Jean Claude Trichet, ex presidente della Banca centrale europea (foto LaPresse)

Ma cos'è questo Ambrosetti?

Alberto Brambilla

Nicola Porro smonta (come nel 1996) l'happening di Cernobbio dove i poteri forti non ci sono: è una business opportunity per qualche industriale e una photo opportunity per i neonominati dai governi in società pubbliche.

Roma. I giornali hanno scritto molto anche dell'ultima, la quarantunesima, edizione del The European House - Ambrosetti a Villa d'Este, e si capisce: il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha fatto il suo debutto al forum di Cernobbio. Ma l'happening sul Lago di Como mostra più che mai la corda. Nicola Porro, editorialista del Giornale e conduttore televisivo di Virus, racconta tic, pregi e declino dell'Ambrosetti ovvero dove i cosiddetti poteri forti, o meglio supposti tali, si autocelebrano ogni anno dal 1975.

 

Dice Porro: “Sono convinto che se un potere è forte non si mostra, ma dimostra. L’idea che a un certo punto, una volta all’anno, ci si ritrova tutti a vedere un film palloso, à la corrazata Potëmkin, al cineforum degli eletti e ci si dice reciprocamente quanto si è bravi e quanto sono forti questi poteri forti è una balla costruita con efficace sapienza dalla Spa Ambrosetti. Hanno costruito l’idea che a Cernobbio si ritrovino i poteri forti, i potenti d’Italia o addirittura d’occidente, quando in realtà c’è solo una spruzzata di internazionalismo incolore e qualche personaggio d’establishment governativo o consustanziale al governo ”.

 

Di poteri forti, insomma, non se ne vedono e non se ne annusa nemmeno l'usta. “E’ un’idea totalmente distante dalla realtà: Cuccia, per dire, non sarebbe mai andato a Cernobbio, i veri poteri forti non stanno appollaiati sul lago di Como. L’Ambrosetti è una business opportunity per qualche industriale brianzolo; è una incredibile photo-opportunity per i neonominati dai governi in società pubbliche per ricordare quanto sono buoni e bravi i governi che li hanno nominati. E poi ci sono i giornalisti. Ecco, per loro, Cernobbio è solamente una frustrante rottura di coglioni”.

 

E' faticoso collezionare informazioni rarefatte o riuscire a intervistare personaggi noti? “Diciamo che i giornalisti inviati a Villa d’Este si dividono in due categorie. Quelli che ambiscono dietro compenso – legittimo, lo fari pure io – ad accedere alle segretissime stanze dove si svolgono incontri blindati alla maggioranza dei colleghi e sfruculiare i segreti (bah!) del potere. E poi ci sono tutti gli altri: relegati in una saletta con buffet vario, accanto alla pista d’atterraggio degli elicotteri con i rotori nelle orecchie, che sperano di carpire qualche informazione all’uscita dai convegni per sapere cosa si sono appena detti i trecento fortunati presenti in sala”.

 

Insomma, è un evento un po' uguale a se stesso. “E’ una liturgia laica. Nel 1996, anno di fondazione del Foglio, Giuliano Ferrara mi spedì lì. Ovviamente aveva ben capito di cosa si trattava, si trattava di smontare questa liturgia. Non per nulla mi affiancò Pietrangelo Buttafuoco, addetto a 'pittare' i potenti presenti. Bene. Alcuni ritratti furono talmente caustici che ci crearono qualche problema in seguito. Oggi alla liturgia si è aggiunta la drammaturgia che si è innestata con il debutto di Renzi”.

 

Renzi si negò l'anno precedente, adesso va dove c'è il potere che conosce? “Quando l'anno prima Renzi non era andato a Cernobbio ma in una rubinetteria è stato un genio. Dava l'idea che chi volesse avere un vero contatto con i veri poteri forti del paese doveva badare agli imprenditori, ovvero chi produce soldi. All'Ambrosetti ci sono invece grandi manager privati o pubblici, gente che gestisce i soldi di un’azienda o i nostri. Con il debutto renziano, ovviamente, la musica mediatica non è cambiata. Anzi. Si è prodotta della drammaturgia sul nulla. Abbiamo speculato per giorni su chi c’era in elicottero con Renzi… ma chi se ne frega! Alla fine i giornalisti se la devono cavare a raccontare il vuoto con un processo di trasnfert psicanalitico verso il lettore che non penso legga avidamente le pagine dedicate all’happening sul lago di Como ma anzi passi oltre senza per questo sentirsi meno informato”

 

[**Video_box_2**]Però devi ammettere che l'evento è riuscito pure quest'anno. Ovvero tutti i giornali ne hanno parlato e noi siamo qui a discuterne anche se per dire che in fondo conta poco o nulla. “Certo. E' anche facile caricare d’enfasi l’evento: la digos che perlustra il lago, i servizi segreti che perquisiscono la stanza 3,4,8, le misure di sicurezza sparate al massimo. La costruzione mediatica è eccellente e  vorrei riconoscere agli Ambrosetti un legittimo successo da questo punto di vista. Non voglio irridere al successo della manifestazione voglio semplicemente dire che è una spettacolarizzazione dei cosiddetti poteri forti. Un reality, migliore del Grande Fratello. Se riuscissi a mettere insieme una trasmissione televisiva così, un format alla Ambrosetti, sarebbe un successo. In fondo è un'idea geniale quella dell’Ambrosetti Spa: i vincitori sono loro e Passera, che forse è ancora azionista dell’albergo per gli ospiti del Forum. Hanno fatto dell’Ambrosetti un brand che supera anche la fama del luogo, di Cernobbio e Villa d'Este. Infatti l’ufficio stampa diffida dal chiamarlo 'Cernobbio' o in altro modo ed esorta i giornalisti a chiamare l’evento col suo marchio. Per dire, allora proporrei allo studio legale Lo Iacono di fare un evento a Castellabate nel cilento: è un bel posto pure quello”.  

 

Alla trasmissione Omnibus su La7 hai detto che i poteri forti vanno a vedere la Formula 1 a Monza, perché è lì che Sergio Marchionne, ad di Fiat-Chrysler, ha incontrato Renzi questo fine settimana. Facciamo notare: Mario Greco, ad di Generali, terza assicurazione europea, un manager che è "uscito dai salotti", ovvero dai patti di sindacato del capitalismo relazionale italiano, non ha partecipato né a questa edizione né alle precedenti. Ha detto la sua con un'intervista pubblicata oggi dal Financial Times. Questo per dire che chi ha un peso si tiene distante da Cernobbio. “Greco viene da McKinsey. Chiunque abbia avuto un passato in McKinsey annusa perfettamente l’aria fritta, in parte perché McKinsey l’ha venduta per anni, e capisce quando c’è ciccia e quando no. Sono i migliori conoscitori di questa aria fritta e come si genera. Greco se n’è tenuto ben distante non per caso”.

 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.