Una lezione di ingegneria per i pm che vogliono incastrare Lamborghini

Ugo Bertone
L'attivismo giuridico dei tribunali inquisitori tocca livelli paradossali con lo scandalo Volkswagen Diesel

“L’importante è che non succeda quello che è capitato con l’Ilva di Taranto, ovvero di andare a buttare via il bambino con l’acqua sporca”. Il sindaco di Verona Flavio Tosi ha commentato così la notizia delle indagini della procura di Verona sulla Volkswagen italiana. Era scontato che anche la magistratura italiana avviasse indagini per accertare se e in quale misura i vertici della filiale italiana del gruppo sapessero delle manipolazioni sul software delle vetture vendute in Italia. L’importante, però, è che l’indagine non diventi una sorta di campo di gara per dimostrare il valore delle toghe di casa nostra contro le mali arti della civiltà industriale, al solito pronta a barattare la salute dei cittadini per un euro di profitto in più.

 

Certo, merita senz’altro dar credito all’equilibrio del Procuratore di Verona Mario Giulio Schinaia (“sempre correttissimo” sottolinea il sindaco) che ha avuto quanto meno il merito di neutralizzare, non si sa per quanto, l’attivismo del pm torinese Raffaele Guariniello, il primo a muoversi aprendo un fascicolo a Torino quasi a voler mettere il proprio cappello sulla vicenda. Ma dalle prime mosse dell’indagine emergono alcune incongruenze. Perché, ad esempio, disporre operazioni a tappeto anche in Lamborghini? L’inchiesta, a quel che si sa, la manipolazione dei valori di inquinamento grazie ad una centralina elettronica che alterava i valori delle emissioni dei gas di scarico dei motori diesel.

 

[**Video_box_2**]Una pratica che potrebbe aver interessato, secondo i conteggi aziendali, 361 mila modelli Volkswagen, 197 mila Audi, 35 mila Seat, quasi 39 mila Skoda e 15 mila Volkswagen Veicoli Commerciali. Lamborghini? Manco una, perché ipotizzare un motore diesel per una Huracàn spider o altri bolidi della casa emiliana sarebbe come coinvolgere un convento di suore in un’inchiesta su Victoria’s Secret. E non convince troppo la risposta che “Lamborghini fa parte del gruppo Volkswagen” come, del resto, Ducati o Italdesign. Per carità l’inchiesta italiana è senz’altro motivata e seria, così come quelle già avviate dalla magistratura di mezzo mondo. Anche per questo sarebbe importante far bella figura di fronte al mondo con le verifiche necessarie ma senza danneggiare l’attività in fabbrica o, non meno importante rallentare o paralizzare la vita di un’azienda inquisendo i responsabili della contabilità o della gestione degli acquisti nell’indotto che vale, per le piccole e medie imprese italiane almeno un miliardo e mezzo di euro. E’ l’occasione, insomma, per dimostrare al mondo che si può amministrare senza dare la caccia alle streghe. Magari per un titolo sul giornale.

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