Perché un riconoscimento all'innovazione non fa primavera
Roma. Quando un’azienda italiana vince un premio internazionale è una buona notizia. Non c’è però da stappare Champagne se il riconoscimento sottolinea ed esalta un deficit cronico nazionale, ovvero la scarsa capacità a raccogliere capitali dall’estero per sviluppare aziende innovative. Coleux è un’azienda lombarda, di Como, e ieri è stata premiata come uno dei “pionieri tecnologici” dall’organizzazione ginevrina del World economic forum (Wef). Coleux è entrata nella selezione delle 49 aziende più innovative del mondo tra le centinaia scrutinate dal comitato degli organizzatori. Coleux produce sistemi ottici basati sulle nanotecnologie per riprodurre artificialmente l’effetto naturale e l’aspetto visivo del cielo e del sole, ad esempio sulle finestre. Si tratta di uno spin-off dell’Università dell’Insubria, fondato dal professor Paolo di Trapani, e ora avrà la chance di accedere alla rete di contatti dell’establishment economico-finanziario globale del Wef ed essere invitata al celebre forum di Davos e prima ancora a Dalian in Cina all’evento su scienza, tecnologia e innovazione.
“Siamo lieti di vedere una società italiana superare selezione”, ha detto Fulvia Montresor, responsabile dei “pionieri tecnologici” al Wef. “Coelux fa parte di un gruppo di imprenditori che sono più attenti alle sfide cruciali del mondo che li circonda, e che sono determinati a fare la loro parte per risolvere queste sfide con la loro azienda”, ha aggiunto. Tra le altre società premiate ci sono TransferWise dal Regno Unito che ha rivoluzionato il sistema di trasferimenti di denaro; la olandese Plant-e che genera energia elettrica dalle piante; l’americana Editas Medicine che sta esplorando applicazioni di ingegneria genetica. Più in generale, sono gli imprenditori americani a dominare l’elenco dei “pionieri della tecnologia”: rappresentano più di due terzi dei destinatari del riconoscimento, seguiti dal Regno Unito (4 aziende), Israele e Paesi Bassi (2), e singoli vincitori del Canada, Germania, Irlanda, Svezia e Taiwan. Francia, Spagna e Cina nessuno. Coelux ha ricevuto il riconoscimento nonostante la scarsa predisposizione dei fondi d’investimento in capitale di rischio ad avventurarsi in Europa e in Italia in particolare. Nel 2014 sono aumentati del 25 per cento gli investimenti dei fondi di venture capital rispetto a due anni prima a quota 71 nuove iniziative finanziate, secondo l’ultimo rapporto sul settore in Italia “Venture capital monitor”. Tuttavia la penetrazione è tuttora molto scarsa. Secondo la classifica stilata dal Wef, l’Italia è 127esima in quanto a disponibilità di investimenti in società ad alta potenzialità di innovazione dietro ai principali paesi europei: Svezia (11), Regno Unito (19), Paesi Bassi (22), Germania (28), Belgio (33), Francia (35), Irlanda (46), Spagna (100). Il contesto economico per le aziende di alta tecnologia europee è poi peggiore rispetto agli Stati Uniti.
[**Video_box_2**]L’Europa nel complesso ha investito circa 55 miliardi di dollari soltanto in capitale di rischio dal 2006 al 2013, secondo il rapporto Alternative Investments del Wef. Per Michael Drexler, capo del programma Investor Industries del Wef, va da sé che “non è un buon segnale per la crescita economica futura questa carenza di venture capital in Europa giàcché svolgono un ruolo cruciale nel creare e sviluppare compagnie innovative”. Giuseppe Zocco, un venture capitalist italiano, pensa addirittura più in grande e non si limita a constatare l’esistente in quanto ritiene essenziale per l’Europa recuperare il ritardo accumulato rispetto ai campioni della Silicon Valley, la Mecca delle start up tecnologiche diventate protagoniste a Wall Street. “I governi europei – auspica Zocco – devono incoraggiare imprenditori con ambizioni globali a stabilire e a fare crescere le loro aziende nel loro paese d’origine. E naturalmente essere aperti a nuovi modelli di business e accogliere le aziende come Uber, Airbnb e altri innovatori globali è cruciale”. Certo il servizio App alternativo ai taxi ha ricevuto un’accoglienza tutt’altro che gentile, più simile a un pugno, tra rivolte e inghippi legali, sia in Italia sia in Francia. (a.bram.)