Sindacati del Nuovo Mondo
Lezioni per l'Italia dal tandem (americano) tra Marchionne e operai
Roma. Sergio Marchionne avvolge con l’abbraccio dell’orso (come dicono gli americani) Dennis Williams, presidente della United Auto Workers (Uaw), sigillando così l’accordo preliminare raggiunto sul contratto di lavoro. Che differenza dall’aprile 2009, quando l’allora capo del sindacato dei lavoratori dell’auto, Ron Gettelfinger, rifiutò di stringere la mano al negoziatore della Fiat esclamando: “State distruggendo un secolo di sindacalismo americano”. Invece no, nulla era stato distrutto, nonostante quel che dicono i seguaci di Maurizio Landini e quel che ha scritto buona parte della stampa italiana. Semplicemente, è stato applicato il modello a stelle e strisce, realista (perché si basa sui rapporti di forza tra le parti sociali) e non ideologico (perché non vuole distruggere il sistema capitalistico, ma trarne vantaggio il più possibile); e ha funzionato.
Marchionne non si è risparmiato per trattare (a muso duro come suo solito); ha rifiutato di recarsi al Salone dell’auto a Francoforte ed è tornato il manager che si rimbocca le maniche (e non è una metafora) per ingaggiare da pari a pari il braccio di ferro con i sindacalisti: il funzionario del capitale e i funzionari del lavoro a difesa dei propri interessi e a vantaggio di un interesse comune. Questa volta, per la verità, Marchionne aveva una esigenza in più: mostrarsi leale con la Uaw anche per non rovinare i rapporti con Veba, il fondo previdenziale che assicura la copertura sanitaria a operai e impiegati, principale singolo azionista della General Motors (con l’8,7 per cento) e può avere un ruolo chiave se andrà avanti la proposta di fondere Gm e Fca.
La Uaw ha scelto Chrysler come test del rinnovo contrattuale perché cominciare dalla più piccola e più debole delle Big Three avrebbe garantito che il risultato raggiunto non sarebbe stato peggiorato da Ford e Gm. Ma anche perché Williams conosce Marchionne da molto tempo e ha sviluppato con lui una buona chimica personale, ricorda il Wall Street Journal. Il presidente della Uaw ha fatto bene i propri calcoli tenendo conto che al capo di Fiat-Chrysler conveniva mostrarsi comprensivo e conciliatore. I dettagli dell’intesa non sono ancora noti e bisogna aspettare che la base si esprima con un referendum, tuttavia ci sono alcuni vantaggi rilevanti. Intanto, il salario d’ingresso introdotto nel 2007 (quindi prima dell’arrivo di Marchionne) sparirà sia pure in modo progressivo. Frutto di una situazione eccezionale, viene riassorbito una volta tornati alla normalità. Il vantaggio è stato notevole per le aziende: circa la metà dei dipendenti Fca riceve questa paga di secondo livello (sono 19 dollari l’ora che saliranno a 25), la quota è del 28 per cento alla Ford e del 20 alla Gm. Da dieci anni alla Chrysler gli operai non ricevono un aumento della paga base che s’aggira sui 28 dollari l’ora. Tra le novità c’è anche la proposta di mettere in comune i contributi sanitari in modo da salvare l’assistenza per i lavoratori e ridurre i costi crescenti per le imprese (oggi si aggirano sui 2 miliardi di dollari).
[**Video_box_2**]Nella conferenza stampa comune (una prassi del tutto inusuale negli Stati Uniti) Marchionne con il suo immancabile pullover nero e Williams in cardigan blu, hanno evitato di entrare nel merito dei modelli, o nella distribuzione delle quote produttive. La nuova Jeep Cherokee, ad esempio, dovrebbe essere spostata dalla fabbrica di Toledo, in Ohio, mentre i camion dovrebbero tornare negli Stati Uniti dal Messico, mentre molte vetture nuove o rinnovate messe in lista dalla Fca devono ancora trovare l’impianto dove essere assemblate. Ciò ha conseguenze importanti sulle paghe di fatto, l’organizzazione, i bonus produttivi (che alla Fca sono ancora inferiori rispetto a quelli concessi dalla Ford e dalla Gm). E lo Uaw interviene. Ma a differenza di quel che accade in Italia dove sindacati, parlamentari, giornalisti fanno a gara per insegnare a manager, ingegneri e imprenditori il modo migliore di fare la migliore automobile, negli Stati Uniti tutto ciò resta affidato alla responsabilità di chi guida l’azienda che deve rispondere agli azionisti e non solo ai dipendenti. Chi sbaglia paga, ma nessuna confusione. E’ il sindacalismo americano. E, come hanno dimostrato la caduta e la rinascita delle Big Three, ha dato buoni frutti.