L'escursione di Enel in India sfida la solfa dell'Italia eterna “preda”

Gabriele Moccia
Enel Green Power, società del gruppo omonimo che si occupa di energie rinnovabili, si sta spostando a oriente mentre continua il processo di deconsolidamento delle partecipazioni in Europa.

Roma. Il dibattito pubblico si infiamma quando un’azienda italiana, per esigenza o per proprie capacità, viene acquisita da un concorrente estero. Molti commentatori sono accecati, o quasi, dall’assalto agli asset italiani e pochi, invece, notano che i campioni di stato nazionali si allargano su mercati esteri, invero non così di rado. Enel Green Power, società del gruppo omonimo che si occupa di energie rinnovabili, si sta spostando a oriente mentre continua il processo di deconsolidamento delle partecipazioni in Europa (Slovacchia e Portogallo). L’azienda guidata da Francesco Venturini è a caccia di altri mercati, dopo avere portato a maturazione industriale le strutture in sud America, Cile in primis. Lo stesso Venturini aveva fatto intendere che le prossime traiettorie d’investimento sarebbero state asiatiche, per sondare opportunità in Indonesia, Thailandia e Filippine. Il mese scorso, l’ingresso con una quota di maggioranza della Blp Energy, società di utility attiva nel solare e nell’eolico in India.

 

Artefice dell’operazione Tejpreet Singh Chopra, magnate dell’energia indiana, in passato a capo di General Electric India. Chopra, che rimarrà presidente dell’utility, ha acconsentito all’acquisto del 49 per cento delle quota, ma alcune fonti finanziarie hanno riferito alla stampa indiana che Egp potrebbe presto salire al 60 per cento. Ma perché proprio l’India? Secondo l’analista Umang Goswami, l’India ha un importante potenziale di sviluppo in ambito solare, molto maggiore rispetto a quello degli Stati Uniti. Il governo di Narendra Modi punta ad aumentare la capacità solare installata dagli attuali 4 a 100 gigawatt (stando a una ricerca di Deloitte, una società di consulenza, la capacità potenziale potrebbe addirittura raggiungere i 750 gigawatt) e quella eolica dai 23 ai 60 gigawatt. Per farlo, e per evitare che il tutto non si trasformi nell’ennesima bolla in un settore che vive di sussidi pubblici, Modi ha chiamato a raccolta molti investitori stranieri, in particolare quelli industriali e ricchi di know-how, come Enel o gli spagnoli di Gamesa. “Nonostante l’energia convenzionale mantenga la sua importanza, lo spazio per le rinnovabili sta guadagnando l’interesse sia di investitori finanziari che strategici”, ricorda Sawan Kumar, executive director della banca d’investimenti Ubs. In India, Enel sta puntando soprattutto all’eolico, anche a seguito del lancio del piano nazionale sull’eolico offshore che il gabinetto di Modi ha varato. Il piano prevede una serie di agevolazioni per i privati ed estende la possibilità di costruire impianti su tutta la zona economica esclusiva indiana. Proprio la Blp possiede due grandi impianti eolici nei due stati costieri di Gujarat e Maharashtra.

 

[**Video_box_2**]Ma l’India ambisce anche a concentrarsi su smart grid e smart cities: è nata da poco la National Smart Grid Mission allo scopo di rafforzare le politiche energetiche degli stati federali. Una politica di incentivi i cui effetti sono da verificare e non mancano le incognite. Nonostante gli sforzi l’India è essenzialmente dipendente dal carbone. Una critica al mercato elettrico è poi arrivata anche da Jeffrey Immelt, ceo di General Electric, il quale, dopo un incontro complicato con Modi, ha detto: “Questo è un paese che vuole avere elettricità per ogni casa entro il 2022, ma le compagnie di distribuzione stanno vivendo momenti difficili perché vengono pagate poco o comunque non tanto da giustificare investimenti in grado di generare ulteriore capacità elettrica. Abbiamo bisogno di più mercato”, ha detto Immelt che ha anche criticato le norme sul nucleare perché  restrittive rispetto agli standard globali.

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