Il richiamo dell'élite
Roma. “E’ un fatto riconosciuto che quasi tutte le rivoluzioni sono state un lavoro non delle persone comuni ma dell’aristocrazia, specialmente della parte decaduta dell’aristocrazia”. L’economista e sociologo Vilfredo Pareto sosteneva, all’inizio del Novecento, che i paesi fossero governati non dalla volontà dei popoli bensì da quella delle élite. E’ quindi comprensibile la presenza annunciata del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al Forum The European House-Ambrosetti a Villa d’Este, visto che la sua popolarità tra le masse è in calo rispetto a un anno fa quando invece, forte di un robusto consenso personale, foraggiato dagli 80 euro ed esaltato dalla vittoria del Pd alle europee, decise di disertare la Woodstock dell’élite globalizzata italiana che dal 1975 si autocelebra sul lago di Como. Il premier aveva appena ricevuto la pagella dagli elettori, non era necessario farsi dare i voti da “quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito”, disse allora Renzi spiegando il diniego. Il premier, piuttosto, inaugurò uno stabilimento di Rubinetterie Bresciane. Ma la musica è cambiata, anche se il Forum è identico a se stesso. Cernobbio viene paragonato da maliziosi ex aficionados a Chernobyl, un deserto post nucleare, o a una riserva di vip watching: piccoli imprenditori pagano migliaia di euro per vedere da vicino qualche protagonista del potere ma nei convegni, per quanto stimolanti, si produce l’ovvio. Vi partecipano personaggi notevoli – Shimon Peres è ospite fisso, Yanis Varoufakis è stato osannato all’edizione primaverile – ma per Renzi più che occasione di contatti la presenza di sabato sarà un’altra tappa del suo “road show” di spiegazione delle riforme, nel timore che non siano state comprese da tutti.
Renzi è in un momento di bassa ma come il pugile aretino Mario D’Agata – l’Avvocato Agnelli lo citava spesso per la sua straodinaria resilienza – prende una gragnòla di colpi ma resta sempre in piedi. In questa fase, l’intervento al Forum Ambrosetti, successivo al videomessaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è per Renzi l’occasione di fare marketing personale in un periodo di intensificazione delle iniziative mediatiche; vedi la lunga intervista agostana al Corriere della Sera e il precedente acquisto di una pagina dello stesso giornale da parte di 209 suoi sostenitori, tra cui Roberta Furcolo, moglie dell’ad di Mediobanca Alberto Nagel. Un’intensificazione della comunicazione che è utile ad arginare il calo di consensi, approfittando di ogni palcoscenico mediatico diverso da Palazzo Chigi per spiegare i provvedimenti e le proposte del governo, che in parallelo si accompagna al recupero di un rapporto diretto con blocchi elitari, funzionali in caso di elezioni. Non sono mancati rappresentanti rilevanti del governo sul lago di Como alla passata edizione (Padoan, Boschi, Guidi) ma per Renzi è il debutto. Allo stesso modo, il premier non andò a Rimini al Meeting annuale di Comunione e Liberazione, mentre quest’anno vi ha partecipato raccogliendo consensi trasversali – senza però nulla dire sul prossimo disegno di legge sulle unioni civili molto criticato dai vescovi.
[**Video_box_2**]La comunità ciellina pare avergli perdonato la defezione dell’anno passato e il maltrattamento di un (ex) astro ascendente del movimento di don Giussani come Maurizio Lupi che ha avuto i suoi inciampi. A differenza dell’Ambrosetti, sottotono da vent’anni a questa parte, il Meeting di Rimini esprime tuttora un potere concreto. Sebbene Cl si sia fatta molto male da sola, la sua macchina è resistente soprattutto in Lombardia: esprime un bacino di industriali e politici capaci di fare proselitismo e conserva capacità d’influenza finanziaria; con la Compagnia delle Opere ha una rete di 840 istituzioni no profit distribuite su tutta Italia. Un network tutto sommato rilevante soprattutto con la prospettiva delle elezioni comunali a Milano nel 2016. Per il Pd perdere il capoluogo meneghino, dopo Venezia, mentre Roma barcolla, sarebbe critico. Quest’anno Renzi anziché andare in visita dove le imprese investono e dove si lavora con mani sapienti, è il caso delle rubinetterie, ha forse preferito investire su se stesso e su quanto prodotto in un anno e mezzo di governo: abbracciare un ampio arco elitario non è secondario per incassare un dividendo dall’operazione.