Renzi in manovra, ma la via è stretta
Roma. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, dice che la crisi di profughi e immigrati che continuano ad arrivare in numero crescente in Europa “preoccupa di più rispetto alla questione della Grecia e della stabilità dell’euro”. Tuttavia la decisione di anticipare di 24 ore la visita all’Expo di Milano, prevista per oggi e conclusa invece lunedì sera nel ristorante del Padiglione Italia, pare sia stata dettata proprio dagli strascichi della crisi ellenica. Perché il premier greco, Alexis Tsipras, vedrà pure ingrossarsi di ora in ora le file della minoranza del suo partito, restìa ad approvare riforme e misure di austerità in cambio degli aiuti internazionali, fino al punto di far ipotizzare un avvicinamento delle elezioni ad Atene, ma anche la cancelliera tedesca ha i suoi piccoli Varoufakis da gestire.
Non alla guida del ministero delle Finanze di Berlino, per fortuna, anche se lunedì il ministro Wolfgang Schäuble – perfettamente riallineatosi alla cancelliera negli ultimi giorni – si è voluto togliere un sassolino dalla scarpa dichiarando che anche il suo ex omologo greco puntava al Grexit. Mercoledì il Bundestag voterà sul terzo piano di salvataggio greco dal 2010 a oggi, e qualche defezione è nelle cose: la maggioranza favorevole, composta da cristiano-democratici e socialdemocratici, è comunque solidissima sulla carta (504 seggi su 631), ma è già partita la conta per capire se i ribelli saranno più dei soliti 60. E a questo proposito c’è una preoccupazione maggiore per la cancelliera: la possibilità che il Fondo monetario internazionale decida di restare fuori dai giochi, insoddisfatto per la mancanza di un alleggerimento del debito pubblico greco nell’accordo raggiunto con Atene (che intanto però tranquillizza un po’ i mercati, visto che i tassi sui titoli decennali del paese lunedì sono scesi per la prima volta da febbraio sotto il 9 per cento). Senza copertura tecnica e politica della tecnocrazia del Fmi, tutto si farebbe più difficile per la cancelliera. Scalpita pure il banchiere centrale tedesco, Jens Weidmann, che la settimana scorsa, in un intervento sulla rivista Focus, ha esplicitato la sua ricetta rigorista per raggiungere la “giusta armonia tra responsabilità e controllo” nell’Eurozona. Armonia, ha detto per inciso Weidmann, che non prevede assicurazioni comuni a livello europeo contro la disoccupazione, con un chiaro riferimento a una delle leve principali suggerite formalmente dal ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, per far avanzare l’integrazione. Insomma, con Tsipras all’improvviso maturato e assalito dalla realtà (“c’è la speranza, non la certezza”, ha detto lunedì Merkel), adesso “la rottura che l’Unione europea deve evitare è quella con la Germania”, ha scritto lunedì Marcel Fratzscher, presidente del think tank Diw di Berlino, intervenendo sul Financial Times.
[**Video_box_2**]E’ in questo contesto che al Tesoro, a Roma, prende avvio il lavoro sulla Legge di stabilità da 25 miliardi di euro da completare in autunno. Lunedì il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ha confermato quanto anticipato dal Foglio: lasciare così com’è la decontribuzione sui contratti a tempo indeterminato costerebbe troppo. Sul tipo di décalage ci sono scuole di pensiero diverse, ma tra l’abolizione promessa della Tasi sulla prima casa, i rinnovi contrattuali nella Pubblica amministrazione e la revisione della spesa pubblica che non schioda dai previsti 10 miliardi, resta il nodo delle coperture necessarie. Flessibilità sui conti pubblici da Bruxelles si potrà pure ottenere, ma molto dipenderà dall’accoglienza che il “contesto” di cui sopra riceverà in Germania. L’Italia non è la Grecia, ma Renzi non vuole correre il rischio di passare, nemmeno nel dibattito mediatico tedesco, come un cugino appena meno spregiudicato di Tsipras. L’economia giapponese che è tornata a contrarsi nel secondo trimestre ricorda urbi et orbi che di sola politica monetaria espansiva si vivacchia. Anche dalle parti di Mario Draghi, insomma, la via torna a farsi stretta. (mvlp)