprensibile esigenza di non veder ripetere casi come quello di Lehman Brothers, ha fatto sì che costruissimo un castello sempre più fortificato per restituire fiducia ai consumatori nei confronti del sistema creditizio. Ciò però ingenera danni collaterali: il settore bancario riesce a svolgere meno il ruolo di mediatore dei risparmi attraverso il tempo”. La seconda considerazione riguarda il canale di finanziamento della ripresa alternativo a quello bancario: “Piazza Affari, complici la prolungata recessione e le turbolenze finanziarie ripetute, è solida ma non è ancora tornata ai livelli del 2008. E la sua capitalizzazione è pur sempre pari a circa un terzo del pil italiano. Troppo poco. Ci sono da aggredire fattori culturali a lungo sedimentati, dietro questa situazione, e poi un maggiore appeal che è necessario garantire al sistema di mercato”, dice Vegas.
Se il canale bancario s’inaridisce, “possono e devono crescere le opportunità del settore market”, dice Vegas. Il presidente della Consob sostiene di aver operato in due direzioni. Sul fronte della “domanda”, innanzitutto: “I cittadini incontrano sempre più difficoltà nel vedere un reddito generato dal proprio capitale, considerata la compressione dei rendimenti di prodotti classici come i Btp. Senza alimentare la pervicace avversione al rischio dei risparmiatori, tentiamo di rassicurarli su altri prodotti. Va in questo senso la nostra comunicazione sul collocamento ai clienti retail di prodotti complessi, collocamento in alcuni casi esplicitamente sconsigliato e comunque da attuare con trasparenza”. Di recente, “la Consob ha poi esortato gli intermediari che distribuiscono fondi esteri ed estero-vestiti a individuare e gestire quei meccanismi che potrebbero avvantaggiare il solo intermediario a discapito del cliente”. Sul fronte dell’“offerta”, rimane l’annoso problema della “scarsa trasparenza e liquidità delle piccole e medie imprese che può scoraggiare gli investitori”. Il Mercato alternativo del capitale (Aim), dal 2012, dovrebbe servire proprio ad aiutare la transizione verso standard di trasparenza maggiori: “Sono 69 le società quotate, 14 soltanto quest’anno”.
[**Video_box_2**]Vegas difende pure la ragion d’essere di due novità, come la possibilità per le Pmi di modulare le soglie dell’Opa (Offerta pubblica d’acquisto) e l’abrogazione del divieto di voto plurimo, criticate invece da economisti liberali perché ingesserebbero gli assetti proprietari: “Garantire più voti in assemblea agli imprenditori-soci di una piccola o media impresa, almeno in una fase iniziale, può attenuare la loro resistenza di fronte all’idea di cedere il controllo della propria attività. Dopodiché, col tempo e con la necessità di progressive ricapitalizzazioni, l’incentivo ad abbandonare questa schermatura sarà naturale”. Misure, insomma, che favoriscono una “maggiore flessibilità del capitale”, dice Vegas, perché non c’è solo la flessibilità del fattore lavoro, ma che al momento non hanno dispiegato tutti i loro effetti, come dimostra il fatto che “siamo qui a lagnarci ogni volta che una nostra azienda viene acquisita o si fonde con una più grande concorrente estera. Solo sviluppando il settore market possiamo correggere tale tendenza”.
Vegas chiarisce di non essere del tutto pessimista. “Sarebbe errato non riconoscere una fase di cambiamento in corso”. Quali sono i segnali? Il presidente della Consob, oltre al fatto che, “a fronte della crisi più grave da decenni, non c’è stata una rovinosa chiusura di posizioni sul mercato telematico azionario (Mta) per esempio”, registra con favore le critiche del governo Renzi al “capitalismo di relazione”. Come pure la recente “disgregazione di alcuni di quegli assetti coalizionali cristallizzati nei patti parasociali” sulla scorta del regolamento Consob del 2011 sulle operazioni con parti correlate. “I fattori anagrafici giocano a favore di questa evoluzione: le transizioni proprietarie aumentano, e il mercato sarà scelto più spesso invece del semplice passaggio ai discendenti”.
Il presidente della Consob cita quindi gli incentivi per i fondi di private equity a favore delle piccole e medie imprese, e la nuova disponibilità a favore di Pmi del Fondo strategico italiano controllato dalla Cassa depositi e prestiti. “Per una svolta sistemica, però, è necessaria la cosiddetta Capital markets union. Si tratta di uniformare, a livello europeo, la regolamentazione del mercato dei capitali, in prospettiva anche sul livello di tassazione dei proventi finanziari. E poi soprattutto il controllo delle regole. Le authority nazionali perderebbero potere nell’immediato, ma investitori e consumatori ci guadagnerebbero in trasparenza e facilità di accesso al settore finanziario. Così il peso della Borsa e in generale del mercato aumenterebbero, e le ricadute per l’occupazione si farebbero sentire presto”.
Se il fattore “fiducia” conta così tanto in questo settore, è possibile immaginare misure-choc, tipo – se ci passa il paragone – l’abolizione della Tasi sulla prima casa? “Una riforma della giustizia che snellisca ulteriormente le procedure di fallimento, che accresca la certezza del diritto per potenziali investitori, anche esteri, è la misura ‘di contesto’ più utile. Inoltre – conclude sorridendo Vegas – credo sia legittimo chiedersi se sia convenuto all’Italia portarsi così avanti nell’applicazione della Tobin tax in un paese solo, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel, a dispetto di alcune promesse elettorali, pare essere ritornata pragmaticamente scettica, diciamo”.