Reddito di cittadinanza all'italiana, ovvero solo lo stato maneggia il contante
Per l’ex segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, aumentare a 3.000 euro il limite del contante che è lecito utilizzare vuol dire “strizzare l’occhio alla parte più deteriore del paese”. Ecco che ritorna la sinistra “ortopedica”, quella che sempre e comunque deve correggere il legno storto italiano che si trova ad abitare nei confini del nostro paese. Un approccio ortopedico che emerge questa volta dal giudizio sul contante, dalla convinzione che l’italiano medio non sappia nemmeno gestire i suoi “soldi”, ma che in passato abbiamo visto all’opera anche quando si è trattato di giustificare certi flussi elettorali che andavano verso la parte “sbagliata”.
Se gli italiani diventano “parte più deteriore” quando devono maneggiare il contante, chi può supplire a questa nostra deficienza? Lo stato, ovvio. Per comprendere perché, si prenda il miglior pendant del Bersani-anti-contante, cioè il Beppe-Grillo-pro-reddito-di-cittadinanza. Pendiamo per un attimo dalle labbra di Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e oggi dunque volto istituzional-elettorale del Movimento 5 stelle. Uno che, come ha spiegato a Giovanni Floris la settimana scorsa durante la trasmissione “diMartedì” su La7, ha la sua personalissima ricetta per creare il proverbiale “milione di posti di lavoro”. Eccola: “Abolendo la legge Fornero, liberiamo un milione di posti di lavoro e favoriamo l’occupazione giovanile”. Era così facile, e nessuno che ci avesse pensato prima: gli anziani in pensione coatta saranno automaticamente sostituiti dai giovani oggi disoccupati. Non ci avevano pensato nemmeno in quella Germania in cui l’età pensionabile effettiva è la più alta d’Europa e la disoccupazione giovanile la più bassa del continente; o in quegli Stati Uniti dove il tetto legislativo all’età lavorativa in molti settori nemmeno esiste, eppure i giovani escono da casa prima di tutti i coetanei occidentali per iniziare a guadagnare qualcosa. Ma la leva principale del Grillo-pensiero, in questi giorni, è tornata a essere il “reddito di cittadinanza”. “Una persona col reddito di cittadinanza la formiamo e la inseriamo in un altro ambito lavorativo – dice sempre Di Maio ricorrendo a un inquietante plurale maiestatis – Poi il reddito di cittadinanza va di pari passo con il microcredito, per finanziare le imprese attraverso lo stato. Finanziare in particolare agricoltura e hi-tech per creare nuovi posti di lavoro, dove reindirizzare chi prima stava negli enti inutili”. Perché se l’italiano che maneggia più di 999 euro in contante è “la parte più deteriore del paese”, è sufficiente che sia lo stato a concedere agli stessi italiani i 780 euro di mancia mensile e vedrete invece che quegli stessi italiani faranno un uso oculato dei soldi. Tutto si tiene, è “il governo del cambiamento”, per gli smemorati quello dello streaming Bersani-Grillo, per fortuna oggi all’opposizione.
[**Video_box_2**]La fiducia sconfinata nelle capacità taumaturgiche dello stato dotato di quattrini è insito in tutta la proposta grillina di “reddito di cittadinanza”. Che si fonda su un equivoco terminologico, innanzitutto, come è spiegato in un recente paper di Giovanni Boggero pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni: “Sempre più di frequente capita di sentire ripetere da esponenti politici, ma anche da autorevoli accademici, che l’ordinamento giuridico italiano, insieme con quello greco, sarebbe l’unico dell’Europa a ventotto a non conoscere alcuna forma di ‘reddito di cittadinanza’ quale mezzo per combattere l’emarginazione sociale. A questa lacuna del quadro normativo italiano corrisponderebbe peraltro un preciso obbligo tanto costituzionale, quanto unionale a introdurre tale strumento nel diritto interno”. In realtà “molti stati membri dell’Unione europea – osserva Boggero, dottore di ricerca in Diritto costituzionale – si sono dotati soltanto di un ‘reddito minimo garantito’, mentre nessuno ha dato attuazione alla proposta di un ‘reddito di cittadinanza’ o ‘reddito di base incondizionato’”. Finanziare tutti gli individui di uno stato con somme fisse erogate tramite i proventi della tassazione, senza accertare il loro stato di bisogno o la loro condizione economica e patrimoniale – proprio come dovrebbe conseguire dall’uso dell’espressione “reddito di cittadinanza” – è evidentemente una proposta troppo osé per tutti gli altri governi europei.
Il “reddito di cittadinanza”, poi, ce lo chiede davvero la Costituzione? “Essa garantisce il diritto a un’esistenza libera e dignitosa non soltanto al lavoratore, ma a qualunque persona, cittadina o residente nel nostro paese – scrive Boggero – Tale garanzia costituzionale si sostanzia in un diritto all’assistenza sociale non incondizionato e che nemmeno obbliga il legislatore ad adottare un reddito minimo garantito, ma che al massimo gli impone di individuare misure specifiche rientranti nei livelli essenziali delle prestazioni inerenti l’esercizio dei diritti sociali al fine di combattere l’esclusione e l’emarginazione sociale. Tali provvidenze potranno essere improntate a una concezione maggiormente universalista oppure selettiva del sussidio, distinguendo tra categorie diverse di beneficiari e individuando un regime di condizionalità che gradui supporto e sanzioni”. Insomma, a Bersani e Grillo dispiacendo, nemmeno nella Costituzione-più-bella-del-mondo c’è scritto che soltanto lo stato può utilizzare a suo piacimento e alla perfezione il “contante” del contribuente che gli capita tra le mani.