Il Regno Unito accarezza la Cina quando tutti la dileggiano
Milano. Si racconta che quando nel 1978, all’inizio delle riforme dell’era Deng Xiaoping, i vertici del Partito comunista cinese vistarono Londra, si aspettavano di trovarla come descritta nei testi di Karl Marx: miseria, sfruttamento e povertà. Quando invece i mandarini comunisti videro un paese sviluppato, molto più ricco della Cina, con benessere diffuso e disuguaglianza non eccessiva, capirono che il capitalismo britannico era molto più simile alla società ideale comunista di quanto non lo fossero il maoismo e il socialismo reale. Sappiamo poi come sono andate le cose, la Cina in questi 35 anni ha attuato una serie di riforme che hanno aperto il mercato e permesso alle energie della società cinese di creare ricchezza a un ritmo impressionante.
Ora che il capitalismo di stato cinese mostra i primi segni di cedimento del suo modello con la crisi delle Borse, gonfiate dalla liquidità di milioni di famiglie cinesi spinte dal governo verso il mercato azionario, sono i vertici britannici ad andare in Cina per chiedere a Pechino di non tornare indietro, ma di andare avanti sulla strada dell’apertura dei mercati. Il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, plenipotenziario della politica economica di Sua maestà, nella sua visita in Cina ha tenuto un discorso alla Borsa di Shanghai, luogo simbolico delle turbolenze globali, che è stato un programma politico.
Osborne ha detto di aver deliberatamente scelto la borsa di Shanghai, “l’epicentro della volatilità dei mercati finanziari di quest’estate”, per dire che “non dobbiamo scappare dalla Cina”. Anzi, nonostante le criticità del momento, Osborne ha rilanciato: “Voglio vedere le nostre Borse di Londra e Shanghai formalmente connesse, con le imprese britanniche che raccolgono finanziamenti dai risparmiatori cinesi e le imprese cinesi quotate a Londra”.
“In poche parole – ha scritto il ministro dell’economia sul quotidiano free-press CityAM – vogliamo rendere il Regno Unito il miglior partner della Cina in Occidente e a questo scopo niente è più importante del settore dei servizi finanziari”. Le turbolenze dell’economia cinese secondo Osborne non devono spaventare le economie occidentali, anzi, dovrebbero spingerle in avanti: “Dobbiamo cercare di integrare i mercati finanziari della Cina con i nostri, così da renderli capaci di assorbire e rispondere agli choc. In questo modo creiamo una Gran Bretagna più forte grazie alla Cina e una Cina più forte grazie a noi”.
La politica asiatica britannica non si limita ad affermazioni a effetto, ma si poggia su atti concreti. Il Regno Unito è stato il primo paese al mondo fuori dalla Cina a emettere titoli di stato in renminbi, sono stati siglati una serie di accordi che faranno di Londra “il ponte della Cina con i mercati finanziari occidentali” ed è stato concordato uno studio di fattibilità per esplorare future connessioni tra i mercati finanziari di Londra” e Shanghai. Osborne si è detto consapevole dei rischi, come quelli legati alle turbolenze dei mesi scorsi, ma proprio la maggiore integrazione e le competenze inglesi nel settore vendono considerati come lo strumento per curare le patologie cinesi.
[**Video_box_2**]Ma la collaborazione tra Londra e Pechino non si limita solo alla finanza, visto che i due governi hanno siglato un accordo da 2 miliardi di sterline per la fornitura da parte cinese di reattori nucleari. Ed è solo il primo passo di una maggiore collaborazione nella costruzione di centrali termonucleari.
Intanto questa settimana il presidente cinese Xi Jinping sarà in visita sull’altra sponda dell’Atlantico, dove incontrerà il presidente americano, Barack Obama, e viste le questioni aperte tra i due paesi, dalla politica estera a quella economica passando per la sicurezza, non andrà tutto rose e fiori come con Osborne.