La mamma degli esodati è sempre incinta
Anche la Legge di Stabilità per il 2016 conterrà dunque la sua “salvaguardia degli esodati”. E’ la settima, speriamo l’ultima. Quella degli esodati è stata una tremenda bolla mediatica, il frutto avvelenato della demagogia che ha condizionato l’Italia negli ultimi anni. Andiamo per ordine: i veri esodati erano quei lavoratori che prima della riforma Fornero del 2011 avevano sottoscritto con la propria azienda accordi individuali o collettivi di “incentivazione all’esodo” e che con le regole pre-Fornero avrebbero raggiunto la pensione tra il 2012 e il 2016. Si diceva: costoro hanno sottoscritto quegli accordi confidando su una stabilità normativa che non c’è stata, quindi meritano una tutela.
Le prime tre salvaguardie del 2011 e del 2012 avevano in effetti tutelato gran parte dei suddetti lavoratori. Non tutti, va detto, perché le situazioni individuali erano tante e variegate, ma anziché lavorare perché piano piano ognuno ricevesse la tutela promessa, certi sindacati e taluni urlatori hanno iniziato a usare il termine “esodati” in modo estensivo ed esagerato. Come ha scritto Pietro Ichino sul suo blog, esodati è diventato in pratica un sinonimo di “cinquantenni e sessantenni disoccupati”. Nessuno dubita che i disoccupati over 50 siano soggetti da sostenere redditualmente e da reinserire nel circuito del lavoro, con un sistema di welfare che le valorizzi, aiutandole efficacemente a ricollocarsi e a riqualificarsi. Ma un disoccupato over 50 non è di per sé un esodato, dunque è sbagliato alimentare in lui pretese e aspettative di prepensionamento. Con questa logica, avremmo nuovi esodati per sempre. Prepensioniamo tutti? Proprio no, mettiamo un punto fermo una buona volta.