Perché chiudere il gap infrastrutturale del sud è tuttora essenziale
Roma. Luigi Einaudi diceva che lo sviluppo del meridione avrebbe richiesto tempi lunghi, perché appunto la creazione di adeguate infrastrutture è un’operazione dai “tempi lunghi”. I tempi lunghi sono arrivati fino a oggi, tant’è che alla direzione del Pd dedicata al Mezzogiorno si è discusso (anche) di questo. Per il premier e segretario di partito, Matteo Renzi, è compito del Pd occuparsi dell’antica e pendente questione meridionale: a metà settembre verrà presentato un piano d’azione (chiamato “masterplan”). Dal dibattito è emerso che il tema delle infrastrutture al sud coincide con l’interesse dell’Italia.
Nel Mezzogiorno sono state create infrastrutture locali, a volte sgangherate – vedi l’autostrada Anas in Sicilia, che si è rotta, dividendo in due la regione. Ma sono soprattutto carenti due tipi fondamentali di infrastrutture: quelle rivolte a fare del Mezzogiorno un’unica area economica, da est a ovest, oltreché da nord a sud e dal continente alle isole. E quelle rivolte a inserire il Mezzogiorno nell’Eurozona e, spesso, anche quelle atte a inserirlo in un’unica area col resto dell’Italia. Questa carenza spesso non è casuale. Dipende in generale dal fatto che ciò che manca, dal punto di vista politico e culturale, è una concezione delle infrastrutture come condizione per un mercato di libera concorrenza, anziché di monopolio, e come reticolo di economia competitiva. Faccio alcuni esempi. Il porto container di Gioia Tauro non è adeguatamente collegato con la rete ferroviaria e autostradale nazionale. Beninteso anche a Genova ci sono problemi, ma i poteri di monopoli del traffico beneficiano sempre di ciò. L’alta velocità delle Ferrovie dello stato (non ancora quotate in Borsa) si ferma a Salerno. E non è consentito ai privati ottenere una concessione per fare un tratto di rete alta velocità dopo Salerno, secondo un proprio calcolo di convenienza, basato sulla concorrenza alle Fs. L’Autostrada Salerno-Reggio Calabria non è ancora terminata perché non è gestita da una società privata con pedaggio (che potrebbe essere ridotto al minimo per i residenti). Inoltre l’Anas è simultaneamente sia l’ente del controllo autostradale sia la società che le costruisce con modi, costi e tempi che vuole. In Sicilia le Fs detengono il monopolio della rete, che è concepita come prosecuzione di quella del continente e non come una metropolitana di superficie a se stante. Essa dovrebbe essere liberalizzata per dare luogo alla ferrovia leggera veloce fra Messina, Catania, Caltanissetta, Palermo, Trapani e fra Messina Catania, Siracusa, Ragusa, Agrigento, Trapani.
[**Video_box_2**]In Calabria, poi, vi è un eccesso di energia elettrica e di potenziale elettrico non utilizzato. Ma manca una rete efficiente per trasmettere l’energia in Sicilia e soprattutto al centro-nord. Peraltro la rete elettrica nazionale è un monopolio delle grandi compagnie a partecipazione statale. Poi non si fa il Ponte sullo Stretto e si pagano alla società concessionaria indennizzi pari alla sovvenzione che diversamente lo stato dovrebbe versare. Ora il Ponte, dato il ribasso dei tassi di interesse, sarebbe molto economico anche se la società concessionaria avesse solo le sovvenzioni ora assegnate alle società dei traghetti che fanno la spola nello Stretto. Se ci fosse questo ponte tali società dovrebbero cercarsi altre attività, magari nel turismo delle isole. E la mafia e la ’ndrangheta perderebbero il controllo del loro territorio e perderebbero anche il reciproco confine. Le infrastrutture di trasporto e comunicazione (banda larga) non servono solo per portare il Mezzogiorno al nord, servono soprattutto per cambiare le mentalità locali. Per generare concorrenza, non solo col mercato delle cose, anche con quello delle idee. Ma le infrastrutture rivolte a generare concorrenza non bastano. Occorre anche la privatizzazione del mercato del lavoro con la prevalenza dei contratti collettivi aziendali e locali su quelli nazionali. Gaetano Salvemini sosteneva che il contratto nazionale di lavoro protegge i lavoratori del nord dalla concorrenza meridionale. I contratti aziendali di Fiat-Chrysler giovano sia a Melfi, Cassino, Pomigliano, sia a Mirafiori. Ultima domanda: come mai nel nord internazionalizzato, tanti eccellenti imprenditori sono del sud?